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Che cos’è per i turchi una “rivoluzione”

Caricatura della “Riforma delle Lettere” (1928)

Nel turco moderno la parola “rivoluzione” assume uno spettro semantico molto più ampio di quello contemplato dalle lingue romanze, se pensiamo alle difficoltà che si incontrano nel tradurre termini che all’apparenza sembrano sinonimi, come “sommossa”, “sedizione”, “rivolta”, “riforma”. Le formule più utilizzate sono İhtilal, İnkılap e Devrim, ma nonostante esse vengano indicate come equivalenti (vedi, per esempio, la voce Devrim nella Wikipedia turca), in realtà il loro utilizzo risulta incerto non soltanto dal punto di vista linguistico ma anche, come vedremo, da quello culturale e persino politico.

Ad esempio, per indicare la “Riforma delle Lettere” del 1928 (attraverso la quale Atatürk impose la latinizzazione dell’idioma nazionale), si utilizzano le formule Harf Devrimi e Harf İnkılabı, ma mai si penserebbe di indicare questo pilastro dell’identità turca moderna come İhtilal, poiché soprattutto nel dopoguerra la parola si è sovrapposta a darbe, “golpe”.

Questa  ambivalenza sembra un riflesso dell’origine stessa dei termini: infatti mentre ihtilal e inkılap derivano entrambi dall’arabo [iḫtilāl, inḳilāb] e sono stati assimilati al turco moderno direttamente dall’ottomano, col significato di “rivoluzione” in senso esclusivamente negativo (quindi “disordine”, “irregolarità”, “violazione della legge”), al contrario devrim nonostante un’equivalente derivazione dall’arabo (precisamente dalla radice d-w-r relativa al girare intorno, al ritornare ecc…), è stata percepita come autenticamente “moderna” – tanto è vero che in altre lingue turciche l’espressione non è contemplata e viene resa attraverso le formule classiche, vedi l’azero inqilab e l’uzbeko inqilob (al quale la russificazione, come nelle altre ex repubbliche sovietiche, ha affiancato revoljutsija).

Dal punto di vista etimologico devrim condivide la stessa struttura di quelle parole che includono il prefisso latino re- (“riforma”, “rivoluzione”): non è un caso che la riforma linguistica turca in senso definitivo (come passaggio ulteriore rispetto alla semplice latinizzazione) venga definita esclusivamente come Dil Devrimi (“Rivoluzione linguistica”).

Dietro tutto questo, incombe l’uso politico della lingua: sappiamo infatti che nella storia della Turchia antica e odierna la “modernizzazione” è sempre stata un processo diretto dall’alto e che il concetto di rivoluzione ha spesso comportato l’idea di un qualcosa “importato” dall’estero (non paia irriverente il raffronto tra la ricezione delle due rivoluzioni europee da parte di Selim III e Atatürk). È anche per questo che la storia della Turchia novecentesca è funestata da continui golpe che rendono difficile il formarsi stesso di un’idea di “rivoluzione”: è sintomatico che nella scarna voce Devrim per la Wikipedia turca a cui accennavamo sopra, venga specificato che dopo il golpe del 12 settembre 1980 nei dizionari si sia scelto di indicare “rivoluzione” col termine devrim piuttosto che ihtilal e inkılap, in quanto percepito come più neutrale e meno politicizzato.

Venendo all’attualità, è difficile capire che cosa nella Turchia di oggi potrebbe essere definito “rivoluzionario” (devrimci): divisa com’è tra i due estremi del presidenzialismo e del militarismo, probabilmente l’unica “Devrim” rimarrà la prima macchina prodotta dall’industria automobilistica turca.

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