San Bartolomeo a Milano

La straordinaria scultura del San Bartolomeo scorticato, opera dell’oscuro Marco d’Agrate (XVI sec.), offre sempre qualche spunto di meditazione a chi trova un istante per contemplarla.

Quando, per fare un esempio, sul Duomo viene schiaffata la pubblicità di un profumo col palestrato d’ordinanza, Bartolomeo è sempre lì a fare il controcanto, ad ammonire quelli che si sottopongono a supplizi agonistici con la speranza di assurgere all’empireo dei modelli ideali, sul triste destino da carne da cannone reclamistica che li attende.

Quando invece il famigerato Gunther von Hagens  inaugura una nuova mostra di “Body worlds”, con gli stessi toni con cui riviste come “Men’s Health” annuncerebbero l’apertura di una nuova palestra, ecco il San Bartolomeo a riportarci a un’estetica a misura d’uomo, paradossalmente in un periodo storico in cui alla ricerca della forma perfetta nella “vita vera” corrisponde una tendenza obbligatoria alla deformità nelle arti.

Probabilmente la contemplazione di quest’opera non produrrà i benefici promessi dal Von Hagens («Il 9% delle persone passate per Body Worlds ha smesso di fumare ed il 25% ha migliorato il suo stile di vita, iniziando o riprendendo a fare attività fisica», dichiara la curatrice), ma questo non importa, per i motivi che abbiamo accennato (vedi il palestrato di cui sopra).

Infine, a conferma della sua attualità (e di una certa preveggenza del d’Agrate), Bartolomeo irride ai ridicoli desideri di sviluppo legati a tutto ciò che è fatuo e superficiale (i vestiti, il cibo, le piante).

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