Sbattiamo in galera chi dà ripetizioni in nero!

Ogni volta che devono giustificare il solito ingiustificabile aumento di tasse, i sinistrati di tutti i colori (giallo rosso rosa green fucsia viola arcobaleno ecc…) danno la stura al terrorismo psicologico contro la gente che lavora. Come se mettendo assieme tutta l’evasione di elettricisti, idraulici, dentisti, orafi e altre categorie additate all’odio dalla stampa, si riuscisse anche solo a sfiorare la cifra monstre rappresentata dall’elusione fiscale delle multinazionali (circa 200 miliardi di euro per l’intera Unione).

Invece il centro-sinistra ci costringe a seguire i consigli di Petrolini: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti“. D’accordo, adottiamo pure questo principio: ma allora perché non cominciamo dagli insegnanti che danno ripetizioni in nero?

Come ci informa un articolo del “Sole 24 Ore“, il Codacons «ha stimato in 950 milioni il giro d’affari complessivo delle sessioni di studio a domicilio. Nel 90% dei casi in nero». Ahia. Troppo sommerso tra i docenti! La solita storiaccia all’italiana…

Sui suoi siti, questa categoria a rischio evasione parla di “tentazione” del lavoro in nero: «Il lavoro in nero è quasi la prassi per tutti quelli che offrono lezioni a domicilio, anche perché i rischi nel settore sono abbastanza limitati». Bella scusa! Ma come si fa a parlare soltanto di “tentazione” con il 90% di “furbetti”? Secondo le recenti dichiarazioni del fondatore del portale Skuola.net (riportate dal “Fatto Quotidiano“):

«C’è una stima della Fondazione Einaudi che ci dice che solo il 10% è emerso, il resto è tutto nero. Il tema del nero delle ripetizioni è il tema del nero nel nostro Paese. Il fatto che sia un tipo di lavoro che viene erogato per lo più al di fuori di un esercizio fisico e commerciale tende a favorire questo tipo di rapporto. Le ripetizioni spesso sono ancora considerate come un “lavoretto”, una seconda occupazione che viene fatta dagli studenti o da chi non ha un reddito alto. Tra l’altro sotto i 5mila euro l’anno rientriamo nella no tax aerea. Noi vediamo che ci sono sempre più persone disposte a fare lezioni attraverso dei pagamenti digitali, tracciabili: è un primo passo verso l’emersione dal nero»

Un primo passo, appunto: ma possiamo fermarci qui? Per rendere più stringenti ed effettivi i controlli in verità basterebbe poco: per esempio, si potrebbero tracciare tutti i cellulari dei docenti e controllare i loro movimenti, così da scoprire se fuori dall’orario di lavoro fanno visita a qualche famiglia con un figlio in età scolastica.  Si incrociano i dati, e il gioco è fatto!

Lanciamo dunque una campagna: “Professore uguale evasore”, prendendo a prestito l’apertura di un articolo del “Corriere” del 2014. Non un’idea molto carina, nevvero? Eppure il “giochetto” viene proposto regolarmente contro quelle categorie che non rappresentano una base di elettori potenziali. Peraltro per costoro alla fin fine è una fortuna avere a che fare con una destra che non ama naturalmente le tasse e dunque non si prenderà mai una giusta “vendetta” in nome dell’artigiano eternamente oltraggiato. Tuttavia pare sempre più prossimo il momento in cui sarà la stessa “asinistra” a minacciare le “manette per le mancette” dell’insegnate precario: in tal caso lo spettacolo varrà finalmente il prezzo del biglietto, seppur ipertassato.

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