Saranno dieci e passa anni che prendo saltuariamente il regionale veloce da Verona a Milano e oggi per la prima volta in vita mia ho assistito a una scena incredibile: un controllore ha iniziato a chiedere i biglietti agli immigrati e li ha addirittura fatti scendere dal treno nel caso non li avessero!
L’impresa è cominciata con un gruppo di maranza accompagnato giù da un omone con la barba bianca dallo spiccato accento meridionale (oltre che dalle spiccate usanze della medesima estrazione). Già in quel momento si è percepito un misto di stupore e imbarazzo tra i presenti: ma come, quelli senza biglietto vengono fatti scendere? In quale realtà parallela siamo capitati?
Il treno comincia ad accumulare ritardo ma il controllore è appena all’inizio del suo personalissimo Day of the Rope: eccolo già intento a chiamare la “sala operativa” perché delle tizie, probabilmente di origine gitana, non solo non hanno il biglietto ma “hanno risposto pure scocciate”. Chiede tosto l’intervento della Polfer (Polizia Ferrovaria), ma dall’altra parte della cornetta sembra ci sia qualcuno intenzionato a mettergli i bastoni tra le ruote e a invitarlo ad adottare la tipica melensa “tolleranza” dei suoi colleghi.
Il Controllore (d’ora in avanti merita la maiuscola) però non ci sta, e alla stazione successiva fa scendere il gruppo jettatorio di zingarelle urlanti e minacciose che vengono consegnate ai gendarmi. Il treno accumula sempre più ritardo e c’è qualcuno che inizia a mugugnare: come se il fottuto regionale veloce non fosse in ritardo ogni fottutissima volta venga messo in moto, e come se questa volta la perdita di tempo non valesse almeno il prezzo del biglietto (dello spettacolo, s’intende).
Adesso il Controllore è in vena di comizi: “È tutto dovuto per loro”; “Guardate in che condizioni sono costretto a lavorare!”. Non può avere però un attimo di respiro perché dalla “centrale operativa” lo richiamano per strigliarlo: il maranza che ha buttato giù dal treno in realtà aveva un fogliettino compilato da qualche ONG che valeva come lasciapassare per tutte le stazioni d’Occidente, e poi non parlava nemmeno italiano poverino, bu uh uh bu bu buh.
Il crimine però non riposa mai, ed ecco presentarsi per Der Kontrolleur (ora affiancato da un collega iniquamente moderato) altri due mortali nemici: un vecchio albanese che gli sbraita addosso una sequela di insulti perché lui ha sempre viaggiato a sbafo e lo accusa di essere un razzista, e un bieco magrebino che comincia a urlare “Carabinere peso di merda” e poi “Suchiami il casso collione”, senza suscitare alcuna reazione da parte dei tutori dell’ordine ferroviario, che rinnegano apertamente l’offerta del novello goumier (“Ti ringrazio ma no”) e lo accompagnano all’uscita.
In tutto questo non poteva naturalmente mancare Der ewige Boomer, un piddino ultrasettantenne che esprime una protesta che nemmeno il Controllore riesce ad afferrare (anzi, gli risponde con entusiasmo perché convinto il vecchierello gli stia dando ragione) e alla fine tace, ritornando alla singolare abitudine che l’ha contraddistinto sin dall’inizio del viaggio, ovvero quella di infilarsi e sfilarsi una mascherina FFP2 alternandola alla lettura de “il manifesto” (è quasi come se sfogliando il “quotidiano comunista” si ricordasse dell’esistenza del covid e corresse ai ripari, per poi dimenticarsene un attimo dopo, e di nuovo incominciare il ciclo di eterna sofferenza ecc…).
L’intero viaggio ha rappresentato quindi un’esperienza a metà strada fra un servizio di Striscia la Notizia sulle metro di Milano o Roma e un TikTok di “maranza in treno” che adempiono alla loro missione esistenziale (rompere i coglioni all’umanità). Come tutte le cose belle, è durata poco: forse perché era il 29 febbraio, forse perché c’è stata qualche goccia che ha fatto traboccare il vaso nell’animo del Controllore, o forse perché l’infinito “processo alla sbirranza” che istituzioni e media stanno mettendo in atto da una settimana ha iniziato a smuovere qualche corda anche nel più insensibile dei funzionari, comunque questa cosa è successa.
Non si può, tuttavia, trarre troppe conclusioni positive: alla fin fine, il problema è proprio che, svolgendo semplicemente il proprio mestiere come dovrebbe essere svolto, il Controllore ha forse corso il rischio di licenziamento. Peraltro anche la “macchinosità” dell’intero procedimento lascia a dir poco perplessi, se non disarmati: è come se si fosse al cospetto di un congegno ormai da tempo inattivo e bisognoso almeno di essere oliato.
Intendo dire che da una parte c’è una massa di gentaglia che da quando è sbarcata in Italia non ha mai pagato una volta il biglietto e le uniche volte che se lo è visto chiedere è stata addirittura trattata con i guanti bianchi. Sono stato testimone decine di volte di situazioni rivoltanti in cui i controllori, omoni grandi e grossi, quasi si scusavano con l’immigrato strafottente per averlo importunato con la richiesta del titolo di viaggio, adottando un atteggiamento ai limiti del maternage nell’invitarlo perlomeno a stare seduto tranquillo al “proprio” posto e non girare per il vagone a importunare i coglioni paganti (aspettativa regolarmente delusa).
In aggiunta, c’è tutto un apparato “repressivo” inutilizzato da anni e composto da persone infarcite di paranoie che non hanno alcuna intenzione di “sporcarsi le mani”, le stesse mani che dichiarano (a volte a ragione) di avere “legate”. Ѐ chiaro che in tali condizioni far scendere dal treno un maranza inferocito diventa più complicato che non pianificare l’invasione della Polonia o dell’Ucraina, perché i toni si alzano, gli animi si scaldano e il treno accumula ritardi su ritardi, di conseguenza la gente si irrita, batte i piedini e rimpiange il “buon governo” piddino in cui ci si comprava la pace sociale facendo fare agli immigrati quel cazzo che volevano.
Dunque è stato tutto un breve sogno e probabilmente già da domani tornerà la solita routine anarco-tirannica.