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Scavalcare per protesta i tornelli della metro a Milano

Luigi Mascheroni, grande saggista (consigliato il suo ultimo dissacrante volume sul feticismo bibliofilo, ma ne ha scritte decine), racconta su “Il Giornale” la sua impresa nella metro di Milano (Scavalco per protesta i tornelli della metro. Perché i neri sì e io in giacca e cravatta no?, 24 giugno 2022):

«Milano, giugno, un normale giorno settimanale, anzi quasi sera: ore 20.30, circa. Esco dal Giornale, […] scendo in metropolitana, fermata Cordusio. Non ho un biglietto nuovo, fa caldo, sono in ritardo su un altro appuntamento, l’edicola è chiusa, ci sono due macchinette self service. Facendo appello a tutta la mia pazienza e al mio notoriamente esemplare senso civico, mi metto in coda, aspettando il mio turno. Poi, improvvisamente, mi accorgo di due persone di colore che con assoluta tranquillità, parlottando, davanti al gabbiotto dell’Atm, dove ci sono due agenti di stazione, saltano i tornelli. E passeggiano placidamente verso le scale che portano ai binari.
[…] Con un autocontrollo di cui vado fiero, con la stessa loro tranquillità, abbandono la coda alla macchinetta, mi avvicino al gabbiotto, batto la mano sul vetro, indico i due che stanno già scendendo le scale, e urlo, rischiando la legge Mancino: “I due neri hanno saltato i tornelli. Salto anch’io!”. Cosa che faccio. […] Nell’immediato penso a una reazione dei due agenti, fra i compiti dei quali c’è anche – leggo dal regolamento Atm – la “Verifica del rispetto di tutte le norme di comportamento dei clienti” e la “Verifica dei titoli di viaggio e gestione delle eventuali infrazioni”. Invece nulla. Non escono dal gabbiotto. Non verificano i biglietti né ai due neri né a me. Non multano nessuno.
Ipotesi. Gli agenti di stazione hanno un ordine, non scritto, di non intervenire nei confronti di soggetti potenzialmente pericolosi: o per non rischiare aggressioni o per non scatenare reazioni incontrollate. Oppure: in questo momento, grazie alle telecamere, l’Atm è già sulle tracce dei trasgressori – loro e me – e saremo presto tutti debitamente sanzionati (più facile che capiterà solo a me, che mi sto autodenunciando). Oppure la cosa è talmente diffusa, e accettata, da non costituire un problema per l’azienda di trasporti, e per il Comune di Milano. Oppure ancora, l’infrazione è accettata con fatalismo per alcune categorie di persone, e io rappresento solo una curiosa eccezione.
[…] Ed ecco la mia personalissima forma di protesta per sensibilizzare l’Atm e il Comune di Milano sui temi dei diritti civili e del razzismo. Per combattere una sgradevolissima forma di discriminazione – solo loro possono saltare i tornelli senza conseguenze: perché io no? – da stasera, ogni volta che dovrò servirmi della rete metropolitana, salterò i tornelli. Io non voglio e non posso essere considerato diverso da loro».

È un problema noto che esiste da sempre, come dimostra la ridda di commenti, tra chi invita a fare come a New York, dove i tornelli arrivano al soffitto e non si possono scavalcare, chi suggerisce altre forme di “disobbedienza civile” («Io già qualche anno fa mi sono rifiutato di esibire ai controllori il biglietto timbrato, che avevo in tasca, per lo stesso motivo: a me e ad altri “normali” o considerati normali dai controllori lo chiedevano, ad altri no. Ho detto loro molto garbatamente che finché non lo chiedevano a tutti io non avrei mostrato loro un bel niente non accettando il loro razzismo. Mi hanno guardato, non hanno detto nulla e sono andati avanti a chiedere agli altri “normali”») e infine chi riporta esperienze da altre città.

Personalmente, al di là della routine “portoghese” (come fa l’espressione idiomatica romana), una volta -in realtà giusto qualche mese fa- ho assistito a qualcosa di peggio: una decina di arabi che al grido di “Allahu Akbar” (giuro!) saltavano con sfrontatezza i tornelli in uscita della fermata della Stazione Centrale, mentre i controllori a qualche metro di distanza si giravano letteralmente dall’altra parte e facevano finta di discutere tra di loro (stesso atteggiamento di quello all’interno del gabbiotto, che però non avendo nessuno con cui parlare si è limitato a osservare il suo cellulare).

Non ho avuto la prontezza di girare un video ma sarebbe stata una testimonianza icastica di tutto quello che non va nel nostro Paese, ma direi anche nell’intera Europa, ad onta di chi si illude che nelle metropolitane delle nazioni “più civili” funzioni diversamente: Les clandestins voyagent gratuitement en Île-de-France è un cavallo di battaglia elettorale di Marine Le Pen, mentre in Germania il merkelismo ha lasciato in eredità l’incognita se un rifugiato abbia diritto ai trasporti gratuiti – non penso che i controllori tedeschi, per quanto solerti, si impegnino a fermare centinaia di siriani ed eritrei al giorno (per non parlare ora degli ucraini).

Qualche anno fa, la candidata a sindaco per il PD Francesca Balzani promise in campagna elettorale di rendere i mezzi di trasporto pubblico gratuiti per tutti: l’intera compagine politica milanese la definì una “proposta choc”. Se fosse stata di destra, avrebbe potuto provocatoriamente affermare che si sarebbe trattato solo di estendere la gratuità già garantita agli stranieri anche ai cittadini italiani.

In realtà il discorso sulla Azienda Trasporti Milanesi è più complesso, perché da tempo ormai si spinge a una privatizzazione totale: ma mentre la destra lo propone “onestamente”, sostenendo semplicemente che va fatta perché il libero mercato ecc, al contrario la nuova sinistra tecnocratico-piddina sembra faccia il gioco di rendere il servizio inefficiente per poter poi procedere con la solita scusa del There is no alternative e svendere ad imprenditori “amici” (il sistema, in auge dalla gloriosa stagione delle privatizzazioni prodiane, è ormai collaudato). Del resto in dieci anni di governo il centro-sinistra ha orgogliosamente raddoppiato il prezzo del biglietto da 1 a 2 euro (50 centesimi li ha aggiunti Pisapia nel 2011, gli altri 50 Sala nel 2019).

Questo tipo di “disobbedienza civile” non penso avrà alcun successo e rimarrà un’iniziativa, per quanto significativa, singola ed estemporanea. Anche perché oltre ai “portoghesi” di tutte le nazionalità, c’è anche il problema della violenza, degli scippi, del vandalismo dell’accattonaggio, dei mercatini abusivi di paccottiglia cinese presenti a ogni fermata, dei bivacchi di zingari sulle scale e in generale della sporcizia e dell’assoluta mancanza di un briciolo di “decoro urbano” (tanto siamo nelle fogne, giusto?).

Questa situazione, purtroppo, conviene davvero a tutte le istituzioni, perché come si è appena detto lo scopo secondario è di rendere un servizio pubblico inservibile e procedere così alla privatizzazione del “non privatizzabile”: molto probabilmente sarà proprio Milano a far da modello (“Facciamo come Londra!”), cioè una metropolitana che è obbiettivamente la barzelletta d’Europa sia per la sua esiguità (in proporzione con quelle di Barcellona o Bruxelles è come se non esistesse) che per la lentezza con cui continua a svilupparsi (dagli anni ’90 del secolo scorso si procede in media ad allungarla di un chilometro ogni cinque-dieci anni). Voglio dire: se nemmeno a Madrid, che potenzialmente avrebbe lo spazio per garantire un fantasma di “concorrenza”, ci si permette di fare certi discorsi, come si può seriamente proporli al cospetto del bugigattolo milanese? Che si aspettino almeno i treni volanti…

PS: Oltre ai libri di Mascheroni (consigliato pure il Manuale della cultura italiana), comprate anche il mio nuovo libro La storia è un incubo dal quale sto cercando di svegliarmi (naturalmente non con i soldi risparmiati attraverso la “disobbedienza civile”).

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