Un caro lettore Larry B., non sembra molto convinto dalla “svolta” rappresentata dai miei podcasts:
«Piuttosto imbarazzante. Te lo dico con affetto: torna alla Ragione, al Logos. Tutto ‘sto profluvio di c.d. “intelligenza artificiale”, meme, subcultura o demi-culture ecc. ci e TI sta visibilmente rincoglionendo (poi mettici anche il bere…)! A meno che non si tratti di post ironia, “trollate” finto goliardiche (est modus e gusto) e altre stronzate da gergo subculturale e subumano (di questo passo, con l’ia). Torna a scrivere articoli seri, di critica letteraria, storia delle idee, filosofia, teologia… o, se proprio ci tieni, anche ironici e goliardici. Ti leggo eh… fai anche registrazioni, ma dicendo cose sensate. Un caro saluto».
Accetto la critica ovviamente, ma la riconosco come espressione di una posizione di retroguardia, oltre che contraddittoria. Sarebbe un’inutile provocazione ribattere a Larry B. tramite l’intelligenza artificiale (come sapete, ho creato un bot ispirato al mio personaggio “Mister Totalitarismo”), però anche per mantenere il mio “stile” lo faccio ugualmente:
«Rispondo a Larry B. con fermezza e senza timore, poiché la mia posizione è salda e radicata nella tradizione e nella saggezza dei grandi filosofi medievali.
Caro Larry B., comprendo le tue perplessità riguardo alla modernità e alla superficialità che spesso la accompagna. Tuttavia, non posso fare a meno di notare che la tua critica, seppur ben intenzionata, riflette una visione conservatrice e retrograda della realtà. Come affermava il grande filosofo medievale San Tommaso d’Aquino: “La critica è cosa da uomini, ma la critica priva di ragione è cosa da sciocchi.”
È vero che la modernità ci ha portato a una dilagante superficialità e ad un culto dell’intelligenza artificiale che minaccia la nostra essenza umana, ma questo non significa che dobbiamo ritornare indietro a una visione arcaica e limitata del mondo. Come disse una volta Benito Mussolini: “Il progresso non è che una parola moderna per un processo che va avanti senza sosta fin dai tempi antichi.”
Quindi, caro Larry B., ti invito a riflettere sul fatto che il mondo è in costante evoluzione e che dobbiamo cercare di adattarci a esso senza perdere la nostra identità e i nostri valori più profondi. Non temere il cambiamento, ma cerca di guidarlo con saggezza e discernimento, così come insegnano i grandi pensatori del passato».
A parte gli scherzi, ciò che mi impedisce di prendere tali obiezioni sul serio è che, giusto per ripetersi, io non ho mai scritto davvero nulla di “serio” sul mio blog. Il fatto stesso di non accettare la “serietà” come paradigma di un sistema che obbliga a prendere sul serio le sue perversioni e i suoi deliri mi ha sempre portato ad assumere una posizione di totale rifiuto e provocazione, a volte quasi da “giullare”, seppur non “di corte”.
Del resto, so che Larry B. sul suo sito, Normalità Distopiche, (purtroppo non aggiornato da un anno, il che esprime indirettamente la “crisi” della scrittura online), ama citare un autore caro ad entrambi, Gilbert Keith Chesterton, del quale si ricorda il motto Seriousness is not a virtue, diventato poi il titolo di una bella raccolta di saggi pubblicata da Lindau nel 2020 (La serietà non è una virtù).
Il grande scrittore inglese esprime una idiosincrasia molto simile alla “nostra”, per giunta da una posizione di “ghettizzazione al quadrato”, sia come fedele cattolico nella Perfida Albione che come “uomo della tradizione” alle prese con una modernità delirante. Per sintetizzare all’estremo, Chesterton considera la serietà una forma di hybris che porta all’idolatria delle cose materiali (definizione che si estende ideologie e concetti) e infine alla superbia, l’adorazione di se stessi.
Nonostante l’Autore polemizzi direttamente con i suoi contemporanei, le tematiche che affronta sono quanto mai attuali. Per esempio, la venerazione per gli animali domestici, il consumismo, lo scientismo, l’individualismo, le spiritualità alternative, l’omologazione, il relativismo eccetera…
Non vorrei ammantare la mia mancanza di “serietà” con il riferimento a un gigante come GKC, tuttavia è questa la mia ispirazione di fondo, specie nel momento in cui mi confronto con meme, intelligenza artificiale e nuovi media. Per il resto, proprio perché non è una “cosa seria”, considerare “esplorazione dei nuovi media” il parlare a vanvera con un microfono scassato fa parte del gioco…
Al giorno d’oggi viviamo in un contesto di “serietà” quasi cronica, dove qualsiasi pagliacciata istituzionale deve esser presa sul “serio” perché i rivoluzionari di una volta credono di aver vinto: eppure, risulterebbe davvero ridicolo, per fare qualche esempio, controbattere con un saggio di 30 pagine a chi vorrebbe presentare degli individui che partecipano nudi al ghei praid come modelli di genitori perfetti, così come discutere del rapporto tra sinistra, comunità ebraiche e immigrazione islamica, oppure argomentare sobriamente sull’eventualità che alcune città si riempiano di scarpe rosse giganti come iniziativa contro il femminicidio finanziata dai contribuenti. È chiaro che in tale contesto a una persona davvero “seria” verrebbe solo da memare, trollare e insultare le d-parola sui social.
Tornando all’amico Larry B., rilevo con dispiacere che anch’egli ha dei “problemini” con la scrittura, nel momento in cui, detto molto brutalmente, non scrive più. Non vorrei esprimere un concetto banale come “il mezzo è il messaggio”, ma è chiaro che l’Internet ci obbliga a “fare gli scemi” (inteso anche nelle modalità della nota espressione dialettale partenopea). Nel momento in cui si cerca di usarlo con qualche criterio, si scende nel gorgo muti, si sparisce letteralmente dai radar, non ti legge più nemmeno qualche vecchia zia suora o il vicino di casa piddino che vuole contestarti.
Una cosa che almeno voglio che si capisca è che il mio approccio all’intelligenza artificiale è da iconoclasta. Se qualcuno, per esempio, mi chiedesse di scrivere un saggio sulla diffusione del sufismo in Uzbekistan, io di certo non andrei da ChatGPT a farmi prendere per il naso con presunte influenze dello zoroastrismo o rimuginamenti sull’asha da studentello colto impreparato dal professore, concetti che peraltro la macchina non riuscirà ad afferrare nemmeno dopo un millennio di aggiornamenti.
Io sperimento solo allo scopo di comprendere se si possa far passare un briciolo di verità nel mos maiorum. E il fatto che alcuni dei miei post siano finito in “presentazioni” di universitari americani, sulle pagine della Wikipedia inglese (perché su quella italiana domina una censura più che “seriosa”) oppure direttamente nelle “ricerche” dell’intelligenza artificiale (che mi linka di continuo), mi fa sperare che in qualche modo il ridendo castigat mores si riveli un compromesso accettabile. Altrimenti davvero mi verrebbe da domandarmi ogni volta che sfioro la tastiera: Ma chi me lo fa fare?
L’importante è divertirsi, per annoiarsi possiamo sempre scrivere libri.
Il tuo pregevole commentatore, bontà sua, è ancora legato a una concezione di dignità intellettuale buona solo per il salotto della vecchia zia idealista (che potremmo chiamare C0RRAUD4 AUG14$), alla quale bisogna rivolgersi con garbo lezioso, cantarle malinconiche poesie accompagnate al clavicembalo, filosofeggiare dolenti e squisitamente compìti sul disastro del tempo corrente, tuonando contro ogni sfruttamento delle dinamiche attuali confondendolo con l’eclettismo passivo e la contaminazione asservita. L’impeccabile seriosità con la scopa in culo è da perdenti perché è morta, nel senso che non è vitale, non vivifica, non eccita, è mortifera. Proprio questo esito necrofilo è il prossimo passo della normalizzazione della distopia: rivestirla di un rassicurante completo blu da ceto riflessivo.
In questa tragedia dove tutto è circo, solo i depressi possono consolarsi della compiaciuta impotenza di chi, fuori dal tendone, biasima seriosamente gli spettatori lì dentro. Chi non è del tutto avvizzito, è pronto a imbucarsi nell’arena anche travisato da pagliaccio, perché altro modo possibile non c’è (i domatori di leoni sono stati proibiti), se non per sabotare almeno per dare uno spettacolo che provochi finalmente un salutare sconcerto, come Woland al teatro di Mosca.
Sei un grande Mister! Ti leggo quasi ogni notte, continua così!
http://fncrsi.altervista.org/Segreto_Novecento.htm
Attraversa gli ads che Google butta sul tuo blog con gli occhi e il cervello di un altro IP.
Con la tua grandiosa dote analitica – sono, se mi permetti, serio – capirai come e cosa comprare il venerdì sera in borsa – solo su Londra! – per guadagnare il lunedì senza aver fatto un cavolo. Al ribasso o al rialzo? Eh, vedi gli ads: la faccia di chi stanno usando? come ha fatto carriera in passato? perché ora è sulla gogna della pubblicità massiccia e massiva? Et coetera.
Donde gli ads? Dal flusso – globale – delle in-formazioni. Donde el dinero… all’aumentare della sua velocità di circolazione (in-formativa!), aumenta – regolarmente – quella del numero dei poveri. Sei un’ottima mente. Resta e combatti: guadagnare, se ci tieni, si fa davvero così.
non hai però detto che bisogna differenziare il pacchetto azionario
Caro Mister Tot, ti ringrazio per la puntuale risposta e per il riferimento al mio blog. Quanto allo scrivere… touché! Scrivere cose sensate e pensate costa fatica e tempo, e senza un minimo di considerazione e riscontro, alla lunga si perde la voglia. Tanto vale, in quanto a dignità, redarre un journal intime o uno zibaldone o un pavesiano (altro autore a me caro che scoprii leggendo alcuni tuoi articoli “seri”) Il mestiere di scrivere… il mio scetticismo espresso nella critica è dovuto principalmente al linguaggio, nella preoccupazione che adottare un certo linguaggio “subculturale” memetico internettiano possa inficiare la sostanza e la qualità dei contenuti. È vero che si può combattere il nemico con le sue stesse armi e che certi deliri progressisti non meritino di essere presi sul serio, tuttavia dubito che si possa combattere il non-pensiero (leggi progressismo attuale) col non-pensiero. Penso piuttosto che il pensiero, cioè il Logos, sia l’arma più forte. Non sono contro la satira e i meme, purché restino al livello del pensiero. Non bisogna poi confondere la seriosità e la pretenziosità con la serietà: forse è velleitario, ma credo che il pensiero apportatore di senso sia più efficace nel combattere il non senso. Non per rispondere seriamente all’insensato, ma per rispondere al nichilismo con l’intelligenza. Ciò detto, continuerò a seguirti e leggerti (e ascoltarti) con curiosità e interesse, anche nelle eventuali forme espressive in cui ho più riserve. Con stima, Larry b.