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Se questo universo non vi piace, diventate demiurghi e createne uno tutto vostro

Adsense, la piattaforma pubblicitaria di Google, “demonetizza” regolarmente i miei post a causa di contenuti dispregiativi o pericolosi. Tra gli articoli più presi di mira, “casualmente” c’è uno di quelli con maggiori visualizzazioni in assoluto, Gli ebrei e l’industria pornografica. Beh certo, ci mancherebbe, ma al di là del titolo la “accusa” di Adsense è pretestuosa, poiché in quel pezzo mi limito a riprendere quanto scritto da una rivista ebraica sulla presenza degli ebrei nel mondo della pornografia. In coda ho peraltro pubblicato una precisazione per contraddire le analisi di un sito cattolico tradizionalista, che per esempio “giudaizzando” nomi come Hugh Hefner e Larry Flynt vorrebbe “gettare la croce” (absit iniura verbis) della pornografia tutta su spalle semite. È chiaro tuttavia che di ciò nulla può interessare al censore: una “violazione” è per sempre.

Naturalmente mi aspetto che il solito minus habens col filino di bava alla bocca arrivi starnazzando: Gugol è na aziendah privatah e fa come ci pare. Dimenticando che il colosso di Mountain View detiene una posizione monopolistica in troppi campi per potersi permettere atteggiamenti da “azienda privata”. D’altronde, se il prezzo da pagare per poter scrivere liberamente fosse quello di rinunciare a trarre un qualsiasi guadagno da quel che si scrive, sarebbe tutto sommato un affare.

Sfortunatamente, come dicevo, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, e ormai la lunga serie di “casi eclatanti” raccontano una storia diversa: alla demonetizzazione segue la rimozione. In tali circostanze, seppure quelli di Google non siano (ancora) in grado intervenire direttamente sulla piattaforma che mi ospita, possono comunque far sparire il mio blog dai risultati delle ricerche con un semplice clic. Certo, anche la conventio ad tacendum è un “diritto esclusivo” dell’azienda privata Google: per giunta grazie a tutti gli strumenti censori forniti cortesemente dalle sinistre (fake news, “post-verità”, hate speech) essa andrà sempre più “implementandosi”, bonificando l’universo dall’odio.

Perciò mi aspetto che vada sempre peggio: in primo luogo, un effetto domino per le demonetizzazioni; poi la magica sparizione del sito dai risultati di ricerca. Infine, ciliegina della torta, Google spinta dal suo pantagruelismo potrebbe pure comprarsi Altervista (non è fantascienza, considerando anche la situazione disastrosa della sua piattaforma di blogging) e cominciare anche qui il repulisti.

Il pessimismo è d’obbligo di fronte a una cricca di amministratori delegati che assomiglia sempre più alla burocrazia di un regime fallito. D’altronde io non sono idealista, dunque non posso di certi aspettarmi che in un contesto pionieristico come quello delle nuove tecnologie di comunicazione non vigano leggi confuse e contraddittorie: è però un fatto che le “contraddizioni” vadano sempre a discapito di una sola parte, ovvero che i contenuti dispregiativi o pericolosi siano esclusivamente di un certo tipo. Di questo è forse meglio discutere in altra sede, anche se è inevitabile la politicizzazione del problema, che è tanto più politico quanto più si tenta di farlo passare per “tecnico”.

Un suggerimento arguto che giunge dal web è quello di diventare demiurgo e creare un proprio universo.

Anche il vignettista Stone Toss ha ironizzato sulla possibilità di un’alternativa del genere, declinandola in chiave libertaria (fonte):

Come sa chi mi segue, io sono stato bandito da Facebook per l’ennesima volta e ho deciso di non utilizzarlo più. Questo ha comportato un calo netto delle visite, che in alcuni giorni si sono ridotte a 400 (a fronte di una media di 10.000). La censura è sempre più insopportabile perché, come notavo sopra, alla fine funziona solo “a senso unico”: nessuna destra al potere sfortunatamente è riuscita in qualche modo a preservare la libertà di parola, soprattutto per complicità e senso di inferiorità.

Dagli Stati Uniti persino l’FBI ha stigmatizzato la condotta dei social perché renderebbe più difficile tenere sotto controllo le teste calde, in particolare gli “insospettabili” con la fedina penale immacolata e nessun contatto con gruppi estremisti. Come ha dichiarato alla NBC Clint Van Zandt, ex agente FBI,

“la rimozione di profili con opinioni radicali dalle piattaforme social, intensificatasi negli ultimi tempi, priva gli investigatori di uno strumento cruciale per rintracciare le persone che potrebbero decidere di passare all’azione. Sappiamo che ci sono tizi che non gradiranno quattro anni di amministrazione Biden, e le autorità avranno il loro bel da fare per identificare i nuovi Ted Kaczynski che sono là fuori”.

Il risultato dunque è che la censura di massa sui social media non solo non serve a contrastare l’estremismo, ma anzi rende più difficile prevenirlo; inoltre porta a radicalizzare le posizioni già di per sé “al limite”. La domanda finale, come al solito, è la stessa: ci sono o ci fanno?

E allora affidiamoci solo alla sacra ed esaltante capacità di creare nuovi universi.

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