Slovenskí Branci: i giovani patrioti slovacchi

Slovenskí Branci: dalla mimetica alla cravatta?
Il documentario sui giovani patrioti slovacchi

(“Gog&Magog“, 8 marzo 2019)

Un recente documentario uscito nell’autunno 2018 (Až přijde válka, “Quando arriva la guerra”) ha riportato l’attenzione sul movimento patriottico giovanile degli Slovenskí Branci (“Reclute Slovacche”), di cui i media si erano già occupati qualche anno fa: il regista Jan Gebert ha trascorso tre anni a filmarli, registrandone, per usare le sue parole, “l’uscita dai boschi e l’ingresso in città, dalla mimetica alla cravatta”, ossia il passaggio da una attività paramilitare e poco visibile a una attività più politica.

Si tratta della più nota fra le diverse simili organizzazioni (e SB non è nemmeno la più numericamente rilevante) che stanno sorgendo in Est Europa: hanno iniziato a fiorire specialmente dopo la crisi migratoria del 2015, e uniscono attività politica ad attività sportive, se non di addestramento paramilitare. E, cosa inusuale per i nostri standard, spesso le autorità locali e nazionali sono tutt’altro che scontente della loro presenza ed ascesa, persino con endorsement importanti.

Il caso di Slovenskí Branci è particolare: viene fondato nel 2012 da un allora 16enne Peter Švrček, che ne è tuttora il capo, dopo essere tornato, con altri due amici, da un campo di addestramento di Narodny Sabor, una organizzazione paramilitare zarista in Russia, peraltro anti-putininana (“Per due mesi i cosacchi ci hanno hanno formato e sottoposto a durissime esercitazioni”). Le finalità? Dare quello che avrebbe dovuto dare ai giovani la leva militare obbligatoria (abolita in Slovacchia nel 2005), però con uno spirito e modalità più adatte ai tempi: infondere patriottismo ed “essere preparati militarmente ed essere pronti a intervenire in caso di catastrofi naturali o di un’invasione straniera”, con un occhio particolare a potenziali scenari di guerra asimmetrica.

Il gruppo ha chiare idee politiche, non nasconde la sua avversione alle attuali politiche NATO e all’immigrazione (partecipa ai pattugliamenti dei confini del paese e si offre per fare la guardia a un campo profughi nel 2015), ma non si affilia ad alcun partito o movimento esistente. Inizia ad organizzare delle settimane di addestramento nelle boscaglie slovacche. Tutto è su base volontaria, con donazioni da cittadini privati, che a volte mettono a disposizione i loro terreni e edifici per queste esercitazioni. Ogni partecipante compra la propria divisa e l’attrezzatura, che include kalashnikov veri ma demilitarizzati. Sfruttando anche i mezzi social e la buona presenza scenica e comunicativa del leader Švrček, SB arriva in poco tempo a raccogliere decine di giovanissimi.

Alcuni dirigenti vanno a combattere in Donbass con i ribelli filorussi, ricevendo ulteriori aggiornamenti alle più recenti tattiche di guerra asimmetrica: forse anche questo inizia ad attirare ai campi di SB anche qualche soldato regolare dell’esercito slovacco (“L’esercito slovacco è allo sbando, usano tecniche antiquate, invece qui con SB sperimentiamo nuove tattiche che mi sono state insegnate da privati o che ho studiato su manuali aggiornati”, come dicono a “Pagina 99“).

I numeri diventano più ampi (ricordiamo che la Slovacchia ha 4,4 milioni di abitanti, come l’Emilia-Romagna), e negli anni si costruisce una solida base: c’è una gerarchia interna con ruoli definiti, gli oltre 200 effettivi sono suddivisi in unità territoriali, ormai arrivate a diciassette. Sono diffusi spot per il reclutamento, e c’è un processo di candidatura e ammissione per poter partecipare ai corsi. Le reclute sono addestrate alla sopravvivenza, alle tattiche di combattimento, alla guerriglia, all’uso delle armi, al pronto soccorso, alla topografia e persino alle operazioni di base CBRN (difesa chimica, biologica, radiologica e nucleare).

Si sono rafforzati i collegamenti con il partito nazionalista Kotleba (8,5% alle elezioni del 2016), e c’è stato un tentativo di fondare un club di motociclisti patriottici ispirato a quello russo “filo-Putin” dei Lupi della Notte; il gruppo ha anche tenuto delle presentazioni nelle scuole (poi contestate e vietate dal governo).

Le autorità di Bratislava si sono mostrate allarmate (specialmente dopo che il precedente governo, quello del presidente Fico, è stato abbattuto da proteste in odor di manovre sorosiane): l’attuale ministro della difesa Gajdos ha consultato degli esperti per valutare “se sia legale l’utilizzo sulle mostrine di SB della bandiera slovacca”, e ha cercato di modificare le norme interne all’esercito, per impedire che i soldati vadano ai campi di SB. Sono poi stati avviati accertamenti sulla gestione dei fondi e dei finanziamenti, ma senza esito.

Il documentario non è certo filo-SB (“abbiamo filmato la nascita di un futuro dittatore”, così il regista…) ma ha il pregio di lasciare molto spazio alle immagini, senza commento, mostrando come, fin dalla fondazione del movimento, il carismatico leader Švrček non abbia nascosto le sue ambizioni politiche. Negli ultimi anni sempre più spesso, accantonati momentaneamente mimetica ed elmetto e preso qualche chilo in più, ha partecipato a dibattiti pubblici in giacca e cravatta, sfoggiando una buona dialettica. Le iniziative di SB si sono via via diversificate: non più solo addestramento in vallate remote, ma anche sfilate o raduni nel centro delle cittadine slovacche, in modo da raggiungere la più ampia popolazione, che non pare reagire negativamente, a giudicare dai filmati.

Come si vede in uno spezzone recente, ad una parata nei primi giorni del 2019 per il settimo anniversario della fondazione del movimento, compare addirittura Ján Čarnogurský, ex primo ministro slovacco nel 1991–92 e esponente del partito Cristiano-Democratico (in Europarlamento col PPE) , che loda i giovani di SB: “Vanno trattati con rispetto! Gli esperti del governo dovrebbero appoggiare SB e i loro ideali di protezione della patria!” e così pure non mancano i segni di appoggio dalle forze dell’ordine.

Per avere una idea di ciò che ribolle in pentola da quelle parti, possiamo prendere un passo dal discorso tenuto da Čarnogurský durante la cerimonia:

«Vi state preparando a difendere la Slovacchia e la democrazia slovacca. Ma quella democrazia che è iniziata molto tempo fa in Grecia, si è evoluta in tutta Europa e abbiamo scelto come forma di Stato. Non la “democrazia” che hanno sviluppato decenni fa i media americani e le organizzazioni non governative, che stanno facendo scivolare senza sosta nella democrazia oligarchica. La “democrazia” che gli americani vogliono diffondere in tutto il mondo con carri armati e bombardieri e cui i nostri soldati sono costretti. Volevano estendere questa “democrazia” per l’ultima volta in Siria, ma i siriani li hanno battuti anche con le loro milizie nazionali.
Anche voi vi state preparando a difendere i diritti umani, non solo quelli slovacchi. Ma, di nuovo, parliamo dei diritti umani che i nostri antenati hanno rivelato nel millennio della nostra storia e definiti da san Cirillo e Metodio. Non dei “diritti umani” inventati dai media americani nell’ultimo decennio».

Si tratta di toni e accenni che per noi suonano inusuali in un politico moderato, di sicura fede democratica (Čarnogurský fu incarcerato dal regime comunista), ma che in est Europa –non stupisce che non ci sia stato molto raccontato– sono in realtà frequenti e comuni: basti pensare all’ex presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, o molti politici polacchi. Sentimenti che sono, evidentemente, ben presenti anche nella popolazione: l’aver visto gli orrori del totalitarismo comunista ha aperto gli occhi sui rischi, magari non fisici ma esistenziali, dati dall’instaurarsi di una finta democrazia.

Un primo passo nell’arena politica e governativa per SB potrebbe concretizzarsi già alle incombenti elezioni presidenziali slovacche del 16 marzo 2019: i dirigenti di SB sono in stretto contatto con il candidato indipendente Štefen Harabin, giudice e già ministro della Giustizia, dato nei sondaggi fra il 10 e il 15%, con proiezioni complessive dall’esito incerto, che potrebbe richiedere la formazione di una coalizione governativa.

Nel Manifesto per la Slovacchia presentato da Harabin, Švrček è indicato fra i possibili responsabili della riorganizzazione delle forze armate (che non risparmia critiche alla attuale struttura imposta dalla Nato, ritenuta obsoleta e inefficiente, e vorrebbe piuttosto la creazione di più unità territoriali e flessibili sul modello di SB).

In una intervista al portale anti-populista “Vsquare” (dal titolo I fascisti moderni non sono più skinhead) il regista del documentario, seppure ideologicamente ostile a SB, compie alcune osservazioni interessanti, da persona che ha seguito per molto tempo i suoi aderenti:

D. Chi è il nemico della Slovacchia per Švrček?
R. Direi che la sua visione è più di una guerra civile internazionale. Sarebbe molto facile sostenere che ha paura solo dei musulmani, ma in realtà gli islamici sono lontani dall’ideologia dello Švrček tanto quanto la metà della società slovacca o europea che si riconosce nella democrazia. Il nemico è quindi tutto il “popolo dell’altra parte”. Penso che potrebbe accettare nella sua organizzazione più facilmente un musulmano, che si integri e combaci con la sua mentalità, piuttosto di uno slovacco liberale.

D. Pensi davvero che i seguaci di Švrček accetterebbero un “musulmano integrato”?
R. Sì. Non credo che Slovenskí Branci dia priorità a qualsiasi altra razza o nazionalità. Non è il razzismo “vecchia scuola”. È più una questione di valori. Se un musulmano integrato accettasse il modello militare di Švrček e avesse la stessa visione sui media e la democrazia, potrebbe diventare uno di loro.

D. Quali sono i loro valori?
R. Direi che è il modello più vicino alla Russia di Putin. Un ordine autoritario, controllato da un individuo forte che non condivide il potere con i media o con la società civile. Ha una visione unilaterale della storia della regione, più una mitologia che una riflessione critica.

D. Cosa c’è di più pericoloso dell’organizzazione Slovenskí Branci?
R. Forse il pericolo maggiore è che siano accettati dalla società slovacca e anche dal governo. Quando si ha un gruppo al di fuori del controllo dello stato che si vanta di addestramenti armati nei boschi slovacchi e odia UE e NATO, c’è un problema. Finché è un problema nei boschi, rimane ai margini della società come è sempre stato. Ma diventa molto più grave quando, all’improvviso, questo gruppo si toglie le divise, si mette un abito buono ed entra in politica con la stessa ideologia. Potrebbe essere una situazione molto più pericolosa. E questo sta accadendo proprio ora. In politica, Petr Švrček può essere più dannoso dei suoi 160 membri che “giocano” nella foresta.

D. Chi dovrebbe intervenire? C’è libertà di parola, ognuno ha il diritto di espressione.
R. Certo, non lo nego. Sto solo cercando di mettere in guardia per essere in grado di leggere questa forma di pericolo nella sua nuova manifestazione. Non sono più idioti o fascisti della vecchia scuola. Ora sembrano ragazzi con la faccia pulita e i capelli tagliati corti, gente comune. Ho persino invitato Švrček ai miei dibattiti. Mi sembra molto importante dare voce a queste persone  – una volta che sono parte del problema, dovrebbero essere anche loro parte del dibattito. Una delle ragioni per cui sono così forti e radicali è che sentono che nessuno ascolta le loro paure. Vietare la loro organizzazione non aiuterebbe. Ho cercato di dare un contributo con questo film, una sorta di diagnosi che ne mostra il vero volto.
L’unica ricetta è essere migliori di Petr Švrček e trasformare la paura e l’incertezza crescenti nella società in qualcosa che abbia un senso. Non un’ideologia delle armi da fuoco. In questo aspetto, la democrazia sta fallendo. Se si dovesse mettere questo gruppo fuori legge, si darebbe loro una ulteriore ragione per radicalizzarsi ancora di più. Una società democratica dovrebbe avere una migliore comunicazione con i cittadini, ascoltandoli e non ridendo dei loro problemi».

Sarà curioso vedere se, nel quadro politico uscito dalle imminenti elezioni, un movimento ristretto ma molto determinato come SB riuscirà a trovare una incidenza maggiore presso la più vasta area conservatrice in Slovacchia.

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