Sono un uomo di difficili costumi

José Ortega y Gasset sostiene che «la lussuria non è un istinto, ma una creazione specificatamente umana – come la letteratura» e che perciò essa andrebbe analizzata «come un genere letterario». La tesi, pur provocatoria, spiega l’enorme diffusione della pornografia nelle nostre società. In genere quest’ultima viene attribuita, al pari di tanti altri inconvenienti (la prostituzione, la mercificazione del corpo femminile o il puttanesimo repubblicano) all’esuberanza sessuale maschile.

Nella sua Critica dell’amore (1935) Giuseppe Rensi afferma che la donna è naturaliter monogamica, mentre l’uomo è spinto verso la poligamia dall’impulso amoroso (ovvero l’istinto sessuale). Nella femmina tale carica erotica sarebbe quasi assente, tanto è vero che essa si dedicherebbe alla prostituzione non per lussuria ma per profitto. Le tesi del Rensi, che un tempo dovettero apparire anticonformiste e innovative, oggi sembrano luoghi comuni. L’idea che l’uomo viva in universo erotico limitato dall’istinto e dalla genetica, è soltanto un vieto cliché di una cultura anti-maschile. Ortega y Gasset ribalta la prospettiva:

«La famosa disuguaglianza tra istinto sessuale dell’uomo e della donna, così spontaneamente moderata in “amore”, coincide con il minore potere immaginativo della femmina umana rispetto al maschio. La natura, cauta e previdente, ha voluto così, perché se la donna si fosse trovata dotata di tanta fantasia quanta ne ha l’uomo, la lubricità avrebbe annegato il pianeta e la specie umana sarebbe scomparsa polverizzata dai piaceri» (La scelta in amore, ES, Milano, 2006, pp. 33-34).

Secondo il filosofo, quindi, l’esuberanza sessuale maschile non sarebbe altro che la manifestazione più grossolana del suo potere immaginativo: «Nell’uomo praticamente non esiste, a rigor di termini, l’istinto sessuale puro, essendo quasi sempre indissolubilmente unito almeno alla fantasia». La questione ha dunque meno a che fare con l’istinto che con l’adattamento del desiderio alle forme della vita terrena.

Affrontando il problema nei suoi aspetti più pratici, notiamo che l’addebito a una “dittatura dell’immaginario maschile” degli spogliarelli, delle escort, delle pubblicità osé ecc., relega la donna nel ruolo stucchevole di vittima perenne (anche se, per fare un esempio, gli spettatori dei filmini a luci rosse non arriveranno mai a guadagnare tanto quanto le attrici che li interpretano).

Tutto ciò non sarebbe possibile se l’uomo ragionasse come una bestia, poiché nel mondo animale non esiste nulla che assomigli a quella cosa che chiamiamo “pornografia”. L’argomento è delicato, ma in un o modo o nell’altro va affrontato (meglio nell’altro…).

La pornografia, in se stessa, è un enigma. Non ci si spiega, tanto per fare un esempio, perché i canali televisivi erotici abbiano ancora così successo, quando con internet è possibile avere lo stesso “materiale” in modo assolutamente gratuito. C’è come una forza misteriosa che spinge una persona a pagare per materiale che potrebbe visionare su uno dei milioni di siti dedicati al genere. Le spiegazioni sociologiche o psicologiche non bastano. Potremmo interrogarci anche sui motivi per cui un individuo scelga di sborsare centinaia di euro non per andare con una donna vera, ma per vedere qualche immagine.

Ci stiamo avvicinando al nucleo della questione: oltre al terrorismo psicologico che ha costruito attorno alla pornografia quell’aurea di inviolabilità che impedisce ogni discussione sulla sua abolizione o limitazione, ciò che impone di credere che essa sia un bisogno fondamentale del maschio è forse proprio l’innaturalità su cui è costruito tale bisogno. Secondo Marcel de Corte (Fenomenologia dell’autodistruttore),

«il dongiovanni contemporaneo non è più l’uomo che ama tutte le donne, ma un pensiero ossessionato dalla sola immagine astratta del sesso. […] Il nostro mondo è così poco materialista da essere, da capo a fondo, fin nelle sue turpitudini, perfino nel suo erotismo, una costruzione mentale».

È un opinione per certi versi simile a quello di Ortega y Gasset, anche se de Corte, in quanto cattolico, rifiuta l’idea che tale “costruzione mentale” rappresenti un elemento fondamentale della psiche dell’uomo. Del resto un’altra intellettuale cattolica, Flannery O’Connor, esprime un giudizio affine: «La pornografia è essenzialmente sentimentale, poiché omette il legame tra il sesso e il suo scopo nudo e crudo, disgiungendolo dal significato che ha nella vita, tanto da farne semplicemente un’esperienza fine a se stessa».

Non è un caso che il romanticismo abbia generato le leggende sul matriarcato e l’eterno femminino. Così come è naturale che, nell’impossibilità di un dibattito, gli unici tentativi di ragionare sulla pornografia siano confinati negli estenuanti dibattiti femministi sulle sue capacità “liberatorie” nei confronti della donna (l’opinione cambia ogni tot anni: fino a metà degli ’80 sì, poi fino alla fine dei ’90 no, adesso né sì né no), o dalle inutili discussioni sul fatto se essa si possa considerare “arte”.

Un argomento “sentimentale” non può che produrre conclusioni del genere: di fatto chi usufruisce del porno non perde troppo tempo a ragionarci. Un approccio più pragmatico porterebbe a considerarlo ridicolo così come i romanzetti rosa o le telenovele. In verità resiste ancora una flebile indignazione di fronte a tutto questo, che però viene confusa col moralismo o il puritanesimo: e se invece fosse una reazione (anche inconscia) contro lo sfruttamento eccessivo dell’immaginazione maschile e contro la commercializzazione del desiderio? Ognuno in fondo vorrebbe affermare quel che disse di se stesso Giovannino Guareschi: «Sono un uomo di difficili costumi».

2 thoughts on “Sono un uomo di difficili costumi

  1. Salve Roberto. Grazie al suo articolo sto leggendo il libro fenomenologia dell'autodistruttore di Marcel De Corte. Bellissimo libro. Grazie.Fabio

  2. Salve, chiedo scusa se non ho pubblicato il commento ma era finito nello "spam" (sono un po' disattento). In ogni caso mi fa piacere. Quel libro è in effetti davvero interessante, soprattutto il capitolo dedicato a Machiavelli.

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