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Steadfast: perché la Meloni è il peggio del peggio

L’ultimo numero dell’Economist, pubblicato un giorno prima delle elezioni italiane, lancia un “falso allarme”: L’Europa dovrebbe preoccuparsi della Meloni? La risposta, dopo pochi giri di parole racchiusi nell’editoriale e in uno specialino di due pagine, è NO. A fronte dei pochi difetti, tra i quali l’avversione alla woke ideology (ma che diavolo sarebbe? nemmeno i britannici lo sanno), “l’ammirazione nei confronti di Orbán” (e non è del tutto vero, visto che lo ha spesso criticato per non essersi schierato al 100% contro Mosca) e lo scarso entusiasmo nei confronti delle “riforme” (espressione con cui ci si riferisce sostanzialmente alle famigerate “manovre lacrime e sangue”), per il resto il bilancio dalle parti di Londra è positivo.

La “leader di estrema destra”, tra le altre cose, non avrebbe infatti alcuna intenzione di toccare i cosiddetti “diritti civili” (come aborto e matrimonio omosessuale), né sembra davvero convinta delle sue proposte anti-immigrazione (perché, ricorda il foglio perfidoalbionico, “alla pari di Salvini scoprirà che leggi internazionali e regole UE le impediranno di realizzare qualsiasi blocco navale”). E, soprattutto, le eventuali sbavature ideologico-politiche che la rendono imparagonabile alla mitica Sanna Marin (come il fatto di avere un passato neofascista, che comunque per l’Economist fa il pari con la militanza in partiti comunisti di rappresentanti moderati della sinistra italiana…), sono ugualmente cancellate dall’indubitabile plus di Giorgia: essere totalmente anti-Putin e aver mantenuto nel corso di questi mesi una “ferma linea pro-NATO”. Più chiaro di così.

In particolare l’Economist rassicura l’opinione pubblica internazionale (o per meglio dire i potentati globali) sul fatto che anche qualora alla “Mamma d’Italia” (così Antonio Polito sul Corriere della Sera, in un editoriale che la descrive non ironicamente come “Donna della Provvidenza” – sì, siamo già a questi livelli) venisse in mente di fare “qualcosa di destra”, in ogni caso sarebbe impotente: le spinte alla nazionalizzazione e al protezionismo verrebbe immediatamente placate dai ricatti di Bruxelles, così come qualsiasi tentazione di scatenare una “guerra culturale” in favore della famiglia e della morale tradizionale (e l’Economist ne parla proprio in termini di distraction, come “contentino” verso le misure di austerità che il nuovo esecutivo sarà costretto a introdurre su ordine dell’Unione Europea) sarà altresì vanificato dalla costante vigilanza di poteri superiori come la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale (ritenuti espressione di un “centrismo impeccabile”).

Insomma, aspettiamoci il peggio del peggio. La Meloni sarà “fascista” solo nella misura in cui le serviranno i manganelli per “rassicurare i mercati internazionali”. Per il resto, l’unico campo in cui le verrà data mano libera sarà il supporto bellico alla NATO in Ucraina. E qui c’è un particolare, assolutamente insignificante, che riesce però a inquietarmi sopra ogni altra cosa: a un certo punto il settimanale della City, sempre elogiando il suo totale asservimento all’atlantismo, afferma che la “Fratella d’Italia” è stata a steadfast and strong voice of support for Ukraine and NATO.

Steadfast (“saldo, deciso, determinato, tenace, risoluto”) è un’espressione molto particolare e poco comune nell’idioma britannico: almeno su questo argomento ne so qualcosa, perché prima del Green Pass (misura al quale Fratelli d’Italia si è opposta nella maniera più ambigua possibile) insegnavo inglese a scuola e cercavo di fare il mio lavoro in maniera decente. Dunque posso affermare con certezza che non è espressione ricorrente nel linguaggio parlato né tanto meno del gergo politichese dell’anglosfera (anche perché nell’uso moderno rievocherebbe i toni di una citazione biblica, suonando perciò inevitabilmente enfatica e pomposa).

Bene, allora, già imparanoiato come sono, mi viene più di un sospetto a trovarmi la stessa espressione in uno dei primi tweet ufficiali della Meloni del post-elezioni, per giunta in un messaggio rivolto al premier ucraino Zelenskij (che se non altro ha il buon gusto di rivolgersi a un italiano in italiano, mentre Giorgia gli risponde direttamente in una lingua che non è di entrambi – in questi mesi di fanatismo pro-Kiev è improbabile non sia nemmeno riuscita a procurarsi un straccio di interprete, ma è verosimile che i reali destinatari del “cinguettio” siano altri).

Stay strong and keep your faith steadfast!”. Già… Una citazione pseudo-biblica con la quale però la Ducessa sembra più ricalcare la lingua di divinità differenti da quella cristiana. Ma che stai a di’, a Georgia (sic)? Andiamoci piano, con l’atlantismo. Ormai chi voleva capire ha capito, non c’è bisogno di essere così di bocca larga [bigmouthed].

Uno dei leitmotiv della sua campagna elettorale d’altronde è stato il paragone tra i “ladri di case” e Vladimir Putin (“Non possiamo sostenere ‘a leggittima difesa quando er ladro te entra dentro casa e non quando un esercito te invade ‘a tua nazione”): come a dire agli italiani che avranno qualche “premio di consolazione” reazionario in cambio di un’eventuale bagno di sangue con la Russia. Beh, gli dèi di cui parla la stessa lingua invece dicono apertamente che non ci sarà nemmeno una distraction. A chi dovremmo credere?

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