Visto che su “Repubblica” e altri giornaloni si spara ad alzo zero su qualsiasi persona coinvolta nel caso di Garlasco, vorrei riportare un paio di pagine che Gabriella Ambrosio stilò ne Il garbuglio di Garlasco in tempi non sospetti (2022), dalle quali emerge che la cugina di Chiara Poggi, Stefania Cappa, su una pagina Facebook accusò apertamente Elisabetta Panzarasa (figlia dell’ex sindaco di Garlasco Luciano) di essere lei la famigerata ragazza col “caschetto biondo” che era stata avvistata la mattina dell’omicidio dal testimone Marco Muschitta:
«Maria Grazia Montani era una sensitiva che vedeva Chiara apparirle sotto le spoglie di una farfalla, per dettarle dall’aldilà parole di luce e di incoraggiamento per la mamma. Era di Garlasco, e oltre a recarsi perciò spesso a trovare la signora Poggi, aveva aperto e amministrava la pagina Facebook Vogliamo giustizia per Chiara.
Uno dei dibattiti più appassionati all’interno di quella pagina era: chi si nasconde dietro i commenti firmati Anacleto? Marco Panzarasa, il ragazzo che nei primi tempi era stato definito l’amico del cuore di Alberto Stasi ma che non lo era per niente, a suo tempo aveva raccontato agli inquirenti che Anacleto era il secondo nome del ragazzo che, la mattina in cui sarebbe accaduto il delitto, l’aveva accompagnato a prendere il treno per Garlasco.
Ma nella pagina si preferiva piuttosto accendere i fari sulla cugina Stefania Cappa. Stressata dal fuoco di fila delle loro domande, Stefania spostava a sua volta il tiro sulla sorella di Marco Panzarasa: “Il caschetto biondo è Elisabetta Panzarasa, cazzo, non ci vuole una scienza”, scriveva, attribuendo così una nuova identità alla ragazza che quella mattina Marco Muschitta avrebbe visto pedalare con un alare in mano.
Oppure indirizzava i loro sospetti su Marco Panzarasa stesso. E quando Grazia Montani cominciava a scriverle: “Cosa ne pensi se ti dico che questi si riunivano per fare riti maligni… Compivano gesti diabolici… Credo che la soluzione sia dietro a questo gruppo… Satana dei cretini…”.
Stefania rispondeva: “Io non ne sapevo nulla ma lo sospettavo, perché tutti i loro amici venivano definiti ‘la setta dei cretini’ dagli inquirenti… So solo che prima di partire per Loano Marco ha dato una festa e Chiara non è stata invitata!”.
E più oltre scriveva: “Piano piano ho i ricordi ma devo essere aiutata, e ahimè siamo in appello, più di tanto non si può fare…” Ma quando Grazia Montani incalzava: “Ora rendiamo pubblica la notizia dei festini!! Vedrai che tu non avrai conseguenze!! Chiara ti dice: Stai tranquilla!”, Stefania trovava la forza di defilarsi dalla conversazione togliendo l’amicizia su Facebook.
Era un rovo di ombre, sospetti, deliri. Un garbuglio di sentimenti e di paure, di rapporti malati, di memorie e di vuoti, di storture e persecuzioni, di dicerie e scommesse. Che confluivano in una marea di insulti e di minacce di morte rivolte ad Alberto Stasi. La sua colpevolezza, pur con altre complicità e in un contesto del tutto inedito di festini satanici, veniva confermata anche dai discorsi, che qui però si facevano molto sibillini, della farfalla Chiara a Grazia Montani.
Come questa frase dettata dall’aldilà: “Cara Mamma, durante il prossimo processo verranno valutate nuove dinamiche e si valuterà a fondo un percorso non considerato… Questa volta il motore della verità non verrà interrotto”».
un aspetto che colpisce è come un soldo di cacio come Stefania Kappa, non bella, con un passato di disturbi alimentari, evidenti difficoltà di controllo emotivo, probabilmente sterile (insinuazione di Corona?), marchiata dal kitsch, etc abbia impalmato dopo 17 anni un rampollo, Rizzoli cavallerizzo, un chad-ino con alto ranking sociale. Per quanto le Kappa abbiano un loro capitale sociale, patrimonio e entraturemilanesi, cosa spinge un maschio ad accollarsi un tale pacchetto?
Non avendo indizi per valutare il canthal tilt e l’angolo goniale del Rizzoli (che comunque compenserebbe ampiamente in status), visto il garbuglio si potrebbe fantasticare di fatture d’amore e filtri di maghe lomelline.
Oppure a margine riflettere su ipergamia e “assortative mating”. Insomma a grandi linee la provincia benestante premia un interclassismo conservatore (ci si accoppia tra clan) e un certo censo, status immunizza le giovani donne dall’ipergamia, che invece avrebbe caratteri “urbani” e “low-middle status”, promotrice di mobilità sociale e intrinsecamente progressista.