Svizzera: l’andamento dell’epidemia è ampiamente prevedibile

Le Coronavirus et la science à l’ancienne
(Kill Your Idols, 13 novembre 2020)

Da marzo osserviamo le statistiche del Coronavirus su vari siti (tra cui corona-dataHUG, il sito del Cantone di Ginevra e Vaud, i dati sulla mortalità dell’Ufficio Federale di Statistica della Svizzera), e dall’interpretazione di esse possiamo dedurre alcune cose interessanti.

Il numero di casi positivi non è un indicatore affidabile

Più eseguiamo tamponi, più casi positivi troviamo. Meno testiamo, meno casi positivi troviamo. Quindi il numero totale di casi positivi è un indicatore parziale e per niente affidabile: può essere modificato a piacimento facendo più o meno tamponi.

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Al contrario, l’indicatore fondamentale è la percentuale di casi positivi. Se monitoriamo attentamente la percentuale di casi positivi, possiamo prevedere con precisione la progressione dell’epidemia.

L’andamento dell’epidemia è ampiamente prevedibile

(fonte)

Nel ciclo di diffusione del virus possiamo distinguere:

1) Una prima fase, dove il virus circola in maniera relativamente lenta, con una bassissima percentuale di positivi, inferiore allo 0,1% e perlopiù assenza di sintomi;
2) Crescita rapida, della durata di circa 3-4 settimane, con casi che raddoppiano ogni 3-4 giorni;
3) Un picco che si verifica quando la percentuale di casi positivi raggiunge il 35%;
4) Una lenta discesa lineare, che dura circa 2 mesi. Al termine di questa fase, il virus torna ai livelli di base, con pochissimi positivi e zero pazienti.

Da questo possiamo dunque fare ipotesi sul comportamento del virus e provvedere a una risposta efficace: non appena si assiste un aumento significativo dei casi, si può prevedere un picco circa 3-4 settimane dopo. Abbiamo quindi 3-4 settimane a disposizione per immagazzinare medicinali, attrezzare gli ospedali e se necessario anche assumere nuovo personale. E, una volta superato il picco del 35% di positività, ci si può attendere una discesa.

Le mascherine, il distanziamento sociale e i “comportamenti da seguire” sono inutili

(fonte)

Nella fase crescente dell’epidemia, il virus cerca di diffondersi con tutti i mezzi e per passare da persona a persona gli basta un solo contatto.

Quindi si può sanificare qualsiasi cosa, indossare mascherine giorno e notte, passare il tempo a mettere in pratica il cosiddetto “distanziamento sociale”, ma per infettarsi basta incrociare una sola persona infetta, per una sola volta. Un minimo di distrazione (prima o poi capiterà) e si verrà contagiati. E anche chi esegue gli ordini alla perfezione, è sempre soggetto alla “distrazione” di un membro della propria famiglia o di qualcuno a lui vicino.

Nella fase discendente dell’epidemia, i “gesti di protezione” sono ancora meno utili. In questa fase, il virus ha difficoltà a trovare persone sane da infettare, perché tutti sono già infetti. Il senso sarebbe quello di voler prevenire la trasmissione del virus tra due persone già infette…

Dobbiamo ricominciare a curare le persone

Parliamo della limitazione dei casi come unica arma contro il coronavirus, e ci siamo dimenticati che, in molti casi, sappiamo curare la polmonite con mezzi semplici ed economici. Quindi, invece di cercare a tutti i costi di fermare la diffusione del virus, dovremo imparare a gestirlo: essere preparati in anticipo per il picco dell’epidemia e curare le persone a casa non appena sviluppano i sintomi.

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