Oggi vorrei parlarvi dei Srpski Talibani [Српски Талибани], gruppo folk serbo spuntato dall’internet in un giorno del 2009 (o del 2010) e poi tornato in un anonimato tanto profondo da risultare impenetrabile ai propri stessi connazionali. Però prima vorrei affrontare un altro tasto dolente, riguardante la ricostruzione della mia “avventura internettiana” promessa a un selezionato gruppo di lettori. Si trattava di un progetto estivo che credevo di portare a termine in scioltezza saccheggiando gli archive (dal più celebre .org a .is, passando per quel che c’è di mezzo), ma alla fine mi sono dovuto arrendere alla realtà: non tutto quel che viene messo online resta in eterno.
A pensarci bene, è più probabile il contrario: come cancellatore seriale di blog posso testimoniare che solo una minima parte di ciò che ho scritto dal 2008 a oggi (mi ero dato il limite di dieci anni, ma la mia presenza online credo risalga purtroppo al 2000) è ancora disponibile: il resto, da splinder in giù, è sparito per sempre e non è conservato da nessuna parte. Adesso capisco cosa dovette provare l’ultimo Neanderthal.
Come diceva Céline, «De nous, si le mot “merde” subsiste ça sera bien joli» (Di noi, se sopravviverà la parola “merda”, sarà già abbastanza). In effetti quel che rimane è proprio la “merda”, cioè tutte quelle cose che avendo attirato le “mosche” della visibilità, si sono guadagnate un’eternità di silicio: ma chi può dire che fossero davvero le migliori? Del resto, se nemmeno l’autore si è preoccupato di conservare le proprie opinioni, perché avrebbe dovuto farlo un’anonima machine? Da questo traggo un’amara lezione: più che la mancanza di autostima in sé, ciò che opprime realmente è il dovere di credere in se stessi anche nel momento in cui ci si disprezza, per giunta all’unico scopo di conquistare la stima altrui e potersi così dimenticare di se stessi.
Ma perché sto parlando di tutto questo, dato che ero partito dai Srpski Talibani e ora invece di discutere di nazionalismo serbo mi sto perdendo in una lamentazione sdolcinata sulla fragilità delle nostre esistenze, peraltro dando vita a un inedito clickbaiting “al contrario” (perché tutto sommato la melanconia a buon mercato tira ancora più dei guerriglieri cetnici, anche se i tempi ultimamente cambiano in fretta)?
Il motivo è semplice: tra i blog che mi sono perso per strada c’era anche una pregevole testimonianza di follia filoserba su splinder (rigorosamente anonima) che ora è sparita per sempre, probabilmente volata a insegnare agli angeli a uccidere “i turchi e gli ustascia”. Qualche traccia di quel periodo è comunque rimasta, per esempio un’improvvisata antologia della “canzone bellica serba” che però si aggancia al fenomeno Serbia Strong sorto come meme molti anni dopo le mie improvvisate traduzioni del meglio del turbofolk balcanico. Il vecchio blog però era più ingenuo ed entusiasmante: Remove Kebab before it was cool.
La guerra che ha cantato. Antologia della canzone serba negli “anni difficili”
Ora, tra i pezzi tradotti ce n’era appunto uno dei Srpski Talibani, Гори Њујорк (New York brucia), attualmente l’unico che archive.org si è “ricordato” di conservare (ecco quindi perché ne sto parlando). Il post risale al 5 aprile 2011, il che mi fa presumere che il video allegato alla traduzione fosse apparso su Youtube all’incirca in quella data. Non avevo fatto alcuna ricerca sul gruppo, soprattutto perché dal web serbo saltavano fuori le informazioni più assurde: c’è ancora qualche sito che fa risalire il primo album dei “serbi talebani” al 1994 o al 2000, quando invece l’unica cosa certa è che il gruppo sia nato dopo l’attentato alle Torri Gemelle, perché lo celebra in ogni suo pezzo (lol).
In estrema sintesi, il primo album dei Srpski Talibani (in realtà una cassettina), intitolato Слушајте док нас не ухвате за… (Ascoltate finché non ci arrestano…), sul quale non compare alcuna data, dovrebbe risalire alla fine del 2009.
La mia deduzione discende dal fatto che solo da quell’anno si è iniziato a parlarne su internet. Tuttavia ci sono elementi che mi fanno sospettare un’origine anteriore, fosse solo per il fatto che i riferimenti “storici” nelle canzoni sono piuttosto circostanziati: tanto per dire, nel pezzo che proporrò alla fine si minaccia di morte Robin Cook (perché ministro degli Esteri laburista durante gli interventi in Kosovo), già morto nel 2005 (tra l’altro proprio quando era diventato ultra-critico nei confronti della Nato). Perciò una qualche incertezza sulla datazione rimane: diciamo che risale agli anni ’00 del XXI secolo…
In ogni caso il fenomeno è talmente singolare da non esser nemmeno stato “rivalutato” dalle demenziali incursioni memetiche nell’ambito della serbofilia. Questo, per certi versi, confermerebbe la natura sui generis del gruppo: perché se di elogi folkloristici degli “eroi” Karadžić Milošević e Mladić (quelli sulla copertina dell’album qui sopra) se ne possono trovare a bizzeffe, in tal caso è l’atmosfera da “teatro dell’assurdo” a far credere che l’effetto sia voluto.
Non di meno, tuttavia, c’è il sospetto che le canzoni del gruppo esprimano sentimenti condivisi da una (minima) parte della popolazione serba: un’eco di tale “simpatia” la si può forse trovare nelle parole con cui Siniša Mihajlović rifiutò di esultare per l’uccisione di Bin Laden (ai tempi un rituale obbligatorio, perché c’era Obama): «Gli americani hanno bombardato il mio Paese, ma se muore un americano io non esulto».
Più verace e spigliata, invece, la reazione di una madre serba il cui figlio fu vittima, assieme ad altri due bambini, di un bombardamento Nato nel piccolo villaggio di Murino (oggi in Montenegro): in un’intervista per un documentario di “Russia Today” di qualche anno fa sfogò tutto il suo disperato compiacimento per gli attentati dell’11 settembre.
«Hanno ucciso tre bellissimi bambini e hanno detto che è stato un errore. Quando sono crollati quei tre edifici l’11 settembre, Dio ha punito gli americani per quello che hanno fatto. Me la sono goduta! Me la sono goduta! [Уживала сам] […] Quei tre palazzi distrutti in America rappresentano i tre ragazzi di Murino. […] L’unica cosa che mi dispiace è che i terroristi non abbiano distrutto la Casa Bianca».
Dunque da una “analisi del sentiment” anche nella Serbia contemporanea potrebbe risultare che c’è ancora qualcuno che pensa che Bin Laden, sotto sotto, sia stato “un serbo come noi” (nella traduzione che segue cerco di spiegare il gioco di parole, assieme agli altri).
Гори Њујорк, Пентагон се пали
[Gori Njujork, Pentagon se pali]
New York brucia, il Pentagono in fiamme
Америко, дали су ти, дали
[Ameriko, dali su ti, dali]
America, te l’hanno fatta, te l’hanno!
Гори Њујорк, Пентагон се руши
[Gori Njujork, Pentagon se ruši]
New York brucia, il Pentagono crolla,
Крајишници, враћајмо се кући
[Krajišnitsi, vraćajmo se kući]
Uomini della Krajina, possiamo tornare a casa!
Шта ће сада у Загребу влада,
[Šta će sada u Zagrebu vlada,]
Che anche a Zagabria si sappia
Америка на колена пада.
[Amerika na kolena pada]
che l’America è in ginocchio!
Америко, Арапин Бин Ладин
[Ameriko, Arapin Bin Ladin]
America, l’arabo Bin Laden
Није Турчин, већ Србин Миладин.
[Nije Turčin, već Srbin Miladin]
Non è turco, è serbo come noi!
(per ragioni di rima sarebbe “è un Miladin”, uno dei nomi più diffusi tra i serbi)
Америко, биће ти и горе,
[Ameriko, biće ti i gore]
America, per te sarà ancora peggio
платићеш за Јанковића дворе.
[platićeš za Jankovića dvore]
pagherai alla corte di Janković!
(Stojan Janković è un eroe dell’epica serbia)
Америко, добила си своје
[Ameriko, dobila si svoje]
America, hai avuto quel che meriti
због Косова и Крајине моје
[zbog Kosova i Krajine moje]
per il mio Kosovo e la mia Krajina!
Америко, припрема се буна,
[Ameriko, priprema se buna,]
America, preparati alla rivoluzione
горећеш због Лике и Кордуна
[gorećeš zbog Like i Korduna]
brucerai per la Lika e la Cordona!
(altre regioni rivendicate dai serbo-croati)
Америко, биће земљотреса,
[Ameriko, biće zemljotresa,]
America, sarà un terremoto
платићеш нам једном због Купреса
[platićeš nam jednom zbog Kupresa]
pagherai una volta per tutte per Kupres!
(comune diviso dagli accordi di Dayton tra Bosnia e Repubblica Serba)
Чуј нас добро, кучко Олбрајтова
[Čuj nas dobro, kučko Olbrajtova]
Ascolta bene, troia di una Albright
убиће те пушка Гаврилова.
[ubiće te puška Gavrilova]
verrai ammazzata dalla pistola di Gavrilo!
Доћи ћемо Клинтону на врата
[Doći ćemo Klintonu na vrata]
Aspetteremo Clinton sull’uscio
убити га ко Милош Мурата
[ubiti ga ko Miloš Murata]
e lo uccideremo come Miloš (Obilić) uccise [il sultano] Murad!
И госпођи Дел Понте нек јаве
[I gospođi Del Ponte nek jave]
E dite alla signora Del Ponte
да се неће наносати главе
[da se neće nanosati glave]
che non si troverà più una testa sulle spalle!
Неће српска затајити рука
[Neće srpska zatajiti ruka]
A un serbo non tremerà la mano
кад запуца на Блера и Кука
[kad zaputsa na Blera i Kuka]
quando dovrà colpire Blair e [Robin] Cook!
Браћо Срби, питање је дана
[Braćo Srbi, pitanje je dana]
Fratelli serbi, resta solo da decidere
кад ће бити убијен Солана.
[kad će biti ubijen Solana]
quando ammazzare anche Solana!
Кофи Анан, црни господине,
[Kofi Annan, tsrni gospodine,]
Kofi Annan, signor negro,
дочекати нећеш догодине.
[dočekati nećeš dogodine]
non potrai vedere come andrà a finire!
Еј, да ми се дочепати мрака
[Ej, da mi se dočepati mraka]
Ehi, fammi cercare nel torbido
да упитам за Жака Ширака
[da upitam za Žaka Širaka]
se riesco a trovare Jacques Chirac!
Да га пљунем у француско лице,
[Da ga pljunem u frantsusko litse]
Sputo in faccia a quel francese
тукао је Србе немилице
[tukao je Srbe nemilitse]
che ha tradito i serbi!
Видјећете, пропалице седе,
[Vidjećete, propalitse sede,]
Vedrete voi, vecchi balordi
чија мајка црну вуну преде.
[čija majka tsrnu vunu prede]
figli di madri svergognate
(“le cui madri filano lana nera” = modo di dire diffuso in tutti i Balcani)
Ви нећете бити изузетак
[Vi nećete biti izuzetak]
Non faremo alcuna eccezione
и вама ће доћи црни петак
[i vama će doći tsrni petak]
anche per voi arriverà il “venerdì nero”!