Terza Guerra Mondiale: la Nato sacrifica l’Italia per il bene dell’Europa

Ho letto il primo volume di una trilogia distopica (o ucronica) sulla Terza Guerra Mondiale, World War Three 1946. The Red Tide. Stalin Strikes First scritta nel 2014 da Harry B. Kellogg III, un signore che è ricordato sul web solo per essere morto in tragiche circostanze (non specificate) nel 2022 all’età di 70 anni in un necrologio virtuale (mi lascia perplesso che i suoi cari annuncino che “non ci sarà alcun funerale, ma una celebrazione della vita [celebration of life] la prossima primavera o estate”, una moda americana che penso sia già giunta in Italia).

Comunque, venendo al romanzo, è una rivisitazione del contesto della Guerra Fredda che viene ridotta a un periodo di transizione subito interrotto dalle iniziative del machiavellico Stalin, che già nel maggio 1946 è pronto a ribaltare i destini del mondo lanciando un attacco a sorpresa contro le truppe occidentali di stanza in Germania.

Vabbè, è la solita favoletta che lascia il tempo che trova. Più interessante, tanto per divertirsi, è il destino dell’Italia in questo scenario alternativo, poiché essa viene “sacrificata per il bene dell’Europa”, come affermano i tenebrosi generali della NATO mentre progettano il Piano Cocklespur (definizione che indica almeno tre tipi di piante in inglese, ma forse l’Autore si confonde con il cockspur, lo “sperone di gallo” in effetti presente in Italia), il quale prevede un’immediata ritirata dalla Penisola per arroccarsi a Nord, decisione che porta Roma ad abbandonare l’Alleanza e accordarsi con Mosca.

L’argomento con cui l’ambassador Ruggero Grieco comunica agli Stati Uniti la decisione di lasciare la NATO è piuttosto interessante: siccome l’accordo era stato firmato dalla Monarchia e ora l’Italia era ufficialmente la Repubblica, si tratta formalmente di “un’altra nazione”. Si dà il caso, ad ogni modo, che nel romanzo non vi siano tracce del passaggio da una forma di governo all’altra, né tanto meno del fatidico referendum (che nella nostra dimensione è stato tenuto esattamente un mese dopo l’attacco di Stalin).

La Nato prevede dunque che i sovietici riusciranno a invadere in poco tempo il Bel Paese tramite le truppe jugoslave, che entro un mese da Ancona avanzeranno lungo una linea fino a Firenze e La Spezia (città citate in ordine sparso nel romanzo), mentre con i rinforzi russi l’attacco raggiungerà Roma entro 80 giorni e lo stretto di Messina in 100 giorni.

Questa prima parte si conclude con Stalin che sembra trionfare su ogni fronte, dato che ha fatto fuori i migliori ingegneri nucleari americani, sta per convincere Churchill a lasciargli il controllo di Gibilterra e intanto pianifica un bombardamento a tappeto della Perfida Albione. Non penso leggerò gli altri volumi, tuttavia mi piace segnalarvi questo tipo di letteratura in un periodo di distensione fra Washington e Mosca (posto che ci sia stato mai realmente un pericolo di Terza Guerra Mondiale per difendere Kiev).

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