Nell’annunciare un nuovo dispiegamento di truppe in Medio Oriente, le autorità americane hanno esortato i propri connazionali a lasciare il Libano in vista di una guerra totale di Israele nel Paese. Il Pentagono non ha ancora specificato il numero di truppe aggiuntive che verranno inviate, né ha chiarito lo scopo della missione, invocando la cosiddetta OPSEC (“sicurezza operativa”.)
Le forze si uniranno alle 40.000 truppe già presenti nell’area: molte di esse verranno dai ranghi della Marina Militare, poiché la portaerei USS Harry S. Truman è stata schierata con un mese di anticipo rispetto alla partenza programmata ed è già partita dalla Virginia. La portaerei si aggiungerà alle dodici di navi da guerra (tra le quali la USS Abraham Lincoln, giunta circa un mese fa) e ai quattro squadroni di caccia dell’aeronautica militare presenti nella regione.
Gli Stati Uniti sono tuttora alle prese con una crisi di reclutamento che anche quest’anno ha mancato gli obiettivi del 40% per esercito e marina (nel 2022 era a -23% e nel 2023 a -39%). E, come segnala un recente sondaggio, appena il 21% degli adulti americani sarebbe disposta ad arruolarsi in caso di un conflitto di più ampia portata. Il Newsweek tra i fattori disincentivanti cita l’ideologia woke diffusa capillarmente in ambito militare, portando tra gli altri esempi la decisione da parte della Marina di assumere come testimonial della campagna di reclutamento del 2023 un travestito.
Le uniche soluzioni proposte dai reclutatori sembrano quelle, da una parte, di evocare un nuovo 11 settembre per rilanciare lo spirito patriottico (lo afferma papale papale al settimanale americano un “amministratore delegato” di queste società pseudo-private che vanno a caccia di sbarbati), e dall’altra di approfittare della bassissima qualità della vita del giovane americano medio lusingandolo con uno stipendio non da fame, la copertura sanitaria e la speranza di una pensione (un reclutatore lamenta che il condono dei prestiti studenteschi di Biden abbia tolto uno strumento di ricatto essenziale a disposizione dell’esercito, che poteva saldare il debito universitario in cambio di una firmetta).
Un’indagine interna del Dipartimento della Difesa divulgata dalla NBC rivela che solo il 9% dei cittadini idonei di età compresa tra 17 e 24 anni avrebbe eventualmente intenzione di arruolarsi (è il numero più basso dal 2007), e che il numero complessivo di americani “fisicamente, mentalmente e moralmente idonei” a entrare all’esercito sia sceso dal 29% al 23% negli ultimi anni.
Come scrive ancora il Newsweek in un articolo più recente, “c’è una crescente disconnessione tra i militari e la società civile, poiché meno dell’1 percento degli americani presta servizio attivamente e il numero di veterani ancora in vita potrebbe diminuire di oltre il 34% nei prossimi 25 anni”. Un altro elemento messo sul tavolo è l’aver propagandato “un’immagine della guerra come facile e poco costosa”, strategia che a quanto pare avrebbe portato anche alla recente débâcle contro gli Houthi.
Tuttavia, ci sono aspetti economici, politici e sociali ancora più importanti: oltre al disastro finanziario causato dalle spese belliche, che ha allontanato non solo da un punto di vista materiale la popolazione americana dal concetto di guerra (dall’11 settembre 2001, circa il 40% degli interventi militari a guida USA è stato finanziato tramite prestiti esteri, piuttosto che tramite tasse o obbligazioni”), il Newsweek osserva onestamente che da troppo tempo “il costo della guerra viene sostenuto da una minuscola porzione della popolazione, in gran parte proveniente dai contesti socioeconomici più bassi. Questi soldati e le loro famiglie devono affrontare lutti, suicidi, ferite debilitanti, disturbo da stress post-traumatico e tossicodipendenza. Nel frattempo, gli americani più benestanti, compresi i nostri politici che mandano questi uomini e queste donne in guerra, sono in gran parte latitanti”.
Lasciando da parte le soluzioni proposte dal Generale che scrive il pezzo (“Una leva basata su una lotteria rivolta a tutti gli americani idonei”…), è condivisibile l’osservazione che paradossalmente proprio la mancanza di soldati renda più concreta la minaccia di un conflitto nucleare, dato che questo deficit riduce gli strumenti dissuasivi della potenza americana al solo armamento atomico, come si è visto con i ripetuti bluff nel corso dell’invasione russa dell’Ucraina.
Dulcis in fundo, un punto importante che la stampa mainstream non cita mai è la completa disillusione delle nuove generazioni verso il proprio “migliore alleato”, quell’Israele che non vuole sentire ragioni e proibisce a Washington di praticare una qualsiasi politica di equilibrio in Medio Oriente, chiedendo in cambio nuovi sacrifici alla popolazione americana.
Ça va sans dire, per lo ZOGbot sono preferibili lotterie, terrorismo false flag e ricatti economici, prima di qualsivoglia ipotesi di rivoluzione interna per ristabilire un ordine desiderabile, quindi meno soggetto a diserzioni di massa dal servizio.