Come sapete, il meme sul trastare nasce come traslazione dal contesto americano a quello italiano di uno dei classici slogan di Q-Anon, Trust the Plan, allo scopo di mettere in burletta una certa tendenza a raffigurarsi fantasmagorici scenari politici nei quali l’eroe di turno assume decisioni all’apparenza illogiche o controproducenti al fine di portare a termine un enigmatico piano (o plano) afferrabile in tutta la sua magnificenza solo nella prospettiva di un’immaginario scacchista politico che è in grado di analizzare il quadro completo degli eventi grazie a uno schema mentale basato su un’altrettanta immaginaria scacchiera a quattro dimensioni.
Ecco, questa introduzione serviva come alibi al mio trastare, che durerà solo una giornata e riguarderà esclusivamente la colonna sonora che ha accompagnato la vittoriosa guerriglia memetica del 2016, incluse naturalmente le ripercussioni protrattesi fino a 2021 inoltrato.
Al primo posto è d’obbligo, come omaggio all’Italia (ma non solo), Shadilay di Manuel Pepe (1986), manifestazione di conturbante sincronicità tra l’iconografia batracesca di 4chan e quei magicki borborigmi all’insegna di PEPE e KEK provenienti da chissà quale dimensione.
Assoluto cosmico, regolare realtà
Respiro di un immagine, sintonia di civiltà
Confusa progenia di cellule ribelli
Volo verso l’universo, l’attraverserò
Se sei stella, fatti vedere, io mi fermerò
Oooh, oooh
Shadilay, shadilay, la mia libertà
Shadilay, shadilay, oh no…
Shadilay, shadilay, oh sogno o realtà
Shadilay, shadilay, oh no…
Vola nella mia vita, no non è finita
Io mi fermerò
Sciogli le mie vele, nel cielo e in fondo al mare
Io ti crederò…
Shadilay, shadilay la mia libertà
Shadilay, shadilay, oh no…
Shadilay, shadilay, oh sogno o realtà
Shadilay, shadilay, oh no…
Vola nella mia vita, no non è finita
Io mi fermerò
Sciogli le mie vele, nel cielo e in fondo al mare
Io ti crederò…
Armonia metallica, concreta realtà
Videoclip elettronico, elogio di civiltà
Confusa progenia di cellule ribelli
Volo verso l’universo, l’attraverserò
Se sei stella fatti vedere, io mi fermerò
Oooh, oooh
Shadilay, shadilay, la mia libertà
Shadilay, shadilay, oh no…
Shadilay, shadilay, oh sogno o realtà
Shadilay, shadilay, oh nooo…
Shadilay, shadilay, la mia libertà
Shadilay, shadilay, oh no…
Shadilay, shadilay, oh sogno o realtà
Shadilay, shadilay, oh no…
Vola nella mia vita, no non è finita
Io mi fermerò
Sciogli le mie vele, nel cielo e in fondo al mare
Io ti crederò…
Al secondo posto, un classico inno MAGA che ha accompagnato tutta la Trumpwave elettorale:
Al terzo posto, un pezzo electro-pop del duo Brave Shores, che si è trasformato per motivi ignoti in un onnipresente anthem trumpiano, probabilmente per garantire una costante dose di HI ENERGY ai suoi sostenitori:
So sorry, I’ve missed you
[Mi spiace tanto, mi sei mancato]
Hair always whipping round
[Ho i capelli sempre scombinati]
So high up, got my chin up
[Così in alto, col mento in alto]
I don’t care if I never come down
[Non mi interessa di non scendere mai giù]
So sorry, I’ve missed you
[Mi spiace tanto, mi sei mancato]
Running with the crazy crowd
[Correndo tra la pazza folla]
I’m climbing, going higher
[Mi arrampico, per andare più in alto]
I don’t care if I never come down
[Non mi interessa di non scendere mai giù]
Al quarto posto, la straordinaria rielaborazione di un ormai storico discorso di Alex Jones riguardante i goblin, cioè l’élite pronta ad assediare il futuro Presidente e annullarne il potenziale rivoluzionario (come poi è effettivamente accaduto, anche se Jones, vero eroe americano, non hai mai smesso di trastare). Dello stesso autore, consiglio anche il remix America First del 2017, con protagonista sempre il buon AJ.
I don’t want to see him kissing goblins
[Non voglio vederlo baciare i goblin]
Ingratiating goblins, in bed with a goblin
[ingraziarsi i goblin, andare a letto con un goblin]
I don’t want to see him kissing goblins
[Non voglio vederlo baciare i goblin]
Succubus with goblins…
[Succube dei goblin…]
Ergh, ergh, dump it!
[Ergh, ergh, scaricali!]
Charging into a goblin’s nest
[Stanare un nido di goblin]
With goblin vomit and slop and blood on him
[col vomito di goblin e la melma e il sangue addosso,]
Especially up to his ankles
[specialmente alle caviglie]
Trump charging into a goblin’s nest of goblin vomit and slop…
[Trump deve stanare un nido di goblin col vomito di goblin e la melma…]
I’m not expecting him to not get dirty (slop)
[Non mi aspetto che non si sporchi (melma)]
Kissing goblins
[Baciare i goblin]
Ingratiating goblins
[Ingraziarsi i goblin]
Succubus with goblins
[Succube dei goblin]
In bed with a goblin…
[A letto con un goblin…]
I just don’t want to catch him in bed, in bed with a goblin…
[Vorrei solo non ritrovarmelo a letto con un goblin…]
Il quinto pezzo è un altrettanto mitico rifacimento di Country Roads di John Denver da parte degli White Hot Takes, un ensemble fuoriuscito dal network dell’alt-right The Right Stuff (TRS).
It was almost Heaven
[Era quasi il paradiso]
California
[la California]
Pacific Ocean
[l’oceano Pacifico]
Sacramento River
[Il fiume Sacramento]
Life was good there
[Laggiù la vita era perfetta]
To raise a family
[per farsi una famiglia]
Then the floodgates opened
[poi gli argini hanno ceduto]
Multicultural disease
[all’epidemia multiculturale]
*
Border’s closed
[La frontiera è chiusa]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
to the place they belong
[nel posto da dove vengono]
Sinaloa or Chihuahua
[Sinaloa o Chihuahua]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
Border’s closed
[La frontiera è chiusa]
*
Manifest Destiny
[Un destino manifesto]
stands before us
[è davanti a noi]
Holy birthright
[un sacro diritto di nascita]
for our sons and for our daughters
[per i nostri figli e per le nostre figlie]
We must move quickly
[Dobbiamo muoverci rapidamente]
Losing ground too fast
[Perdiamo terreno troppo in fretta]
Make America Great Again
[Rendiamo di nuovo grande l’America]
Before our time is passed
[prima che sia troppo tardi]
*
Border’s closed
[La frontiera è chiusa]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
to the place they belong
[nel posto da dove vengono]
Sinaloa or Chihuahua
[Sinaloa o Chihuahua]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
Border’s closed
[La frontiera è chiusa]
*
I heard a voice in our darkest hour, he calls us
[Ho sentito una voce nella nostra ora più buia, egli ci ha chiamato]
Donald Trump reminds me of our home in better days
[Donald Trump mi ricorda la nostra patria nei giorni migliori]
Browsing Alt-right sites I get a feeling that
[Navigando nei siti della destra alternativa ho la sensazione che]
We’ve gotta save the USA
[dovremo salvare gli USA]
*
Border’s closed
[La frontiera è chiusa]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
to the place they belong
[nel posto da dove vengono]
Sinaloa or Chihuahua
[Sinaloa o Chihuahua]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
Send ‘em home
[Mandali a casa]
That border’s closed
[Questa frontiera è chiusa]
Sesta posizione per la cover di Beamer Boy di Lil Peep (deceduto per overdose nel 2017) da parte dell’artista incel Negative XP, la quale è stata varie volte riproposta sotto un ispirato video a tema Trumpwave. Non traduco il testo perché non è apportatore di chissà quali profondi significati, ma semplicemente andrebbe considerato come una decontestualizzazione dell’edonismo espresso dal mondo del rap (sul quale lo stesso Lil Peep volle assumere una posizione critica, rimanendo naturalmente incompreso) da una prospettiva post-ironica: Donald Trump è un beamer boy, cioè un ragazzino che desiderava solo una BMW ma che poi si è ritrovato a dover affrontare i suoi demoni interiori, come tutti noi.
Al settimo posto, l’eccezionale endorsement di Lil Wayne che ha voluto omaggire Trump -con un brano obiettivamente apprezzabile- per averlo graziato proprio all’ultimo giorno in carica, il 19 gennaio 2021: Came home from jail, they was tryna send me back, nigga / I just called my nigga Donald Trump and that was that, nigga. Avrei voluto tradurre il pezzo con acribia da filologo, ma siccome mi irrita il fatto che la maggior parte delle belle canzoni della mia gioventù siano state censurate, mi ritiro a meditare su cosa sia stato il trumpismo (e su cosa sarà, eventualmente) rimandandovi a questa resa quasi automatica infarcita di “negro” e “mio negro”.