Dopo Viktor Orbán, e quasi su “suggerimento” dello stesso, alla fine dello scorso settembre il presentatore americano Tucker Carlson ha intervistato il presidente polacco Andrzej Duda come rappresentante di “un’altra nazione europea -dopo l’Ungheria- che si difende da interferenze internazionali”.
Invece di sfoggiare il superbo inglese di Orbán, Duda ha preferito esprimersi nella lingua madre:
La questione cruciale resta sempre l’immigrazione. Tuttavia Carlson trova il modo di suggerire al polacco un parallelo tra gli Stati Uniti odierni e la Polonia sotto l’Unione Sovietica. Duda è molto diplomatico e afferma che gli americani sono comunque campioni di democrazia: risposta paracula che delude un po’ Carlson, ormai intenzionato a “disertare” in nome di valori che vanno al di là dell’American Dream e del nazionalismo senza prospettive.
Carlson cerca allora di alzare il tono buttandola su George Soros, dicendo a Duda, in tono involontariamente esilarante, che “Orbán mi ha detto che” (fondamentalmente: Soros è cattivo). Il polacco però fa il moderato, afferma di non volerne parlare ma se non altro trova il tempo di criticare le ONG e sostenere che i soldati polacchi difendono non i confini nazionali, ma quella dell’Europa intera.
Il commentatore conservatore, forse irritato da tanta moderazione, lo pungola sulla censura dei social network, chiedendogli se anche in Polonia è legale per piattaforme come Twitter oscurare le opinioni dei politici. Duda glissa ancora.
Sulla famiglia invece il polacco finalmente mostra un po’ di scorza cattolica ed elogia le politiche prorodzinny (“orientate alla famiglia”) del suo governo, definendosi un “cristiano praticante”.
Anche questa segnalazione non è nulla di che, ma serve ancora a offrire uno spaccato sull’universo conservatore americano e le sue “correnti”.