Tutto quello che c’è da sapere su Gerry Scotti (non è ebreo)

Ho notato che il mese scorso il mio sito è stato visitato soprattutto in virtù della query (chiave di ricerca) “gerry scotti ebreo”, che ha garantito un qualche successo al mio post Gerry Scotti con la kippah non esiste, non può farti del male nel quale commentavo un’immagine del noto presentatore televisivo mentre indossa il tipico copricapo ebraico.

Sembra sia stato il solo ad aver pubblicato tale fotografia sul web, ma l’unica cosa che potrei dire su di essa è che la fonte è un mio anonimo lettore il quale non sa né dove sia stata scattata né in quale occasione. Per il resto, rimando alle considerazioni espresse nel pezzo, che lascio sintetizzare all’intelligenza artificiale:

L’articolo esamina il tema dell’influenza ebraica nella cultura popolare italiana, prendendo spunto da un’immagine di Gerry Scotti con una kippah.
• L’autore afferma di non essere riuscito a trovare informazioni sull’origine della foto, cosa che lo lascia perplesso.
• Viene menzionato come Gerry Scotti sia una personalità di spicco e con un grande potenziale memetico.
• L’articolo suggerisce che la foto potrebbe essere stata scattata durante un matrimonio o un bar mitzvah e che non dovrebbe avere un significato particolare.
• L’autore si dichiara contrario a una deriva “americana” nell’affrontare la questione dell’influenza ebraica, criticando le liste di celebrità ebree stilate sul modello di quelle di Hollywood.
• Si sottolinea come l’influenza ebraica nella cultura popolare non possa essere ridotta a una questione di etnia, ma comprenda anche motivi religiosi, culturali, ideologici e politici.
• Viene fatto un paragone tra l'”ebreo hollywoodiano” e una possibile controparte italiana, menzionando Paolo Bonolis per le sue origini semitiche e la sua tendenza all’innovazione.
• Si afferma che la più importante influenza ebraica nel mainstream italiano è quella prodotta dall’americanizzazione della cultura.
• L’articolo conclude che Gerry Scotti non è ebreo.

Gerry Scotti con la kippah non esiste, non può farti del male:

Osservando nuovamente l’immagine, posso solo ipotizzare (anche al rischio di prendere una cantonata) che la pregevole struttura che compare alla sinistra (per chi guarda) del volto di Scotti rappresenti un tipico esemplare di quello stile tra il gotico e il rinascimentale che caratterizza buona parte dell’architettura pavese (come del resto di altre centinaia di città italiane!). Ripeto, però, che sto sparando a caso: potrebbe anche essere una villa storica romana (noto la presenza di pini marittimi) affittata per la celebrazione dell’evento (nissuin? bar mitvzah?).

Ciò che c’è di sicuro è che altri individui presenti all’incontro stanno indossando una kippah, dunque la ricorrenza è quasi sicuramente ebraica. Non per questo è possibile individuare alcun legame tra Gerry Scotti e il giudaismo, se non nell’insinuazione -maliziosa- che il mondo dello spettacolo contemporaneo sia di per sé una manifestazione di cultura israelita (è un tema molto presente nella polemistica d’oltreoceano, che ha coniato persino espressioni proverbiali quali Electric Jew e Talmudvision per indicare il mezzo televisivo).

Bisogna osservare anche che il Nostro non ha scritto granché su se stesso, essendo in fondo un personaggio riservato (per quanto lo consenta il suo mestiere): molti ricorderanno la sua mitica introduzione alla “guida alle discoteche” stilata da Gianni De Michelis (Dove andiamo a ballare questa sera?, 1988), vero e proprio manifesto del socialismo gaudente che nell’usato vale tra i 50 e i 200 euro.

Negli ultimi anni, poi, il buon Gerry, complice forse la senilità, si  è concesso ben due sortite autobiografiche di fila, Che cosa vi siete persi e Quella volta. Un viaggio nel passato di tutti noi, pubblicati entrambi per Rizzoli rispettivamente nel 2023 e nel 2024.

Ho letto sia l’uno che l’altro, e posso ammettere che se il primo è un pregevole viaggio ultraboomer fra cabine telefoniche, biglie, autoradio e mangianastri, il secondo invece indulge alla “prosa civile” annacquando gli aneddoti personali con collegamenti stile “Vecchio zio al pranzo di Natale” (anche questa una cosa tipicamente boomer) tra quel che gli è capitato da giovane ed eventi di rilevanza nazionale o internazionale come lo sbarco sulla Luna, il rapimento Moro, la vittoria ai Mondiali, la caduta del Muro di Berlino o la strage di Capaci (ma incredibilmente manca la Nevicata dell’85!).

Perché non dirlo: provo parecchia simpatia per Gerry Scotti, anche se non penso di aver visto molti programmi presentati da lui (ho seguito, per pura vanità intellettuale, quale puntata del “Milionario”). Mi torna in mente, così su due piedi, che ai tempi in cui stavo facendo delle ricerche sulle origini politiche di Silvio Berlusconi (le quali, lungi dall’essere “democristiane di sinistra” sono puramente dionisiaco-socialiste con agganci tanto ignorati quanto oscuri con il PCI) avevo appreso che Scotti nel 1991 presentò assieme a Sabina Stilo il Leningrado Show, uno “spettacolo sovietico di music-hall di Ilja Bakhlin che Canale 5 mandò in diretta dal Teatro dei Congressi di Bologna.

Purtroppo, non essendo uno storico della televisione (l’unico settore culturale nell’Italia del Dopoguerra su cui si potrebbe scrivere qualcosa di serio), non avrei nemmeno i mezzi per risalire a quella trasmissione, ormai probabilmente introvabile persino negli archivi Mediaset e persa per sempre nelle nebbie della “trasparenza” gorbacioviana.

Questo però è un altro discorso: si parlava di ebraismo. A me non pare che Gerry Scotti abbia alcunché di ascrivibile ad esso, a partire dai tratti tipicamente lombardi (si può individuare dal volto un fenotipo nordomediterraneo dinaricizzato) e, da una prospettiva più allargata, anche da una certa umanità “cristiana” che gli ha sempre impedito di cedere alla tentazione di trasformare il suo lavoro nell’ennesimo veicolo di degenerazione di massa.

Gerry Scotti a Milano 2 (1977 ca)

Naturalmente, l’Italia in cui egli ha vissuto è stata di per sé fonte di immoralità, degrado e decadimento dei costumi, ma egli ha perlomeno tentato di conservare una minima compostezza nello stile e nella “missione”, tentando di frenare le ripercussioni della “rivoluzione culturale” italiana, quel Sessantotto di cui gli “eredi” decisero di voler far durare all’infinito accaparrandosi il monopolio dei nuovi mezzi di comunicazione e infiltrandosi fin da subito (anche mascherati da liberali o post-conservatori) nei settori chiave del nascente network berlusconiano.

Perciò no, Gerry Scotti non è ebreo. E forse, in questi anni così confusi dal punto di vista ideologico e sociale, il vero antisemitismo sono gli amici che ci siamo fatti lungo il cammino.

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2 thoughts on “Tutto quello che c’è da sapere su Gerry Scotti (non è ebreo)

  1. Mister Totalitarismo, dato che mi sembra lei sia un vorace lettore, mi permetto di suggerirle i seguenti libri per quanto riguarda la storia della televisione (e della radio) in Italia:
    – “Storia della radio e della televisione. Un secolo di costume, società, politica.” di Franco Monteleone;
    – “Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv” di Irene Piazzoni;
    – “Videostoria. L’Italia e la TV, 1975-2015” di Enrico Menduni.

    Probabilmente sono libri che si possono considerare da “normaloni”, ma allo stesso tempo a mio avviso offrono comunque una buona visione generale sul tema.

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