Per il premier ucraino si tratta di una decisione “faziosa e inaccettabile”, mentre per i co-presidenti del parlamento è “una pugnalata alla schiena, un provvedimento radicalmente anti-ucraino, che potrebbe distruggere le relazioni tra i nostri Paesi”. I rappresentanti dell’attuale giunta nazionalista ucraina soffiano sul fuoco delle proteste, sostenute dai media che hanno immediatamente bollato la legge come “anti-banderista”. È noto infatti che negli ultimi anni, sotto l’illuminata guida di Poroshenko, è stato fatto qualsiasi sforzo a livello legislativo per riabilitare il cosiddetto “Esercito Insurrezionale Ucraino”, gli squadroni della morte di Bandera divenuti nel 2015 “combattenti per l’indipendenza”.
Anche in tal caso, c’è un risvolto politico che pochi considerano: gli ucraini in Polonia dal 2014 a oggi sono passati da poche decine di migliaia a oltre un milione. Alcuni di questi “rifugiati” cominciano a rappresentare un’emergenza sociale, specialmente quelli della generazione allevata nel mito del “banderismo”, che non si risparmiano atteggiamenti da hooligans o malavitosi.
È da sempre che Varsavia cova una certa diffidenza nei confronti dei “fratelli ucraini”, amplificata dalla accondiscendenza degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nei confronti degli estremisti che comandano a Kiev. D’altronde sembra che il mito dell’immacolatezza ucraina sia così inscalfibile che persino il governo israeliano, di fronte alla riabilitazione dei banderisti (noti sterminatori di ebrei) come “eroi della Seconda guerra mondiale”, per l’occasione, a differenza di oggi, fece scena muta…