L’umorismo italiano si basa letteralmente solo su razzismo, omofobia, transfobia e misoginia

No lies detected
(but it also has some defects)

A parte gli scherzi, la “transfobia” sta velocemente entrando nel discorso pubblico italiano quando invece nell’anglosfera è ormai da un pezzo la nuova eresia del momento: qualcuno ricorderà l’assurda polemica che coinvolse la celebre scrittrice britannica J.K. Rowling per aver espresso critiche sul fanatismo nei confronti del “nuovo movimento trans” sobillato da media e politici. L’accusa principale fu di terfism, dall’acronimo TERF (Trans-Exclusionary Radical Feminism), cioè di essere una di quelle femministe che discriminano i transessuali “supportando l’essenzialismo di genere”. Alla quale la scrittrice rispose pubblicamente:

«Non mi genufletterò a un movimento che ritengo stia portando avanti un dannoso tentativo di erodere il concetto di “donna” come classe politica e biologica, offrendo una sorta di lasciapassare ai molestatori come mai prima d’ora»

Ancora più recente (accadeva ieri), un’altra scomunica a un intellettuale altrettanto popolare, il biologo e divulgatore scientifico Richard Dawkins, lapidato per aver osato invitare al dibattito sul tema dell’identità, osservando la contraddizione tra il considerarla fluida quando si parla di sessualità e dogmatica nel momento in cui essa abbia a che fare con l’etnia (citando l’esempio di una donna che si era finta afro-americana per fare carriera come attivista dei diritti dei neri).

Richard Dawkins odia ancora

In una recente intervista al Times, Dawkins aveva biasimato il nuovo “culto del transgenderismo”, scagliandosi in particolare contro la propaganda rivolta ai bambini per invitarli a sottoporsi a interventi ormonali o chirurgici sin dalla più tenera età (fenomeno che in Inghilterra ha raggiunto ormai proporzioni inquietanti) e ironizzando sul fatto che credere in una concezione “fluida” del genere renderebbe difficile intraprendere la carriera di biologo (un campo in cui “per i mammiferi si usa la parola ‘maschio’ per chi ha cromosomi XY e ‘femmina’ per chi ha XX”).

In Italia, come diceva, il “culto” sta per essere introdotto attraverso il famigerato ddl Zan, provvedimento atto a “contrastare l’omotransfobia” (e fondamentalmente supportato solo da politici falliti e gente dello spettacolo) che ha già suscitato diverse obiezioni non tanato dai soliti “fobici”, quanto da personalità di area progressista che hanno addirittura firmato un appello contro i punti critici del disegno di legge (in primis il pericolo di “introdurre in Italia la pratica della maternità surrogata”.

Secondo la regista Cristina Comencini intervistata da Avvenire, il ddl sbaglia a coniugare “la tutela delle donne a quella degli omosessuali e transessuali” (oltre che i disabili), perché “la misoginia appartiene ad altri schemi culturali, la si combatte in altri modi”. Inoltre esso

“introdurrebbe una sovrapposizione del concetto di ‘sesso’ con quello di ‘genere’, con conseguenze contrarie all’articolo 3 della Costituzione per il quale i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere. La definizione di ‘genere’ contenuta nel testo crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto. Inoltre ‘identità di genere’ è l’espressione divenuta il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale“. 

Anche questo, in fondo, è umorismo.

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