Un lettore del Sud ci scrive (letteralmente il nickname) ha lasciato questo commento sotto la mia recensione alla fiction sul delitto di Avetrana:
«Egregio Mister, trovo tenero e commovente questo tuo adombrare un Meridione mitologico-orrorifico, un Sud quasi lovecraftiano. Ahimè anche questo rientra nel bozzettismo oleografico cui ci hanno abituati i vari film e filmetti realizzati col sostegno dell’assessorato al turismo.
Purtroppo, in fondo al pozzo di zio Michele non si agita Shub-Niggurath. La realtà è prosaica quanto quella del giovane impazzito che sterminò i parenti col tallio, forse superato in termini di banalizzazione dal recente duplice infanticidio.
La domanda fondamentale è sempre la stessa: di chi è la colpa? Il futuro incombe minacciosamente vuoto, all’orizzonte non si scorge neanche il profilo rassicurante del terribile iudex venturus. Perciò i tribunali hanno sostituito le cattedre di teodicea; i tv show based on a story, meglio se a sfondo criminale, sono agiografie dove la nozione di santità rimane sempre rivedibile.
L’Italia è all’avanguardia rispetto alle culture meno evolute (tutte le altre); non si fa più alcuna illusione, soprattutto politica. Resta solo la teologia popolare di un Paese fondamentalmente scettico e superstizioso a un tempo».
Uno non fa in tempo a criticare qualche aspetto del mitologico meridione d’Italia che in un nano-secondo scattano sull’attenti gli opliti di Terronia a ribadire come la causa di tutti loro mali sia qualcosa o qualcun altro. Ma per favore…
Forse è proprio questo generale rifiuto di guardarsi onestamente allo specchio la fonte prima dei loro mali…
Mi sembra che non sia sulla difensiva, anzi…
Dice che in fondo al pozzo di Zio Michele non si agita il capro dai mille cuccioli e che alla domanda: di chi è la colpa si risponda : il nichilismo e la morte di dio. Falso. Io vivo quaggiù a Innsmouth, sulle vostre carte Taranto, e Li vedo ogni giorno. Ne ho parlato in cucina con De Gobineau, H.S. Chamberlain e Alfred Rosemberg e alla seconda Peroni abbiamo convenuto che l’unica causa sia il Caos etnico. Ora devo andare, giù in strada due donne si stanno affrontando per contendersi l’uso di un cassonetto.
Pregevole Stefano, con il mio commento (troppo onore che il Mister lo abbia riproposto come articolo) volevo fare due brevi osservazioni, neanche originali. Le riformulo qui. La prima: purtroppo, gli orrori del Sud di oggi non si possono seriamente inquadrare sotto la specie del pittoresco. Il favoloso influsso di oscure forze ctonie non c’è più (o mai stato?). Magari ci fosse ancora! A un mio conoscente (di Varese) che raccontava deliziato di aver fatto delle vacanze avventurose in sperduti villaggi delle Indie – non ricordo se Orientali o Occientali, probabilmente entrambe, ma non fa alcuna differenza – alla ricerca di autenticità antica e incontaminata fuori dai soliti avamposti dell’AlpiTour, dissi (fu prima del covis) che in ciascuno di quei luoghi in culo ai monti avrebbe potuto trovare un distributore di Coca-Cola e questo bastava a invalidare il discorso. Quello che ha potuto vedere è un’umanità stracciona e modernamente delinquenziale, affetta da un recente tipo di involuzione, globalizzata e poi scartata da centri più concorrenziali, comunque immemore delle favoleggiate radici millenarie. Non saprei dire chi tra noi due pasolineggiasse di più.
Similmente è il nostro Meridione, al netto dello specifico provincialismo dell’Italia intera nello scenario mondiale (ogni nazione straniera peraltro ha le sue distorsioni provincialistiche, che rimangono sconosciute ai forestieri; eccetto forse gli USA, solo perché Hollywood e Netflix ci hanno abituato a considerare centrale e risaputo anche un villaggio fittizio dell’Alaska). Fra Avetrana, il nipote avvelenatore pazzo, la ragazza di Traversetolo (e Cogne, Erba, Garlasco, Santa Croce Camerina, Potenza…) si può, oggigiorno, ravvisare una differenza antropologica sostanziale di chiara efficacia interpretativa? I santini di Zio Michele sono una nota di colore sulla quale imbastire un divertente e provocatorio quadretto etnografico-lombrosiano (bravo Mister); invece, chi ci scrive sopra un serioso discorso accademico di criminologia e convintamente finisce per inquadrare come elementi causali la pietà popolare e il ricordo dei sacrifici a Demetra (al Dio Ivano?), ritengo sia un ciarlatano in cerca di sensazionalismo.
Quanto all’ossessione giudiziaria, la sostituzione della teodicea a Un giorno in Pretura e le reliquie-plastico di Vespa, stavo facendo un’osservazione molto generica: “di chi è la colpa?” è la banalizzazione laica di “si deus est, unde malum?” adatta ai nostri tempi di pigro scetticismo antimetafisico e nevrotica superstizione tecnoprogressista. Non intendevo aggirare la Questione Meridionale additando direttamente i luighi comuni nicciani quali mandanti e responsabili, come farebbe un Galimberti qualsiasi. Semplicemente, ero passato a un altro argomento senza dichiarare una cesura palese tra la prima e l’ultima parte del mio commento. Mi scuso per questa mia sciatteria da impiegato pubblico col diploma preso per il rotto della cuffia.
Un saluto
Gentile lettore del sud anch’io detesto i tromboneggianti e cialtroneschi seriosi discorsi di criminologia e le Questioni Meridionali. Li è che l’articolo del nostro prezioso Mister e la Sua colta replica, capitavano a fagiolo in un mio periodo di avide letture sui cicli delle civiltà e sull’ineguaglianza delle razze umane, frammezzati alla Teozoologia e a reminiscenze lombrosiane e lovecraftiane. Si aggiungano anche diverse corse sulla linea 8 dell’autobus che qui a Innsmouth collega quella che una volta era la stazione centrale a casa mia, in quotidiana compagnia di subumani meticci e non, che parlano idiomi sconosciuti e che ti guardano con occhi pallidi e acquosi. Tutto questo per dire che sono fermamente convinto che all’origine del male sia il Caos Etnico e non so quanto prosaica o fantasmagorica sia questa mia (oddio non oserei assumermene la paternità) tesi. Vi lascio, gli amici di cui vi ho detto, là in cucina sono alla quarta Peroni, e cantano a squarciagola “Wenn alle untreu werden”, non vorrei che i miei vicini per rappresaglia mi ammazzino il cane.
Un caro saluto