Un lettore ha vinto al Bingo: congratulazioni!

Un lettore (che si firma arengarius nella sua ultima incarnazione) mi annuncia di aver giocato un bonus in scadenza, presumo su Lottomatica (o Sisal?) e di aver ricevuto un “regalino” dalla Dea Bendata, cioè di aver scommesso un euro (in forma di elargizione dall’esercente) e di averne vinti 141,62 €.

Mi congratulo con lui per il lieto esito e mi compiaccio del fatto che abbia pensato di farmi una donazione, ma senza PayPal penso diventerebbe troppo complicato quindi lo invito a berseli (anche metaforicamente) alla mia salute.

Come sapete, io talvolta ho indulto (sic) nel giuoco d’azzardo, anche se da quest’anno, dopo essermi ballato tutte le vostre donazioni alle slot (che sarebbero invece dovute andare in progetti filantropici per i bambini agarthiani e atlantidei), ho deciso di smettere e, in un impeto di vera generosità, di regalarvi i miei numeri vincenti.

A parte gli scherzi, in verità uno dei motivi per cui mi sono disamorato del “rischio” è dovuta alla delusione seguita all’aver azzeccato la famigerata “Cinquina di Ratzinger” ma al contempo non aver vinto semplicemente per aver smesso di scommettere già dopo qualche settimana dalla scomparsa del grande Pontefice: è stato come un segnale di piantarla di scherzare sia col sacro e col profano (come ha detto giustamente un lettore, “non puoi giocarti a dadi la talare dell’ultimo Papa”).

Al danno è poi seguita la beffa: un mio lettore ha invece proseguito a scommettere e ad aprile 2023 ha vinto circa 500 euro (o forse una cifra maggiore, qualora avesse investito più di 1 euro), ma oltre a essersi vantato con altri non si è nemmeno degnato di avvisarmi (e figuriamoci di devolvermi l’1% della vincita).

Probabilmente è l’azzardo in sé, una delle più grosse ebreate mai architettate nella storia dell’umanità (tanto è vero che sono proprio gli ebrei a far le vincite più alte grazie ai segreti della cabbala, come il leggendario Ba’al Shem di Londra), a renderci così ebrei.

Non sfugga il fatto che, per tornare al Bingo, in Italia a portare questo vergognoso plagio americano della nostra Tombola furono le cosche dalemiane venticinque anni fa, le quali ancora ai nostri giorni sono coinvolte nel mega-affare (per anni è stato uno dei cavalli di battaglia di grillini e stampa cattolica, in particolare contro  le ipocrite geremiadi sul cosiddetto “allarme ludopatia” del centro-sinistra).

Si noti peraltro l’ispirazione anti-tradizionale fin nel nome “bingo” (probabilmente un’onomatopea dal suono della campanella che indicava l’ultima vincita, bing), che serviva a dare una confezione sgargiante a quello che, da una stessa prospettiva sinistroide, sarebbe da considerare “tutta la vecchia merda” (cit. Marx), un po’ come è stato il bolscevismo nei confronti dello zarismo o la tecnocrazia democrateggiante nei confronti del feudalesimo.

In tal caso, non si poteva infatti arrivare a una semplice legalizzazione dell’antica tombola, che la leggenda vuole sia nata da un compromesso di Carlo III di Borbone col frate domenicano Gregorio Maria Rocco, che acconsentendo alla proibizione del lotto durante il periodo natalizio favorì indirettamente la nascita di bische clandestine casalinghe (è per questo, a quanto pare, che almeno una volta si giocava solo a Natale).

Dare almeno un tocco di tradizione alla degenerazione sarebbe stato un rischio troppo grosso dalla prospettiva dell’eterogenesi dei fini. Si doveva sfruttare l’americanismo in virtù dell’intramontabile spirito sessantottino, che ha appunto cavalcato le varie mode yankee portandole nella cultura di massa come espressione dell’impegno, a livello sociale, politico, artistico e persino etico.

Questo era solo un appunto sulla situazione storica in cui ci troviamo a vivere e giocare: sarebbe bello tuttavia che esistesse, in un universo parallelo, un’unica lotteria di Stato grazie alla quale, da una parte, ognuno avrebbe almeno una volta nella vita la possibilità di vincere, e dall’altra fosse possibile reinvestirne i proventi a favore della collettività, sacrificando solo una minima percentuale all’ingordigia di gilde, lobby e consorterie varie.

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