Un Papa per la fine del mondo: l’ultimo discorso di Pio XII e l’apocalisse nucleare

Dopo aver trasformato il Vaticano, con la chiacchierata assolutamente fuori luogo fra Trump e Zelenskij, in un “gabinetto di guerra” (per non dire altro), si scopre che il grande lascito del “Papa della Pace” sarebbe rappresentato da: una sfuriata del Presidente americano che non vede la possibilità di una risoluzione del conflitto fra Ucraina e Russia, l’annuncio di un’occupazione totale di Gaza da parte del governo israeliano e, ciliegina sulla torta, una nuova -e forse inedita- stagione di schermaglie tra India e Pakistan.

Giustamente un mio lettore finisce per suggestionarsi con alcune visioni apocalittiche di Pio XII su un eventuale conflitto termonucleare:

«L’ultimo discorso di Pio XII è una cupa visione apocalittica in cui il Papa deambula nelle tenebre, sovrastato da ombre di morte e, viandante smarrito, invoca il Signore, lo supplica di mandare il suo angelo affinché illumini la notte tanto da farla diventare giorno scatenando un fuoco purgatorio, nemesico sull’umanità ormai incapace di rimuovere la pietra tombale che essa stessa ha fabbricato.
Verosimilmente si può pensare a quel fuoco come a una esplosione atomica, un evento terribile e drammatico tale da ricondurre l’umanità (o quello che ne resta) implorante e penitente sotto la guida del Santo Padre e della Chiesa, vera tutrice dell’umanità. Dopo essersi sbarazzata delle sciagurate élite di potenti e padroni che l’hanno portata alla tragedia.
Insomma la Chiesa Cattolica per tornare protagonista deve auspicare lo scatenamento di una crisi sacrificale totale, l’avvento dello stato d’eccezione, del grande miracolo teologico, di una sorta di neo-medioevo post-atomico che rimetta il Triregno sul capo del Pontifex e riaffermi la sovranità di Cristo.
In termini più concreti, riferendosi al femminile, forse solo una guerra, un gigantesco scontro di civiltà potrebbe disarmare i femminismi, i nefandi progressismi per riportare le donne europee e occidentali sotto l’egida della Chiesa, all’insegna di un neonatalismo patriottico, a credere nella famiglia, nel matrimonio, nella comunità, ai figli come sacro dovere».

L’ultimo discorso a cui si fa riferimento è il Messaggio Urbi et Orbi per la Pasqua del 2 marzo 1957, nel quale Papa Pacelli manifesta effettivamente una disperazione inusuale per la sua figura anche a livello personale, considerando che aveva superato gli anni del conflitto mondiale senza mai cedere al pessimismo.

La benedizione si apre con un’evocazione quasi buttata lì dell’Apocalisse di Giovanni, giusto per indicare la variegata folla assiepatasi in Piazza San Pietro («moltitudine immensa di ogni lingua e popolo e nazione»), e introdurre il vero significato della Resurrezione, che sarà per l’eternità un et nox sicut dies illuminabitur.

Pio XII è appunto un “viandante smarrito” che osserva l’intero creato “sommerso in un’ombra quasi di morte”, in attesa che l’Angelo scenda dal cielo facendo tremare la terra per cancellare “la notte che è scesa sul mondo e che opprime gli uomini”. Il Pontefice cerca di non arrendersi all’angoscia di un “un mondo sconvolto e sconvolgitore” dove “tutto è divenuto relativo e provvisorio” e l’intero corpo dell’umanità è “infetto e piagato”.

Per non cedere al misoneismo, che è un abito mentale non cristiano, il “Papa della Tradizione” assume accenti quasi “transumanistici”, nel magnificare il “nuovo e più splendente sole” della tecnica, grazie al quale “l’uomo diventa, così, sempre più il signore delle opere sue”. In questi passaggi Pio XII evoca anche l’energia nucleare, che muoverà la macchine tramite “processi di sintesi simili a quelli che accendono da miliardi di anni il sole e le altre stelle” (quanto manca Padre Dante nella retorica dai chierici, paradossalmente proprio da quando la Comedia è stata tolta dall’Indice in maniera indiretta tramite la sua soppressione postconciliare).

Eppure, per Pacelli tutto questo “è ancora notte”, la tecnica stessa diventa una nuova “pietra tombale” sotto la quale l’umanità si sta volontariamente rinchiudendo, costringendo dunque il Pastore a evocare con una certa ambiguità l’intervento divino: «Manda il tuo angelo, o Signore, e fa che la nostra notte si illumini come il giorno».

Non so se tali parole possano essere interpretate solo sub specie apocalypsis. Di certo è singolare che taluni concetti non siano stati recuperati nemmeno quando la Chiesa ha abbracciato quasi con spirito di crociata un’ideologia “regressista” che è culminata nelle follie green bergogliane. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che sull’ultimo Papa preconciliare sia calata la damnatio memoriae, o forse sussiste in effetti un richiamo potente ai tempi ultimi che i chierici “modernisti” (solo a livello teologico, ché nessuno di loro disdegna di avvalersi degli ultimi ritrovati della tecnica) respingono quasi per istinto come poco umanitario e filantropico e caritatevole ecc…

Pubblicità

AVVERTENZA (compare in ogni pagina, non allarmatevi): dietro lo pseudonimo Mister Totalitarismo non si nasconde nessun personaggio particolare, dunque accontentatevi di giudicarmi solo per ciò che scrivo. Per visualizzare i commenti, cliccare "Lascia un commento" in fondo all'articolo. Il sito contiene link di affiliazione dai quali traggo una quota dei ricavi. Se volete fare una donazione: paypal.me/apocalisse. Per contatti bravomisterthot@gmail.com.

2 thoughts on “Un Papa per la fine del mondo: l’ultimo discorso di Pio XII e l’apocalisse nucleare

  1. Il progresso è “regresso”.

    Se il Vaticano eleggerà un altro papa super progressista in questi tempi di “reazione popolare” sarà la volta che le chiese cattoliche si svuotano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.