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Una quattordicenne americana si rivolta contro il mondo moderno

Soph è il nickname di una quattordicenne appena finita nel mirino di un certo Joseph Bernstein (apperò), che su “Buzzfeed” la accusa di essere la portavoce dell’estrema destra (YouTube’s Newest Far-Right, Foul-Mouthed, Red-Pilling Star Is A 14-Year-Old Girl, 13 maggio 2019). La ridicola denuncia, che ha già fruttato decine di migliaia di iscritti al canale Youtube della “malcapitata”, proviene da un tizio finora noto soltanto per aver auspicato l’uccisione casuale di maschi bianchi etero. In particolare Bernstein si è concentrato sul video Be Not Afraid, che in effetti è stato poco dopo rimosso da Youtube, nel quale Soph oltre a insultare l’islam indossando un burqa si esibisce in un impietoso identikit del progressista medio odierno. Ora, al di là di tutti i discorsi che si potrebbero fare sulla cosiddetta “Generazione Z” (la quattordicenne è diventata già un idolo delle varie destre “alternative” ed è stata intervistata dal noto Alex Jones, peraltro esprimendo concetti assolutamente condivisibili), ciò che mi colpisce del video incriminato (che ripropongo qua sotto nella versione “di riserva” messa su Bitchute) è lo stile: la spietatezza dell’analisi e la lucidità della dissezione, la volgarità e la sfrontatezza ai limiti dell’incoscienza che confluiscono in un “sermone” per certi versi storico. Chi tra noi avrebbe mai avuto il coraggio di parlare così? E Greta Thunberg muta!

«Il loro obiettivo non è combattere le tue idee ma farti sentire come li ha fatti sentire quella  ragazza che li ha respinti, perché nelle loro testoline essere socialmente emarginato è la cosa peggiore che possa capitare. In parole povere, costoro vorrebbero essere la ragazza che li ha rifiutati anni fa e il loro scopo e farti sentire come loro si sono sentiti: inadeguati».

«C’è un motivo per il quale i progressisti fanno sempre riferimento a un “gruppo” [nei confronti del quale uno si dovrebbe vergognare]: gli uomini in genere tendono a comportamenti anti-sociali più delle donne, non hanno paura del conflitto né temono di esprimere opinioni non alla moda. Questi “nani dello spirito” invece sono effeminati, quindi si riferiscono sempre alla mentalità di gruppo e ti attaccano affermando che le tue opinioni non sono apprezzate nel loro gruppo e che dovresti rammaricarti per questo. Ciò rappresenta un duplice errore, perché non solo non hanno realmente un gruppo a cui fare riferimento, ma anche perché è comunque un esercizio inutile, dal momento che la verità è anti-democratica e la popolarità è un criterio irrilevante per distinguere il vero dal falso».

«Anni fa quando la politicizzazione di internet era appena iniziata, le persone impegnate alla “sorveglianza” del web rappresentavano solo una frangia disorganizzata; ora invece hanno formato enclavi allo scopo di terrorizzare il prossimo e porre limiti e condizioni alla libertà di parola. Sono riusciti a suscitare questa paura agitando lo spauracchio dell’emarginazione sociale, sono riusciti a “sintetizzare” la paura: più le persone diventano dipendenti dalla dopamina dei retweet e dei like, più aumenta la loro sensibilità verso le reazioni negative. Perciò, quando vengono tacciate di “nazismo” o “sessismo”, esse si sentono quasi per morire. Chiaramente queste etichette non significano nulla, ma acquistano valore non tanto perché all’individuo spiace di pensarla in una certa maniera, quando perché teme che le sue opinioni lo rendano “impopolare”».

«Potete frignare quanto volete per provare a impedirmi di divulgare le idee in cui credo, ma non servirebbe a nulla sia perché sono vaccinata alle vostre cazzate, sia perché la Generazione Z non è quella dei Millennial cresciuti con MTV che oggi guardano Colbert. Noi siamo cresciuti con internet dunque non abbiamo nessuna fonte di informazione centralizzata che può controllare ciò che pensiamo. Possiamo “filtrarci” la verità da soli».

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