A quanto pare i nostri rappresentanti non hanno ancora capito come funzionano le cose giù a Bruxelles: non riescono a vedere, dietro le mosse “tecniche” della Nouy, la volontà tedesca di testare l’Unione fino al limite di rottura (è una delle conseguenze delle loro ultime elezioni), non senza prima garantirsi un bottino di guerra (tutte le “banchette” italiane che riusciranno ad accaparrarsi) nel caso i conflitti si rivelino insanabili.
A livello economico e politico, stiamo assistendo a una riedizione del bail-in: un’altra mossa per espropriare quel che resta del risparmio italiano col miraggio dell’unione bancaria. È come la storia dell’asino con la carota: nonostante la Germania dichiari apertamente di non volere alcuna garanzia comune sui depositi o mutualizzazione dei debiti, i contribuenti italiani sono stati costretti dalla propria classe politica attraverso il famigerato MES a far rientrare le banche tedesche e francesi dall’esposizione in Grecia, per poi assistere infine alla distruzione del proprio sistema bancario (col cosiddetto “salvataggio interno” di cui sopra).
Ora invece, dai toni apocalittici si intuisce che il percorso sta per essere completato e dunque anche le reazioni si fanno meno indolenti: il sistema italiano è destabilizzato e dissanguato, i crediti deteriorati stanno per essere razziati al prezzo più conveniente e il patrimonio bancario verrà incamerato con un semplice addendum. Persino l’atteggiamento di Berlino, del resto, sembra farsi più sprezzante: nel lasciare il suo posto di Ministro delle finanze (ancora in seguito alle ultime elezioni tedesche, tutt’altro che un “trionfo” della Merkel), Wolfgang Schäuble ha voluto fare il verso a Draghi, ribaltando completamente di significato il suo Whatever it takes: altro che Quantitative Easing, costoro anelano a «una misura prociclica, in netta contraddizione con la politica monetaria espansiva ed anticiclica della stessa Bce» (sto citando Confindustria…).
Torniamo allora alla Mme Nouy da cui siamo partiti, ripartendo dal Manoscritto trovato a Saragozza (in realtà a Madrid) della tecnocrate (tecnocrata?) francese: si tratta del testo di una conferenza tenutasi pochi giorni fa (il 27 settembre), Too much of a good thing? The need for consolidation in the European banking sector. Anche chi è completamente digiuno di economia (o è stato messo a digiuno da essa), può comprendere da questo intervento che cosa non funziona in “Europa”.
In sostanza, la Nouy sostiene che il settore bancario è “come il cioccolato” (?): i poveri ne mangiano troppo e stanno male, quindi serve che i grandi cioccolatai divorino i cioccolatini attraverso le “fusioni transfrontaliere” [cross-border mergers].
Nel primo capitoletto, la Nouy deplora il numero eccessivo di «ingegneri e fisici che si sono rivolti alla costruzione di strumenti finanziari quando avrebbero potuto risolvere i problemi del mondo reale». Sinceramente, un pensiero intriso di così basso moralismo fa violenza allo stesso idioma in cui lo si esprime: sembra quasi che l’eurocrazia voglia smentire l’ipotesi di Sapir-Whorf sulle possibilità che la lingua influenzi il modo di ragionare. Addio pragmatismo anglosassone, quindi: ben venga un po’ di sana e santa ingegneria sociale (così finalmente anche gli ingegneri serviranno a qualcosa nel “mondo reale”!).
In secondo luogo, la Nouy propone la fusione delle piccole banche dei Paesi deboli con le grandi banche dei Paesi forti, come passaggio fondamentale per favorire l’integrazione. Qui ci avviciniamo all’unica vera regola che ispira l’Unione Europea: Fiat iustitia et pereat mundus. Affinché il “mercato europeo” funzioni liberamente, bisogna indirizzarlo verso una “libertà” dal retrogusto russoviano. I paradossi risaltano dalla stessa retorica della Nouy: dal momento che «ci sono troppe banche che competono per i clienti», la BCE deve favorire le fusioni transfrontaliere obbligando le banche «a superare i confini nazionali e le barriere culturali e linguistiche»; il tutto, però, «lasciando il consolidamento alle forze del mercato». Alla faccia di chi sostiene che “in Europa comandano i mercati”, se non ci si fa scrupoli a distruggere qualsiasi mercato per “fare l’Europa”…