Uno scrittore ha combattuto a fianco dei serbi (ma non è Peter Handke!)

Peter Handke ha vinto il Nobel ma ancora non riusciamo a parlare dei suoi libri perché prima va almeno un po’ arginata la prevedibile colata di merda polemiche riversata sul povero scrittore. Ad aprire le danze, Pigi Battista sul “Corriere”, al quale abbiamo ricordato che se Handke era un sostenitore di Milosevic lui nel 1999 sarebbe potuto apparire direttamente come un cetnico, considerando quello che scriveva sulla prima pagina de “La Stampa”:

Ritratto del Battista da giovane: perché “Pigi” dovrebbe vergognarsi del suo attacco a Peter Handke


Poi sono spuntati fuori decine di appelli, dalle mamme di Srebrenica al presidente dell’Albania, per la “revoca immediata”: anche sul famigerato change.org è comparsa la solita petizione internazionale, corredata dalla foto di un paramilitare serbo che prende a calci i cadaveri di due bosniaci, sulla quale vorrei soffermarmi un momento.

Immagine terribile, come quella dei secchi che i mujaheddin (non solo bosniaci, ma anche afghani e sauditi) riempivano delle teste staccata ai civili serbi o delle infinite sevizie a cui sono stati sottoposti i corpi martoriati degli abitanti della Republika Srpska.

Il gesto tolto dal suo contesto, è ovviamente ripugnante, ma, senza voler giustificarlo in alcun modo, dovremmo tuttavia soffermarci anche a riflettere su cosa abbia visto quel soldato in una guerra civile per non avere alcuna pietà dei cadaveri. Esiste peraltro anche una spiegazione più semplice e forse anche più “pietosa” (per così dire…), avanzata da alcuni esperti in militaria che ho contattato personalmente: l’uomo in mimetica starebbe sincerandosi nel modo più sbrigativo possibile del fatto che quelle persone siano effettivamente morte per poter imbottire di esplosivo i loro corpi e tendere una trappa ai nemici quando accorreranno a rimuovere i cadaveri.

Questo solo per dire che non si può continuamente dividere il mondo in “buoni” e “cattivi”, soprattutto quando si parla di una guerra civile: altrimenti invece che la revoca del Nobel ad Handke, tanto varrebbe gettare Tucidide nel cestino della storia (ma forse lo abbiamo già fatto?).

Ma torniamo ad Handke: il crimine contro l’umanità dello scrittore sarebbe quello di… aver scritto libri. L’accusa surreale mi fa tornare in mente un altro scrittore che invece è andato nella Repubblica Serba fianco a fianco con Karadžić proprio per sparacchiare un po’! Sto parlando del russo Eduard Limonov, le cui imprese nei Balcani sono immortalate non solo nella strampalata e bellissima biografia di Emmanuel Carrère (edita in Italia da Adelphi), ma anche da alcuni video circolanti persino su Youtube.

Di fronte all’eleganza e alla sobrietà di Handke, Limonov ricorda quei momenti col suo stile da “cazzone” (perdonate il francesismo), come se stesse giocando: “Il piacere della guerra è innato negli uomini come quello della pace, ed è un’idiozia volerli mutilare di questo piacere”; “uccidere un uomo in un corpo a corpo è come farsi inculare: qualcosa che almeno una volta nella vita devi provare” eccetera eccetera…

Ora, è un dato di fatto che l’unico motivo per cui in Italia conosciamo Limonov (i cui libri sono stati tradotti a singhiozzo da editori minori solo in tempi recenti) è perché il “Corriere”, cioè l’impero editoriale a cui esso appartiene, lo abbia “spinto” in tutti i modi negli anni in cui sembrava rappresentare un pezzo dell’opposizione a Vladimir Putin. In realtà, dal punto di vista politico, non era che una specie di Mishima nazi-bolscevico, le cui argomentazioni sono sempre state troppo “letterarie” (eufemisticamente parlando, in realtà tutte stronzate) per ritrovare il benché minimo scontro nell’arena politica russa.

Eppure di Limonov è rimasto il “santino” anti-putiniano, dunque nessuno, nemmeno al cospetto dell’ennesima intervista demenziale, si può permettere di alzare il ditino (Pigi, per dirne uno a caso, non lo ha mai fatto). Un altro motivo per cui “piace alla gente che piace” (badate bene che non sto comunque giudicandone le capacità letterarie) è proprio il fatto che non riesca in alcun modo ad articolare una posizione politica coerente, cosa che invece Peter Handke ha fatto per anni: da tale prospettiva uno come Limonov va benissimo per offrire un ritratto dei serbi nelle guerre civili come fascisti, “dannunziani”, fanatici nichilisti apocalittici ecc…

Handke invece, seppur non esente da un qualche “sentimentalismo” (ma solo estetico e non politico), si è comunque schierato dalla parte dei serbi non per la “voce del sangue”, il panslavismo, l’odio anti-occidentale o altre trovate patafisiche, ma per un criterio di “giustizia” che a suo parere era stato violato. E ciò dovrebbe spiegare alla fin fine il motivo di così tanto odio.

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