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L’uomo che non ha mai visto una donna in vita sua

L’articolo qui sopra, tratto dallo “Edinburg Daily Courier” del 29 ottobre 1938 e recuperato dall’internet come “curiosità”, è dedicato alla memoria di Mihailo Tolotos (1856–1938), monaco ortodosso che detiene il guinness per non aver mai visto una donna: sua madre morì mettendolo alla luce ed esattamente il giorno dopo fu portato al Monte Athos (luogo proibito alle donne dal 1046), dove trascorse la sua intera esistenza.

Le battute si potrebbero sprecare (Tolotos fu l’uomo più fortunato o sfortunato del mondo?), tuttavia la vicenda, al di là del netlore, si interseca con una vera e propria “ferita aperta” per la mentalità contemporanea: non a caso l’Unione Europea, appena ottenuta capacità operativa, ha iniziato una sorta di “guerra santa” contro le antichissime regole della Repubblica monastica greca (considerata anche Patrimonio dell’umanità dall’Unesco).

A tal proposito è nota la risoluzione del 15 gennaio 2003 presentata dall’eurodeputato franco-senegalese Fodé Sylla (socialista e mussulmano) sui “diritti basilari” nell’Ue:

“Requests the lifting of the ban on women entering Mount Athos in Greece, a geographical area of 400 km2, where women’s access is prohibited in accordance with a decision taken in 1045 by monks living in the twenty monasteries in the area, a decision which nowadays violates the universally recognised principle of gender equality, Community non-discrimination and equality legislation and the provisions relating to free movement of persons within the EU“.

Come si vede, l’eurocrate ha snocciolato tutti i dogmi della sacra dottrina bruxellese: parità di genere, inclusione e libera circolazione delle merci delle persone (ma per loro in fondo sono la stessa cosa).

Sappiamo però che a bruciare è soprattutto l’idea che esista un solo luogo al mondo in cui le donne non possono avere accesso: il tema dell’occupazione dei male spaces è d’altro canto un cavallo di battaglia dell’androsfera americana, che vive questi problemi in maniera molto più cocente di noi “europei del sud”.

Le polemiche, ad esempio, riguardano l’adeguamento di ambienti di lavoro tradizionalmente “maschili” alle esigenze femminili (quote rosa, corsie preferenziali, terrorismo psicologico pre- e post- #metoo), la “colonizzazione” del mondo dello sport (questione che sta velocemente affiorando anche dalle nostre parti), la delimitazione dei luoghi domestici in cui gli uomini possono passare qualche ora per riprendersi dalla vita coniugale, e addirittura lo smantellamento del bar come luogo di socializzazione maschile (non è una boutade, le donne sin dalla fine del XIX secolo furono in prima fila nelle crociate proibizioniste); il problema è naturalmente sentito anche dalla comunità afroamericana (che almeno può pure permettersi di essere molto più machista e diretta degli omologhi WASPs).

Dunque, se vi capiterà ancora di imbattervi nel necrologio del buon Tolotos (magari ridotto a meme), non illudetevi che la sua storia sia solo una barzelletta: è la storia di tutto noi, di chi non vuole essere schiavizzato dalla coniuge, di chi non vuole essere falsamente accusato di molestie in ufficio, di chi non accetterebbe mai vedere trasformato il “campionato più bello del mondo” in un torneo di calcio misto… voglio proprio vedere l’italiano medio alle prese con quest’ultimo punto, se avrà ancora coraggio di affermare che le rigide regole dell’Avaton sono pura superstizione!

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