Il ragionamento da cui voglio partire è piuttosto semplice: se le ultime elezioni americane sono state “rubate” dai democratici tramite brogli, non si capisce quali chance avrebbe Donald Trump di tornare nuovamente alla Casa Bianca. La stessa “base” repubblicana che lo ha riproposto è del resto convinta che la stolen election del 2020 sia una “verità assoluta” e che proprio l’assenza di conseguenze, se non legali almeno mediatico-politiche, la renda un’altra volta possibile.
Dunque non si capisce a cosa punti il cosiddetto “esercito MAGA”: all’imposizione della legge marziale in seguito a ulteriori brogli? Oppure a un rinnovato “assalto al palazzo” questa volta con l’assenso del caro vecchio Donald? Senza evocare scenari apocalittici, i repubblicani in questi anni avrebbero potuto premere per l’adozione di meccanismi di controllo più stringenti, specialmente negli Stati come Michigan, Wisconsin, Arizona, Pennsylvania e Georgia che più hanno sollevato sospetti nell’ultima tornata.
Oppure, ancor meglio, una campagna per l’abolizione di sistemi obiettivamente controversi come il mail-in voting (il cosiddetto “voto per corrispondenza”) e il ballot harvesting (altra follia americana, letteralmente delle scatole di cartone che vengono poi svuotate da qualche addetto…). Invece a questo giro sarà ancora peggio, perché i democratici hanno adibito “corsie d’emergenza” per gli immigrati clandestini, in una sorta di versione for dummies delle nostrane “primarie del pd”.
Le pie speranze dei trumpiani sono che il loro eroe vinca con circa il 99,9% dei consensi, così da rendere materialmente quasi impossibile la “correzione” delle schede. Quasi, per l’appunto, perché già quattro anni fa i dem hanno dimostrato di poter secretare il conteggio (che comunque dovrebbe essere “pubblico”) anche a fronte di una minaccia inesistente di “assalto trumpiano”, come è successo a Detroit dove gli scrutatori hanno letteralmente coperto la visuale con dei cartoni…
Perciò, Trump potrebbe ottenere il 100% dei voti negli swing states, ma ciò non fermerebbe la “frode”. Da un’altra prospettiva, proprio il convitato di pietra della fraud dimostra indirettamente che le elezioni americane non sono decise dal conteggio dei voti. Ciò significa che Trump potrebbe comunque “vincere” almeno in tal senso, cioè venire nominato Presidente in virtù della cabala.
Prima del 7 ottobre 2023, non c’era motivo per credere che l’élite avrebbe voluto un ritorno dell’impresentabile Donald al potere. Ora però c’è una ragione importante per rivalutare l’ipotesi: Trump è un irriducibile sostenitore di Israele. Allo stato attuale nessun americano vorrebbe un’altra guerra in Medio Oriente, tuttavia è un dato di fatto che Israele abbia un’influenza incommensurabile sulla politica estera americana attraverso vari tipi di meccanismi, dei quali il più importante sono i finanziamenti (ma anche i ricatti sessuali stile Epstein non ricoprono una parte secondaria).
Donald Trump è stupido, ma non così tanto da non essere al corrente che chi comanda realmente in America può far vincere uno o l’altro candidato con qualsiasi trucco. Israele potrebbe per esempio valutare l’impatto della figura del tycoon sulla stragrande maggioranza della “carne da cannone”, cioè quei giovani maschi bianchi americani che su invito del loro idolo potrebbero mettersi ordinatamente in fila davanti ai centri di reclutamento militare. La magnetica leadership di un Trump potrebbe convincere la meglio gioventù americana a morire nell’ennesima guerra per Israele.
Secondo un commentatore americano di estrema destra, ci saranno molti ebrei progressisti che sosterranno in segreto Trump per proteggere Israele come “un uomo affamato si trova costretto a praticare il cannibalismo”.
D’altro canto, la maggior parte delle obiezioni sollevate dalla comunità ebraica americana contro Trump riguardano promesse elettorali che il Presidente repubblicano si è guardato bene dal realizzare: il “dittatore”, per esempio, non ha prosciugato la palude (anzi, ha cooptato i suoi elementi peggiori per pararsi le chiappe); non ha costruito il muro, né deportato in massa gli immigrati clandestini; non ha posto fine al conflitto con la Russia (anzi, ha inviato armi all’Ucraina dopo che Obama si era rifiutato); non ha sciolto la NATO; non ha fermato le violenze di Black Lives Matter; non ha impedito i lockdown contro il coronavirus (anzi, ha sostenuto la campagna di vaccinazione di massa).
In politica estera, poi, il Presidente repubblicano ha portato avanti molte politiche neoconservatrici, inclusa l’escalation contro l’Iran e la guerra saudita contro gli Houthi. Da una prospettiva più generale, Trump ha obiettivamente fatto più per Israele che per l’America, dando allo Stato ebraico la sovranità sulle alture di Golan, spostando l’ambasciata americana a Gerusalemme e organizzando i cosiddetti Accordi di Abramo, attraverso un osceno sistema di “incentivi” (=mazzette) alle nazioni arabe.
Il povero Joe Biden è diventato un’incognita, perché in teoria la sua amministrazione sostiene Israele tanto quanto farebbe un’amministrazione Trump. Il problema è che a nessuno dei suoi elettori piace Netanyahu e ognuno di essi si sente legittimato a ricordaglielo ogni giorno. Al contrario, si può amaramente osservare che se Trump fosse stato Presidente, in questi quattro anni la sua presenza avrebbe sedato le proteste pro-Palestina anche semplicemente dirottando i manifestanti verso i baccanali vandalici di Black Lives Matter.
La stabilità interna degli Stati Uniti è il dato essenziale, a livello internazionale (cioè israeliano), delle elezioni del 2024: una figura come Biden porterebbe, indirettamente o meno, troppa gente nelle piazze, e questa valutazione è indipendente dal credo politico. Alla luce del primo dibattito tra i due candidati (tenutosi “inspiegabilmente” a giugno), c’è la possibilità concreta che il vecchio Joe possa essere sostituito da qualcun altro, come Gavin Newsom (anche se molti affermano che Michelle Obama sia il nome più papabile, perché in tempi difficili serve sempre un vero uomo). Se ciò accadesse, potrebbero concretizzarsi le condizioni di possibilità per una vittoria democratica; altrimenti, alla luce di quanto osservato finora, si potrebbe tranquillamente scommettere su una nuova presidenza Trump.
Per il resto, tutto può succedere, ovviamente: Biden potrebbe morire improvvisamente prima delle elezioni e Trump dopo di esse, oppure potrebbe esserci un attentato terroristico o un conflitto imprevedibile in Medio Oriente.