Recentemente un best seller dell’Italia anni ’60, Il vero psichiatra del dottor Frank Caprio (1906-1995), volume di divulgazione rigorosamente ancorato allo “stato dell’arte” dell’epoca, è diventato per taluni opinionisti una delle testimonianze più compromettenti dell’omofobia “dei tempi oscuri”. Vediamo allora quali sarebbero le pagine “incriminate” del povero psichiatra americano:
«L’omosessualità costituisce oggi uno dei più importanti problemi sociologici della civiltà moderna. Si riscontra in persone di tutti i ranghi e stadi della vita: il ricco e il povero, l’ignorante e l’intellettuale, lo scapolo e l’ammogliato, il giovane e il vecchio.
L’omosessualità è il sintomo di una nevrosi profondamente radicata che può risalire a una relazione nevrotica con certi membri della famiglia. Non è né una condizione ereditata né una malattia organica. La medicina tende a negare l’esistenza d’una causa ghiandolare per l’omosessualità. È una forma di comportamento sessuale acquisita e frutto di forze psicologiche anziché fisiologiche. Quantunque siano virili e fisicamente sani, forniti di normali organi sessuali, gli omosessuali sono incapaci di provare un normale desiderio per il sesso opposto. Ve ne sono, naturalmente, bisessuali e capaci di rapporti sessuali con ambo i sessi. Molti, anzi, si sposano, per mascherare le loro tendenze omosessuali; alcuni lo fanno con la speranza che il matrimonio possa rappresentare una soluzione al loro problema: sperano cioè che, finché avranno accesso ai rapporti eterosessuali, sfuggiranno alle occasioni d’essere attirati alle pratiche omosessuali.
Non v’è una teoria unica che possa spiegare adeguatamente la causa di questa aberrazione. Quello che può spingere un individuo alle pratiche omosessuali può non essere valido per un altro. Un gran numero di fattori contribuisce a far sì che un bambino sviluppi o no tendenze omosessuali: l’influenza dei genitori, esperienze di carattere sessuale durante la puerizia e all’inizio dell’adolescenza, sentimenti d’inferiorità associati a svantaggia specifici e a relazioni personali con l’ambiente familiare; come pure una suscettibilità alle influenze della società in cui si vive, e il trovarsi esposti a situazioni che minacciano il senso di sicurezza, come la morte della madre o del padre, l’incompatibilità dei genitori che porta al divorzio, o l’influenza di genitori nevrotici o psicopatici.
Dobbiamo alla psicoanalisi una migliore comprensione della psicologia dell’omosessualità. È stato dimostrato, ad esempio, che i caratteri omosessuali nell’uomo si sviluppano spesso come risultato del forte attaccamento d’un figlio alla madre: quello che Freud chiama “complesso di Edipo”. Un figlio può sviluppare caratteri femminili perché s’identifica con la madre o con la sorella e le imita. Talvolta i genitori stessi incoraggiano queste identificazioni fra i loro figlioli, senza avere idea delle possibili conseguenze nel loro sviluppo. Su ciò Clara Thompson ci informa: “Una importantissima influenza determinante nello sviluppo dell’omosessualità consiste nel fatto che il bambino è conscio che il suo sesso è stato una delusione per i genitori (o per il genitori più importante), specialmente se il loro disappunto li spinge a trattare il bambino come se fosse del sesso opposto”.
Le madri son colpevoli, talvolta, d’infettare i loro figli di “mammismo”, per usare il termine del dottor Strecker. Queste “mammine” troppo sollecite non capiscono che l’eccesso d’amore riversato su un figlio maschio equivale a troppe zollette di zucchero in una tazza di caffè: lo fanno diventare stucchevole. I ragazzi, in genere, si ribellano a queste madri che vogliono fare di loro il sostituto del marito; non vogliono farsi chiamare “femminucce” dagli altri ragazzi. Questo sentimento fondamentale d’inferiorità nel figlio, coccolato da una madre che ha buone intenzioni e che tuttavia gli fa del male, incide fortemente nell’adolescenza e nella vita adulta.
L’omosessualità è una manifestazione d’immaturità sessuale. Gli omosessuali sono, per la massima parte, sessualmente immaturi, nevrotici, bambini, in fondo in fondo assetati d’amore e frustrati; tendono ad aver paura dell’altro sesso. Il loro comportamento sessuale rappresenta una regressione all’infanzia, una fuga dalle responsabilità biologiche che l’individuo eterosessuale è pronto ad assumersi. Sono narcisisti, in quanto valutano innanzi tutto i loro piaceri, senza riguardo a quello che pensano gli altri della loro condotta.
Gli omosessuali non comprendono le loro motivazioni inconsce. Gli omosessuali, in quanto gruppo, non comprendono il loro “inconscio”: perciò trovano difficile disciplinare se stessi con successo. Molti omosessuali dichiarati negano di provare un senso di colpa alle loro pratiche, ma soffrono d’una quantità di disturbi nevrotici per i quali cercano il consiglio del medico. Possono lamentare stati di depressione, cefalee, stanchezza, insonnia, disturbi della digestione, dolori intorno al cuore, svenimenti, vertigini e così via. Vanno dal loro medico per cercar sollievo ai loro mali, e non comprendono la parte che l’ansia e la colpa rappresentano nello sviluppi dei sintomi di cui si lagnano. Qualche volta le esperienze omosessuali possono portare alla precipitazione d’una psicosi. Ce n’è a sufficienza per giustificare una cura psichiatrica.
Pseudonarcissismo. Nel tentativo di supercompensare sentimenti d’inferiorità, molti omosessuali arrivano a uno stato di pseudonarcissismo (falsi sentimenti di superiorità). Essi costituiscono gli pseudointelletuali che amano vivere nei quartieri artistici delle grandi città, occupandosi più o meno adeguatamente d’arte e di letteratura. Quantunque alcuni siano veramente dotati e abbiano talento, molti purtroppo ve ne sono che non raggiungeranno mai il successo per la frustrazione e l’infelicità croniche che si nascondono alla base del loro comportamento. Essi giustificano la loro omosessualità portando ad esempio il comportamento di alcuni dei più grandi artisti e scrittori della storia.
Un’acconcia educazione sessuale resa accessibile nelle nostre scuole e nelle nostre università potrebbe far molto per prevenire l’omosessualità. Condizioni d’origine psicologica possono essere trattare con successo solo da metodi psicologici. Perciò la psicanalisi offre oggi all’omosessuale la speranza d’una guarigione duratura facendogli comprendere le cause psicologiche dell’aberrazione da cui è affetto»
(Frank Caprio, Il vero psichiatra [Helping Yourself with Psychiatry], tr. it. B. Boffito Serra, Longanesi, Milano, 1966 [ed. or. 1957], pp. 178-180)
Il motivo del “successo” è in verità frutto di un equivoco: per certi versi lo stesso di chi, dall’altra sponda (absit iniuria verbis), potrebbe utilizzarle per dimostrare che la questione dei diritti dei gay fa parte di un “salto di paradigma” e dunque non può essere sostenuta tramite apporti scientifici.
Vorrei spezzare una lancia a favore del dottor Caprio ricordando che, nonostante considerasse l’omosessualità una piaga da estirpare, egli fu tutt’altro che un retrogrado o un bigotto: al contrario, i suoi libri propiziarono per giunta la cosiddetta “rivoluzione sessuale”, negli Stati Uniti come in Italia.
Dopo tale precisazione si può forse inquadrare più limpidamente tale “avversione”: nell’ottica della liberazione dell’eros, lo psichiatra concepisce l’omosessualità come una malattia che “ingabbia” le potenzialità dell’essere umano, tanto che allo scopo di “prevenirla” consiglia appunto «un’acconcia educazione sessuale resa accessibile nelle nostre scuole e nelle nostre università».
Aggiungiamo che Frank Caprio all’epoca era senza dubbio considerato un progressista, un liberal: un altro suo volume di successo, Sex and Love. A guide to sex health and love happiness del 1959 (tradotto in italiano da Longanesi col titolo Sesso e amore nel 1965) è una specie di kamasutra per palati poco fini, nel quale abbondano descrizioni delle più efficaci posizioni erotiche. Certo, anche qui l’omosessualità è considerata un ostacolo al raggiungimento della maturità, fonte di «situazioni morbose di ansia e conflitti» (p. 157) e intralcio al «desiderio di una normale relazione di amore con l’altro sesso» (p. 237). Questo però esclude appunto che per Caprio si trattasse di una questione di “peccato” o di “comune senso del pudore”: il dottore parlava sempre di liberazione dell’eros, seppur in una prospettiva matrimoniale (anche se ovviamente non era nemmeno contrario al divorzio).
Perciò, per quanto paradossale possa sembrare, il “vero psichiatra” era più vicino alle ragioni degli “omofili” d’oggi che a quelle degli “omofobi” dell’epoca: dal che potremmo trarre tantissime conclusioni, ma preferiamo fermarci qui (anche perché, per il clima “politicamente corretto” attuale, abbiamo già detto abbastanza).