Devo ammettere che queste elezioni americane, seppur considerate da Elon Musk le più importanti della storia, non mi appassionano affatto. I motivi sono innumerevoli e non saprei nemmeno da dove iniziare. In primo luogo, il Trump del 2024 sta a quello del 2016 (e in parte anche a quello del 2020) come il primo Joker sta al Joker II (la battuta è di Nick Fuentes ma in realtà io l’avevo già fatta nei confronti del Ministro Giuli prima e dopo l’avvento al governo, quindi è come se fosse mia).
Anzi, la situazione è ancor più compromessa, poiché parliamo della brutta copia di una brutta copia, in quanto la famigerata “Amministrazione Trump” degli anni ruggenti che doveva trasformare l’America nel Fourth Reich è stata sequestrata e dirottata dall’establishment repubblicano, dalla mafia neocon, dalla lobby sionista e infine dai tecnocrati pandemici.
Dopo la sconfitta del 2020, i trumpiani di ferro avevano infatti cercato di purgare l’entourage del vecchio Donald dai traditori attraverso il cosiddetto Project 2025, che ora è diventato lo spauracchio “fascista” della stampa progressista (ma anche conservatrice “integrata”), mentre in verità era un timido tentativo di far rispettare almeno un paio di punti del programma con cui il repubblicano sarebbe stato eventualmente eletto.
E a proposito di programmi, consiglio il recente video di Progetto Razzia che si è preso la briga di leggere (o almeno scaricare) i pdf che i partiti hanno presentato come “piattaforma” e che rispecchiano obiettivamente l’elettorato: il programma di Trump sembra “una roba stampata in ufficio da qualche boomer“, quello della Harris invece è pieno di immagini e lucine come una sauce di Reddit.
Donald promette deportazioni, deportazioni e deportazioni, e meno tasse per tutti. Kamala ha già preparato gli assegni per i blacks (“negri” in italiano) che voteranno per lei. Il resto è abbastanza trascurabile, come sono trascurabili i risultati di qualsiasi elezione americana, nel momento in cui nella metà degli Stati non è richiesto un documento per votare.
A me non piace fare il fenomeno, quindi vi dirò la verità: di questa cosa non me ne sono davvero reso conto se non nel 2020 quando il mitico Donald ha fatto il solito casino. E per giunta in quel caso il problema non riguardava tanto la questione dell’identificazione degli elettori, quanto i presunti brogli realizzati tramite il voto a distanza e quello elettronico. Invece, nelle altre tornate, l’andazzo di potersi presentare in un seggio in California o a New York e dichiarare eventuali generalità per votare era prassi consolidata da decenni, se non secoli.
E però ora c’è Federico Rampini che sul Corriere scrive “Io l’ho sempve saputo, sono elettove amevicano da tanti anni e a New Yovk si avvabiano se gli mostvo un documento” (sì, scrive anche con la erre moscia). beh, sticazzi, se lo hai sempre saputo potevi anche avvertirci prima e non a fine 2024. Naturalmente per lui i dubbi dei repubblicani sono solo “complottismo”, anche se allo stato attuale un venezuelano appena arrivato nell’Illinois potrebbe presentarsi come John Smith e votare democratico (peraltro anche Rampini ha dichiarato la sua scelta per Kamala nel cosiddetto “voto anticipato”, altra trovata yankee).
Ma vabbè. L’importante è che nessuno faccia il saputello venendomi a dire “Che sfighy che sei, ignori il Segreto di Pulcinella dell’imperialismo americano e vuoi fare il Dario Fabbri dei poveri“. Siate sinceri e ammettete che nemmeno voi sospettavate che la situazione fosse realmente questa. Per quanto mi riguarda, finora avevo semplicemente capito che per i negri sussistesse un occhio di riguardo, perché sono stupidi e sfaticati e gli pesa letteralmente il culo di andare a farsi un documento (tra l’altro il 20% di loro non ha nemmeno la patente, nonostante probabilmente possegga un veicolo – e una pistola).
Questo mi era chiaro, anche dal tenore degli argomenti con cui i democratici difendono il diritto a non avere un documento: in pieno 2024 si invoca ancora il periodo schiavista come eredità indelebile che impedirebbe a ogni nuova generazione di afro-americani di richiedere un certificato di nascita (sì, questo è il livello del dibattito).
Il discorso lo avevo afferrato nel momento in cui Barack Obama aveva fatto uno sforzo colossale per obbligare i negretti ad andare a “registrarsi” (altro punto dolente: si vuole “facilitare” l’accesso al voto ma pur di non richiedere un documento valido si domanda di seguire una procedura bizantina settimane prima delle elezioni). Tuttavia, il “dettaglio” non mi aveva impensierito più di tanto per il semplice motivo che, appunto, i negri in generale non votano e dunque il loro peso nella bilancia democratica viene ingigantito solo a scopi propagandistici (parlare continuamente di negri negri negri per far sentire i bianchi una minoranza ideologica).
In questi anni è invece emerso un sistema demenziale che non offre alcuna garanzia contro brogli e magheggi: senza tema di esagerazione, si può affermare che le primarie del PD siano infinitamente più sicure di un’elezione statunitense, nel momento in cui almeno si devono pagare 2 euro (molti latinos non li sborserebbero nemmeno se glieli dessero i “committenti”). Perciò ringraziamo il grande Trump di averci aperto gli occhi sull’ennesima truffa rappresentata dalla “più grande democrazia del mondo”: the system is rigged, il giuoco è truccato.
Per il resto, un criterio valido per predire il nome del vincitore potrebbe essere rappresentato dalle quote offerte dai vari siti di scommesse: Donald è dato per favorito ovunque (in media 1,60), anche se Kamala (2,25) sembra avere più possibilità di batterlo che non il Napoli di pareggiare in trasferta con l’Inter. Anche rischiandoci mille euro però non vincereste chissà che: a questo punto giocatevi Kamala e pregate che il diavolo, assieme ai clandestini, le gattare, i drogati e i maniaci sessuali le garantisca la vittoria.
Farai un articolo sul esternazione di julia roberts in merito al tradire i propri mariti trumpiani, nei seggi votando per harris?
Ma stasera non c’è Napoli-Inter, è settimana prossima. Comunque imbarazzante Rampini che dichiara il voto per Harris dopo aver passato l’ultimo lustro a spiegare come i democrats woke siano feccia della peggior specie.
Temo vincerà la negra che ride sempre. Non mi aspetto nulla di positivo, d’altronde è paradossale pensare che la nazione che si erige a guardiano della democrazia mondiale abbia un tale sistema elettorale ridicolo e grottesco, così smaccatamente falsato.
Sullo spot di Julia Roberts, anche qui nessun stupore, appurato il livello della donna media occidentale odierna. Ormai la loro ragione di vita è la dissoluzione puttanesca, la vendetta lasciva tutto quel cucuzzaro che va sotto il nome dei “diritti riproduttivi”, o meglio non riproduttivi, libertà di maciullare feti in nome di una fantasticata vita da principessa.
Per carità, libere di farlo – diciamolo per non sembrare “figli sani del patriarcato” – e in fondo è giusto così.
Cercano la pari dignità, e molte donne stanno effettivamente conquistando la dignità che gli è più consona.