Wall of Dolls: le bambole assassinate a Mil’ano

A Mil’ano esiste da anni (ma io me ne sono accorto da poco) un muro offerto dal Comune a una Onlus per appenderci delle bambole allo scopo di denunciare il fenomeno del “femminicidio”.

Questa sorta di “installazione” è stata inaugurata nel 2014 su iniziativa di Jo Squillo e nel corso degli anni ha fatto notizia per un presunto atto di “vandalismo” nel 2020, a quanto pare però causato da dei maranza con i petardi. Noto comunque che su uno degli stendardi all’insegna del sole-cuore-amore (basta che il tutto sia arcobaleno), campeggia la scritta a pennarello “Fuck Antifa”: comprendo che non si può più chiedere a delle donne di pulire un po’, ma chiamassero qualcuno a farlo (magari, perché no, il sindaco in persona?).

Nell’elenco di donne “femminicidate”, non poteva di certo mancare la povera Giulia Cecchettin,

mentre lascia più perplessi la presenza di Pierina Paganelli, una signora riminese che non si sa ancora da chi sia stata uccisa a coltellate ma che difficilmente potrebbe rappresentare un caso di “femminicidio”, se consideriamo il significato che la definizione ha assunto a livello mediatico (che poi è l’unico a conferirle valore, perché come è noto essa non è presente nel nostro codice penale, anche se pare che il governo di ultradestra della Meloni voglia inserirlo a forza nel nostro lessico giuridico)

Per il resto, l’iniziativa è interessante nella misura in cui rientra nella categoria, per l’appunto, dell’interessante, cioè del curioso, se non del grottesco, come dimostra del resto l’attenzione suscitata dal noto “Atlas Obscura” che gli ha dedicato un articolo definendolo eerie, unnerving and upsetting.

Gli stessi toni che il portale, è giusto notarlo, utilizza per la famigerata Isla de las Muñecas, un atollo messicano tra i canali di Xochimilco, che secondo la leggenda sarebbe stato riempito di bambole a partire dagli anni ’50 del secolo scorso da un certo Julián Santana Barrera, che dopo aver trovato il corpo di una bambina annegata in uno dei canali vicini, vide una bambola galleggiare nell’acqua e la appese a un albero in ricordo della piccola vittima. Poco dopo, l’uomo cominciò a sentire voci e sussurri, convincendosi che lo spirito della bambina infestasse l’isola e, per placarlo, iniziò a raccogliere e appendere sempre più bambole. Nel 2001 Don Julián venne trovato annegato nella stessa zona in cui sosteneva fosse morta la bambina.

Stranamente, sembra che a partire dal 2025 l’isola non sia più raggiungibile, o per meglio dire da alcune testimonianze sarebbero emerso i turisti verrebbero “dirottati” su altri atolli (fake islands, afferma “Atlas Obscura”) stipati all’occorrenza di bambolotti per raggirare gli ingenui yankee. I quali, in ogni caso, si lasciano particolarmente coinvolgere da certe attrazioni per la popolarità ottenuta dal fenomeno dell’uncanny valley (l’angoscia suscitata da un oggetto che ha caratteristiche di un essere umano).

Ecco, non che volessi paragonare le due iniziative, tuttavia alcuni studiosi identificano nel collezionismo di bambole rovinate e vecchie una forma di psicopatia, sia nel caso di Don Julián che cercava di esorcizzare le voci nella sua testa tramite questo hobby, sia in quello di chi indulge in un certo feticismo, considerando che rispetto al disturbo di accumulo in tal caso incidono paure irrazionali, superstizioni e credenze paranormali (magari anche solo suggestionate dalla visione di troppi horror).

Plaudo in ogni caso all’iniziativa come incentivo al dark tourism nel Bel Paese.

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