Washington Post: “Il coronavirus è stato creato in laboratorio”, e la stampa internazionale diventa complottista

Sulla scia del Washington Post che ha riportato la notizia (poi ripresa e approfondita da CNN e Fox News) di due rapporti diplomatici americani sulla mancanza di sicurezza del laboratorio di Wuhan, la stampa italiana oggi si è trasformato in un immenso blog complottista…

Come afferma l’avvocato Brendan Carr della Commissione Federale per le Comunicazioni, “Sono abbastanza vecchio da ricordarmi ancora che chi avesse pubblicato queste cose sarebbe stato censurato”.

In effetti il cortocircuito era prevedibile, considerando sia gli interessi a quali risponde la nostra stampa (anche solo in materia di “ispirazione”: i suggerimenti d’oltreoceano risparmiano ore di ricerca e investigazione) sia l’approccio quasi integralmente “complottista” che i governi stanno adottando a scopo propagandistico.

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Come scrive il giornalista Josh Rogin (State Department cables warned of safety issues at Wuhan lab studying bat coronaviruses, Washington Post, 14 aprile 2020):

“I funzionari dell’ambasciata americana si sono recati diverse volte nel biolaboratorio di Wuhan e hanno inviato a Washington due rapporti ufficiali sull’inadeguatezza del centro di ricerche, il quale peraltro stava conducendo studi rischiosi sul coronavirus dei pipistrelli. […] Nel gennaio 2018, l’ambasciata degli Stati Uniti a Pechino ha inviato, con una iniziativa diplomaticamente insolita, numerosi osservatori all’Istituto di Virologia di Wuhan, che nel 2015 era diventato il primo laboratorio cinese a raggiungere il più alto livello di sicurezza internazionale (noto come BSL-4).
L’Istituto ha rilasciato un comunicato stampa in inglese sull’ultima di queste visite, avvenuta il 27 marzo 2018. La delegazione americana era guidata da Jamison Fouss, console generale a Wuhan, e Rick Switzer, consigliere scientifico dell’ambasciata. La scorsa settimana, l’Istituto di Wuhan ha cancellato tale dichiarazione dal suo sito, sebbene sia ancora disponibile sul web”.

Nei due dispacci dei funzionari si accenna alle pericolose ricerche sul coronavirus da pipistrelli: “Il nuovo laboratorio ha una grave carenza di tecnici adeguatamente formati necessari per operare in sicurezza”, afferma il cable del 19 gennaio 2018. “I rapporti affermano che gli Stati Uniti avrebbero dovuto fornire supporto al laboratorio di Wuhan, principalmente perché la sua ricerca sui coronavirus dei pipistrelli era importante ma anche pericolosa”.

Il “dottor pipistrello” e il coronavirus

I diplomatici dimostrano di essere al corrente degli studi degli scienziati cinesi sulla possibilità di far interagire i coronavirus simili alla SARS con il recettore umano ACE2 e il loro timore era appunto che qualche agente patogeno modificato potesse sfuggire dal laboratorio. Non a caso già nell’ottobre del 2014, il governo americano aveva posto una moratoria sul finanziamento di qualsiasi ricerca che rendesse un virus più mortale o contagioso (i famigerati esperimenti sul gain-of-function, “guadagno di funzione”).

Aggiunge il Washington Post:

“Come molti esperti hanno sottolineato, non ci sono prove che il virus che ora affligge il mondo sia stato creato in laboratorio; gli scienziati concordano ampiamente sul fatto che provenga da animali. Ciò però non equivale a escludere categoricamente che non provenga da un laboratorio che ha passato anni a testare i coronavirus di pipistrello negli animali, ha dichiarato Xiao Qiang, ricercatore della School of Information dell’Università della California di Berkeley. […] Ci sono preoccupazioni simili riguardo al vicino laboratorio Wuhan Center for Disease Control and Prevention [manteniamo la dicitura in inglese, ndT], che opera a livello di biosicurezza 2, significativamente meno sicuro rispetto allo standard di livello 4 del laboratorio di Wuhan”.

Alcuni membri dell’amministrazione Trump sospettavano da tempo che quel laboratorio fosse la “fonte” del nuovo focolaio di coronavirus. Al Washington Post un alto funzionario ha dichiarato che “questi dispacci forniscono un’ulteriore prova a supporto della possibilità che la pandemia sia il risultato di un incidente di laboratorio a Wuhan”.

Come aveva già segnalato David Ignatius sulle pagine dello stesso giornale, la storia spacciata da Pechino di un virus sorto da un mercato del pesce fa acqua da tutte le parti (è proprio il caso di dirlo): una ricerca di esperti cinesi pubblicata su Lancet a gennaio ha mostrato che il primo paziente noto, identificato il 1° dicembre, non aveva alcun legame con il mercato, né un terzo dei casi nel primo grande gruppo di infetti. In aggiunta, il mercato non vendeva pipistrelli.

Nel frattempo, il governo cinese, ha censurato completamente le informazioni relative alle origini del virus. Pechino non ha ancora fornito agli esperti statunitensi campioni del nuovo coronavirus raccolti sin dai primi casi. Il laboratorio di Shanghai, che ha pubblicato il nuovo genoma del coronavirus l’11 gennaio, è stato rapidamente chiuso dalle autorità e diversi medici e giornalisti che per primi hanno segnalato l’espandersi del contagio sono stati arrestati.

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