A quanto pare l’ambasciata di Kiev in Vaticano ha accolto con incredibile entusiasmo il comunicato del Partito Marxista-Leninista Italiano a favore di Zelenskij, nel quale il Presidente ucraino è ritratto come un baluardo contro “l’imperialismo americano, il socialimperialismo cinese, i nazizaristi russi e il superputiniano, ora anche trumpiano, Marco Travaglio” e dove si invita il governo Meloni a smarcarsi da Washington e “continuare a sostenere l’Ucraina per una pace giusta e durevole”.
I diplomatici di Kiev non hanno creduto ai loro occhi nel ricevere tale supporto, e hanno immediatamente dimostrato la loro gratitudine (cosa che, a detta di Donald Trump, non avrebbe invece fatto il loro Presidente nei confronti del popolo americano) al PMLI, identificandolo forse come ultima voce autorevole in difesa di uno Zelenskij ormai caduto in disgrazia:
Bisogna ricordare che il PMLI sin dall’inizio del conflitto aveva assunto una posizione netta a favore di Kiev, scelta che nel 2023 ha portato alla sua esclusione ufficiale dalle varie iniziate della microgalassia vetero-comunista nazionale, con scomunica diretta da parte del corpo dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC), i quali per il PMLI rimangono comunque dei “provocatori trotzkisti al soldo della reazione”.
L’intera vicenda ha obiettivamente uno spessore politico impalpabile, tuttavia da una dimensione ipopolitica, o anche di semplice folklore, è probabile che abbia qualcosa da insegnare (non so cosa, ma va bene così). Solo da tale prospettiva, mi limito a ricordare che il 25 aprile 2022 in occasione della festa della Liberazione, alcuni rappresentati del PMLI marciarono a sostegno della “Resistenza Ucraina” accanto a bandiere americane e della NATO.
Sempre per restare nell’ambito del folklore, quel giorno a Milano assistetti di persona a una diatriba tra i coraggiosi vessilliferi del Partito (credo non più di cinque persone) e un ben più numeroso squadrone di immigrati ucraini, che li aveva considerati dei provocatori perché sventolavano la falce e martello.
Come è noto, dal maggio del 2015 le autorità di Kiev hanno messo fuori legge i partiti che utilizzano “simboli comunisti”, compreso naturalmente il Komunistyčna Partija Ukraïny. Questo il motivo dello “scontro”, che sfortunatamente non sono riuscito a immortalare per la sua brevità (anche se poi ho scattato varie foto ai militanti marxisti-leninisti, le quali riporto in fondo al pezzo), ma che, per quanto posso ricordare, si è più o meno svolto nei seguenti termini:
IMMIGRATI UCRAINI: “Assassini! Nazisti!”
MILITANTI PMLI: “…” (Si fermano davanti ai manifestanti ucraini e sorridono imbarazzati)
IMMIGRATI UCRAINI: “Vigliacchi! No Comunismo!”
MILITANTI PMLI: “…” (Proseguono a sorridere imbarazzati)
SIGNORE FUORIUSCITO DAL GRUPPO DEGLI IMMIGRATI PER AFFRONTARE I PROVOCATORI: “Vi dovreste vergognare!”
MILITANTI PMLI: “…” (Se ne vanno senza elaborare oltre).
Lunga vita al PMLI, ultimo vero partito futurista in mezzo al parlamentarismo contadino.
Ai “compagni” rossi piace il masochismo.
Sono coerenti, l’Ucraina come entità a sé stante dalla Russia è una creazione leninista. I nazionalisti ucraini dovrebbero avere Lenin e Kruscev come santini, non certo Banderov (che oltre a massacrare ebrei e polacchi, ha fatto ben poco per l’indipendenza dell’Ucraina).