Oggi in Iran, al mausoleo di Keran dedicato alla memoria di Qasem Soleimani, mentre migliaia di persone partecipavano alle commemorazioni per l’anniversario dell’uccisione del generale (fatto fuori dagli americani in un’operazione di intelligence dai contorni ancora vaghi) alcune esplosioni hanno ucciso decine di presenti.
Al momento non c’è chiarezza sui mandanti: le autorità iraniane parlano di un atto di “terrorismo” da parte di “mercenari” promettendo vendetta. Anche il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un discorso già programmato proprio in memoria di Soleimani, ovviamente monopolizzato dalla tragedia, non ha accusato apertamente gli Stati Uniti e Israele degli attentati, ma in compenso ha rievocato quanto accaduto negli ultimi giorni nella regione, evocando le responsabilità dei nemici dell’Iran e del Libano nel gettare benzina sul fuoco.
Nasrallah ha infatti ricordato l’uccisione di un altro pasdaran, Razi Mousavi, colpito in Siria il 25 dicembre da un attacco aereo dei “criminali sionisti israeliani” (così l’Ambasciata iraniana a Roma) e, soprattutto, l’assassinio del leader di Hamas Saleh Al-Arouri a Beirut, martirizzato ieri in una “scandalosa aggressione sionista” che rappresenta anche una “violazione palese della sovranità libanese”.
Il chierico sciita ha voluto rimarcare più volte l’indipendenza di cui godono le varie forze della “resistenza”, smentendo l’idea che dietro le azioni dei palestinesi, degli Houthi e naturalmente dello stesso “Partito di Dio” libanese ci sia la mano di Teheran, anzi ha evocato la figura di Soleimani come principale cooperatore alla “autosufficienza” dei vari movimenti dell’area, ispirato dall’auspicio che essi potessero operare e attaccare senza l’ausilio iraniano.
Infine Nasrallah ha elogiato come uno dei più grandi successi della resistenza la distruzione dell’immagine mediatica di Israele a livello internazionale, annunciando che la battaglia sul fronte meridionale continuerà fino all’ultimo uomo, anche se il Libano non intende ancora muovere guerra a Israele, a meno che non sia quest’ultimo a dichiararla apertamente.
If there is a war against us, the requirements of our national interests will force us to go to war until the end.
— حسن نصر الله (@SH_NasrallahEng) January 3, 2024
Dunque, l’ennesimo “nulla di fatto”: nonostante Nasrallah venga descritto come una “palandrana pazza” dai media occidentali, il fatto che non abbia ancora dato via a un nuovo conflitto dovrebbe far riflettere sugli schematismi della propaganda. Si tratta in effetti di un atteggiamento singolare, da parte di un fanatico religioso, non indire una “guerra santa” anche col rischio di perdere consenso. Nel contesto attuale, sembra che gli unici veramente interessati ad allargare il fronte siano altri.