Una libreria di Istanbul (nel quartiere di Beyazıt) ha esposto all’ingresso un cartello in turco e in inglese riportante la scritta Yahudiler giremez / Jews not Allowed, con l’aggiunta di una bandiera israeliana sbarrata con una x rossa. La libreria è un sahaf, cioè un negozio considerato di interesse storico.
Episodi di questo tipo in Turchia si sono verificati anche nei giorni scorsi: per esempio, sempre a Istanbul, si è visto circolare un taxi riportante sul lunotto posteriore l’avviso İsrailli binemez, cioè “Gli israeliani non possono viaggiare”.
Seppur si tratti di manifestazioni minoritarie, rappresentano comunque lo scontro in atto fra Ankara e Tel Aviv; d’altro canto, prima ancora che Erdoğan rilasciasse le sue dichiarazioni in favore di Hamas, il Consiglio di sicurezza nazionale israeliano aveva già invitato i cittadini israeliani a lasciare il Paese “il prima possibile”.
I principali media turchi rispecchiano il clima politico in Turchia: la stampa, non solo quella “filogovernativa”, è per la stragrande maggioranza schierata contro Israele ma al contempo condanna le manifestazioni di antisemitismo, anche perché le comunità ebraiche presenti nel Paese hanno sempre mantenuto un approccio perlomeno “neutrale” (in favore della “pace”) riguardo alla questione.
Il 17 ottobre il quotidiano conservatore Yeni Akit ha intitolato a tutta pagina Togliere ai lacchè sionisti la cittadinanza turca, invitando a considerare quegli ebrei con passaporto turco che sono andati a combattere a Gaza come i fondamentalisti islamici entrati nell’Isis.