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Stati Uniti costretti a sostenere Israele per i legami di Jeffrey Epstein col Mossad?

Sui media americani si fa un gran parlare della famigerata “lista” di Epstein che un giudice federale ha ordinato di pubblicare: praticamente se ne parla più ora che non ai tempi del famigerato “suicidio” in carcere. Ѐ probabile ci sia una qualche morbosità da parte della pubblica opinione, forse proprio dovuta alla riduzione a tutta la faccenda a una storiella di sesso, corna e scollacciamenti.

Invece col passare del tempo pare al contrario che il cuore dello scandalo sia rappresentato meno dalla morale o dal costume, che non dalla politica e dalle relazioni internazionali di Washington, che si riflettono poi a livello mondiale. Infatti, uno dei motivi per cui c’è sempre una certa reticenza nell’indagare fino in fondo il gate del secolo, seppur gli americani da bravi puritani siano sempre compiaciuti nell’indignarsi ipocritamente per fedifraghi e puttanieri, è l’esistenza di fondate ragioni per credere che Epstein registrasse gli incontri tra prostitute minorenni e personalità di altissimo livello a scopo ricattatorio.

Un “ricatto” che va al di là della fama, del potere e del denaro, e lambisce direttamente, come si diceva, il mondo politico (senza escludere che Epstein lo facesse anche per fama, potere e denaro), poiché a quanto pare il finanziere pappone organizzava cosiddette “trappole al miele” su ordine del Mossad.

A sostenere tale tesi ci sono varie fonti, come per esempio l’ex agente israeliano Ari Ben-Menashe, che nel suo volume Epstein. Dead Men Tell No Tales (2020), afferma che sarebbe stato il padre di Ghislaine Maxwell (compagna di Epstein e procrcciatrice di giovani ragazze bianche da sfruttare), Robert Maxwell, doppia spia britannica e israeliana, a far sposare la figlia col finanziere newyorchese di origine ebraica, dopo averlo introdotto al Mossad come prezioso asset.

Un’altra fonte è la giornalista Julie K. Brown (la cui inchiesta Perversion of Justice del 2021 è considerata finora la più autorevole dal mainstream), la quale si è anch’essa convinta che il trait d’union tra il finanziere e i servizi israeliani fosse Robert Maxwell, come ha dichiarato senza problemi al “Times of Israel”. Si ricorda, en passant, che questo Maxwell, considerato addirittura un triplo agente (a Londra e Tel Aviv andrebbe aggiunta Mosca), è morto nel 1991 in circostanze misteriose (sarebbe annegato nell’oceano cadendo dal suo panfilo) ed è sepolto sul Monte degli Ulivi a Gerusalemme.

Questo sistema di ricatti e intimidazioni sembra dunque rappresentare uno dei moventi più importanti e profondi, al di là di un certo fanatismo politico-religioso evidentemente di facciata, per cui certe personalità americane continuino a sostenere Israele senza se e senza ma ad onta non solo della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ma del semplice buon senso.

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