Da quando lo storico Carnevale di Aalst, in Belgio, è stato inserito nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dall’UNESCO nel 2010 ricevendo visibilità internazionale, le polemiche sugli “stereotipi antisemiti” che contraddistinguono alcuni dei carri presenti alla parata si sono fatte talmente soverchianti da costringere il sindaco della città a rinunciare alla qualifica nel 2019.
In particolare sono stati l’attivismo della famigerata Anti-Defamation League, oltre alle proteste di alcuni politici israeliani, come il ministro degli Esteri Israel Katz (“Il Belgio in quanto democrazia occidentale dovrebbe vergognarsi di consentire una tale manifestazione antisemita“), che ne invocavano non solo la revoca dello status di patrimonio culturale ma direttamente la cancellazione da parte delle autorità belghe, ad aver portato alla triste decisione.
Belgium as a Western Democracy should be ashamed to allow such a vitriolic antisemitic display. I call upon the authorities there to condemn and ban this hateful parade in Aalst. pic.twitter.com/3TId7ZveOT
— ישראל כ”ץ Israel Katz (@Israel_katz) February 20, 2020
Sembra che il casus belli si sia verificato proprio nell’edizione del 2019, quando, come ricorda lo stesso portale dell’Unesco,
«Su alcuni carri sono state esposte caricature razziste e antisemite: […] un carro trasportava due gigantesche figure di ebrei ortodossi che indossavano cappelli di pelliccia e abiti rosa, con riccioli laterali e nasi grottescamente adunchi, seduti su monete d’oro e sacchi di denaro. Una delle figure aveva un topo sulla giacca e fumava un sigaro tendendo la mano verso il pubblico. È stato riferito che gli stornelli riprodotti in sottofondo riportavano espressioni riconducibili a stereotipi ebraici come kluis (cassaforte), roze muis (topo rosa) e joodse muis (topo ebreo). Gli ideatori del carro hanno affermato l’intenzione di rappresentare la necessità di “risparmiare denaro” durante quello che gli artisti consideravano “un anno sabbatico”».
Anche il rabbino capo di Bruxelles scrisse un’accorata lettera all’Unesco, lamentando inoltre la presenza, nell’edizione del 2005, di “diversi partecipanti vestiti da terroristi islamici”: come è noto, infatti, i rappresentanti delle comunità ebraiche nei Paesi occidentali sono molto attenti a denunciare l’islamofobia nelle nazioni in cui vivono (a meno che non si tratti di difendere Israele, ma è una storia vecchia).
E passando proprio all’altro capo del politicamente corretto attuale, sui siti islamici italiani possiamo leggere quanto segue:
«In Italia sono famosi il Carnevale di Venezia e il Carnevale di Viareggio, famosissimo è il Carnevale di Rio in Brasile e dappertutto, nonostante la crisi, in questo periodo si svolgono parate di carri allegorici, balli in maschera, mascherate, passeggio di maschere in pubblico, di cui sono vittime soprattutto i bambini, che i genitori portano a passeggio travestiti in modi fantasiosi, ma standard, educandoli alla falsificazione.
Va da sé che, alla luce del detto del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, il quale disse che “Chi assume gli atteggiamenti di un popolo entra a farne parte e nel Giorno del Rendiconto comparirà con quel popolo davanti al Signore” [o come più precisamente in arabo disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria] i Musulmani non partecipano ai riti di ispirazione diavolesca del Carnevale travestendo i loro bambini e mascherandoli sotto l’influenza del “così fan tutti”.
L’articolo 85 del Testo unico delle norme di pubblica sicurezza configura il mascheramento come reato di natura contravvenzionale, proibendo di girare in pubblico travisato in modo da non essere riconoscibili i connotati del viso che permettono l’identificazione della persona, TRANNE A CARNEVALE, periodo nel quale è data “autorizzazione” a girare in maschera.
Il Carnevale, un periodo dell’anno nel quale, come dice il proverbio, “ogni scherzo vale”, è figlio di epoche remote, nelle quali, in questo periodo dell’anno solare, avevano luogo riti magici, cerimonie religiose dei culti degli dei falsi e bugiardi con festeggiamenti e “pazzie”, da cui venne il detto semel in anno licet insanire, che tradotto significa “una volta all’anno è lecito fare cose da pazzi”. Il Carnevale contemporaneo è la continuazione di quei riti e quelle cerimonie che, con alcune trasformazioni e “mascheramenti” ideologici sono passati indenni attraverso il processo di cristianizzazione violenta del mondo antico, giungendo sino a noi. Balli in maschera, “carnevalate”, bagordi sono stati permessi dalla chiesa come sfogo smoderato di istinti finalizzati alla conservazione individuale e alla conservazione della specie, da pagare, successivamente, con il digiuno della Quaresima. Vittime del carnevale sono i bambini, i cui cervelli vengono, precocemente, addomesticati, a servire il vigente sistema di dominio dell’uomo sull’uomo, con la loro messa in maschere tradizionali [Zorro, la Fata turchina…] e avveniristiche o contemporanee [Superman, l’astronauta, Barbie…] da parte di genitori, i cui cervelli sono già stati mandati all’ammasso nei silos del potere fondato sull’impostura. In questa trappola carnevalesca di Shayṭān non cadono i genitori musulmani consapevoli e non cadano i genitori musulmani, che per motivi ambientali pendono verso l’assimilazione ai costumi locali.
È vietato l’uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di pubblica sicurezza.
Siccome Carnevale è un’epoca in cui è permesso girare in maschera non commettono violazione della legge le signore musulmane, che girano in pubblico con il burqa».
Se non altro gli ebrei hanno Purim, anche se pure alcuni Paesi islamici vivono la “Festa del sacrificio” (Id al-adha) come una sorta di Carnevale, peraltro procrastinando un’usanza pre-islamica come quella dello sgozzamento dei montoni.
In ogni caso, mi sembra di avervi dato qualche motivo valido per festeggiare il Carnevale con una marcia in più.