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La Catalogna ha dichiarato l’indipendenza

Oggi, venerdì 27 ottobre 2017, è stata una giornata storica al parlamento catalano: la dichiarazione unilaterale d’indipendenza è stata votata dai deputati della colazione del Partito di Carles Puigdemont Junts pel Sí (centro-destra) e dalla Candidatura d’Unitat Popular (sinistra estrema), mentre gli altri gruppi (popolarsi, socialisti e i centristi di Ciudadanos) hanno lasciato l’aula per protesta.

Personalmente è da stamattina che sto seguendo a fasi alterne il canale catalano TV3 (che il governo spagnolo vuole commissariare, o far chiudere del tutto), il quale, rispettando una sceneggiatura perfetta ha esordito con la diretta del discorso di Rajoy (in cui il Presidente annunciava l’applicazione dell’articolo 115, cioè destituzione di Puigdemont e nuove elezioni tra qualche mese) e ha poi trasmesso l’intera discussione parlamentare.

Vorrei provare a riassumere in breve quanto accaduto fino al voto per l’indipendenza (mi è sempre piaciuto il ruolo del notista parlamentare, anche se in Italia è ormai divenuto decisamente prosaico – ah, la Prima Repubblica… ma andiamo avanti).

Al principio hanno parlato le opposizioni, con argomenti piuttosto persuasivi (ovviamente non per i separatisti): Carlos Carrizosa (Ciudadanos/Ciutadans) ha accusato Puigdemont di tenere un atteggiamento “populista e totalitario” e ha definito la dichiarazione di indipendenza un “golpe” perpetrato in base al principio del “tanto peggio tanto meglio” (cuanto peor, mejor); Eva Granados (Socialisti), che si è espressa in catalano, ha paventato la nascita di una Catalogna “intollerante, faziosa e divisiva”, ha denunciato il danno economico alla regione inferto dall’avventurismo dei secessionisti e ha addirittura evocato il “fascismo” (sic) per descrivere il clima politico in cui si trova a dibattere; Marta Ribas (Verdi), anche lei in lingua catalana, ha descritto la situazione come “uno scontro tra due barbarie”, quella del governo spagnolo e quella degli indipendentisti, biasimando i toni muscolari e la “carica di testosterone” con cui è stata condotta la trattativa; Alejandro Fernández Álvarez (Popolari) dopo aver bollato il catalanismo come “il volto peggiore del nazionalismo identitario”, ha citato nientedimeno che Giovanni Sartori (contro il populismo) e attaccato Oriol Junqueras (vicepresidente del Parlamento) per le sue “lacrime di coccodrillo”, ricordando che l’unico alleato di Puigdemont a livello internazionale rimane Nicolás Maduro.

Manco a farlo a posta, dopo Fernández è intervenuto il sociologo e attivista Carles Riera i Albert (CUP) con una camiciola pseudo-kaki simile a quella indossata talvolta dal presidente venezuelano (che ora pare preferisca le tute), il quale ha tuonato contro la tirannia spagnola e l’Unione Europa “demofobica e conservatrice”, auspicando la nascita di una repubblica catalana libera, femminista e socialista.

Dopo gli altri interventi a favore (singolare quello di Anna Gabriel Sabaté della CUP che sostiene il governo catalano di centro-destra), le opposizioni hanno fatto il loro Aventino, con l’abbandono dell’aula prima di socialisti e Ciudadanos, poi dei popolari (che per protesta hanno lasciato bandiere spagnole e catalane sugli scanni).

Il voto (segreto, per evitare denunce) si è quindi tenuto solo tra i favorevoli (Junts pel Sí e CUP) che un’ora fa hanno deciso quasi all’unanimità l’indipendenza. Non riusciamo a prevedere quale sarà ora la mossa di Madrid. Nel frattempo una piccola selezione di immagini dai momenti più incandescenti della votazione.

“Aventino” dei socialisti:

Protesta dei Popolari:

“Aventino” dei Popolari:

Anna Gabriel Sabaté (CUP):

Votazione segreta:

Dichiarazione di indipendenza
(Puigdemont e Junqueras esultano):

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