Il Piano Madagascar fu un programma progettato dal governo tedesco per trasferire la popolazione ebraica europea nell’isola al largo della costa orientale africana. L’idea venne proposta nel giugno 1940 dal capo del dipartimento ebraico del Ministero degli Esteri, Franz Rademacher. Il piano prevedeva la cessione del controllo del Madagascar, allora colonia francese, alla Germania come una delle condizioni della resa della Francia.
L’idea di reinsediare gli ebrei in Madagascar fu presa in considerazione anche dal governo polacco, ma la spedizione inviata per studiare l’isola stabilì che solo da 5.000 a 7.000 famiglie ebraiche potessero essere ospitate. Poiché le politiche naziste volte a incoraggiare l’emigrazione della popolazione ebraica della Germania prima della Seconda guerra mondiale ebbero solo parzialmente successo, l’idea di deportare gli ebrei in Madagascar fu ripresa dal governo tedesco nel 1940.
Con l’approvazione di Adolf Hitler, il 15 agosto 1940 Adolf Eichmann redasse un memorandum in cui chiedeva il reinsediamento in Madagascar di un milione di ebrei all’anno per quattro anni. Il piano non era fattibile a causa del blocco navale britannico; fu rinviato dopo che i nazisti persero la battaglia d’Inghilterra nel settembre 1940, e definitivamente accantonato nel 1942.
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo vennero elaborati diversi piani di reinsediamento per gli ebrei europei: l’orientalista Paul de Lagarde suggerì per primo nella sua opera del 1878 Deutsche Schriften di evacuare gli ebrei europei in Madagascar (“Per evitare contatti costanti con ebrei di altri popoli, una soluzione d’oltremare di carattere insulare è preferibile a qualsiasi altra soluzione”).
I membri del movimento sionista nel 1904-1905 discussero seriamente il Piano Uganda elaborato dal segretario coloniale britannico Joseph Chamberlain, in base al quale gli ebrei russi sarebbero stati insediati nel protettorato dell’Africa orientale (ora Kenya), che all’epoca faceva parte dell’Impero britannico. Il piano venne successivamente respinto dal Congresso Sionista Mondiale, in quanto impraticabile.
L’idea del reinsediamento ebraico in Madagascar fu promossa anche da altre personalità britanniche quali Arnold Leese (fondatore della Imperial Fascist League) ed Henry Hamilton Beamish, capo ondatore dell’associazione The Britons.
Beamish apparve nel 1923 a un discorso di Hitler al Circo Krone e venne poi preso dai nazisti come un intellettuale di riferimento: su una prima pagina del “Völkischer Beobachter” del 1926 apparve un suo editoriale non firmato (Il Madagascar: da parte di un inglese), nel quale affermava che il Madagascar poteva “ospitare comodamente 50 milioni di uomini” e che invece di sterminare gli ebrei, sarebbe stato meglio salvaguardare il sangue ariano da ogni contaminazione attraverso la deportazione: “Qual è il paradiso che permette a tutti gli ebrei di vivere in pace e felici? Il Madagascar”.
In Germania i primi dibattiti concreti sulla questione iniziarono nel 1938, tra ideologi come Julius Streicher, Hermann Göring, Alfred Rosenberg e Joachim von Ribbentrop. A quella data, circa il 10% degli ebrei sotto giurisdizione tedesca erano di nazionalità polacca. Józef Lipski, ambasciatore di Varsavia in Germania, espresse la riluttanza polacca a riprenderseli, e il suo governo decretò che ai titolari di passaporto polacco non sarebbe stato permesso di ritornare se non a particolari condizioni.
Quando Ribbentrop sollevò la questione con il ministro degli Esteri francese Georges Bonnet nel dicembre dello stesso anno, quest’ultimo espresse uguale riluttanza ad accogliere ancora ebrei tedeschi e chiese se si potessero evitare nuovi arrivi. La stessa Francia aveva già intenzione di deportare circa 10.000 ebrei e valutava se il Madagascar potesse essere una destinazione adeguata.
La pianificazione delle deportazioni tedesche in Madagascar iniziò formalmente nel 1940. All’epoca Franz Rademacher era convinto che la Germania avesse già vinto la guerra: brillante avvocato poco più che trentenne, si era appena insediato nel nuovo Referat D III del Ministero degli Esteri come responsabile della “politica ebraica e razziale” e aveva già proposto un piano senza precedenti: “Allontanare gli ebrei occidentali dall’Europa in Madagascar”.
Secondo i suoi calcoli, gli ebrei orientali sarebbero dovuti rimanere in una riserva nel distretto polacco di Lubin come “merce di scambio” per tenere gli Stati Uniti fuori dalla guerra. La Palestina venne inizialmente presa in considerazione, ma ritenuta subito inadatta perché, oltre a essere sotto mandato britannico, avrebbe creato un minaccioso Stato ebraico in Medio Oriente. Rademacher auspicò che anche gli ebrei reinsediati potessero essere usati per fare pressione sui loro “fratelli in America”.
A metà giugno, Hitler e Ribbentrop parlarono del Piano con Mussolini come strada perseguibile dopo la caduta della Francia. Una volta venuto a conoscenza del piano, l’SS-Obergruppenführer Reinhard Heydrich, capo dell’Ufficio principale per la sicurezza del Reich (RSHA), insistette affinché Ribbentrop conferisse la responsabilità per il Piano al suo ufficio. Adolf Eichmann, capo del sottodipartimento IV-B4 dell’RSHA, che si occupava della possibile evacuazione della popolazione ebraica, il 15 agosto pubblicò il memorandum Reichssicherheitshauptamt: Madagaskar Projekt, nel quale prevedeva il reinsediamento di un milione di ebrei all’anno per quattro anni. Se Rademacher auspicava che la colonia fosse sotto controllo tedesco ma autogovernata dalla popolazione ebraiche presente in essa, Eichmann invocò apertamente il controllo totale dell’isola da parte delle SS.
Il Referat di Eichmann calcolò meticolosamente da quali aree e quanti ebrei avrebbero dovuto essere deportati in Madagascar: ogni giorno due navi con 1.500 ebrei ciascuna (per un totale di 120) avrebbero dovuto intraprendere un viaggio di circa 30 giorni. Le prime traversate avrebbero dovuto condurre all’isola solo medici, artigiani e contadini, scelti come pionieri nella costruzione della “riserva”. Le autorità naziste sostenevano che prosciugando le numerose paludi “si sarebbe potuta contrastare la diffusione della malaria”, e che l’elevata popolazione di bestiame (di sette milioni di bovini) avrebbe assicurato cibo a tutti i deportati.
La maggior parte degli organi nazisti, compresi il Ministero degli Esteri, la Polizia di Sicurezza e il Governatorato Generale (la zona di occupazione tedesca della Polonia) considerarono il Piano come ultima possibilità di “risolvere il problema ebraico” attraverso l’emigrazione. In particolare Hans Frank, capo del Generalgouvernement, riteneva preferibile il reinsediamento forzato in Madagascar rispetto ai tentativi di deportazione in Polonia.
Rademacher prevedeva la fondazione di una banca europea che avrebbe liquidato tutti i beni degli ebrei europei per finanziare il Piano, svolgendo un ruolo di intermediario tra il Madagascar e il resto del mondo, poiché agli ebrei non sarebbe stato consentito interagire finanziariamente con gli stranieri.
Come detto, le SS avrebbero organizzato l’espulsione degli ebrei dall’Europa e governato il Madagascar come fosse uno stato di polizia. I nazisti si aspettavano che, dopo l’invasione del Regno Unito attraverso l’operazione Leone marino, avrebbero requisito la flotta mercantile britannica per deportare gli ebrei.
Non essendo tuttavia riusciti a sconfiggere la Royal Air Force, i tedeschi rinviarono l’invasione del Regno Unito a data da destinarsi. Anche per questo, il Piano Madagascar si arenò. Alla fine dell’agosto 1940 Rademacher chiese a Ribbentrop di formare un gruppo di esperti in grado di gestire il piano presso il suo Ministero, ma Ribbentrop non rispose. Allo stesso modo, il memorandum di Eichmann non venne approvato da Heydrich. Il piano fu dunque ufficialmente accantonato nel febbraio 1942.