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Michael Levitt (Nobel per la chimica): Il coronavirus non è la peste, l’umanità sopravviverà

Corona Is Slowing Down, Humanity Will Survive, Says Biophysicist Michael Levitt
(Calcalistech, 13 marzo 2020)

Il premio Nobel Michael Levitt, biofisico americano-britannico-israeliano che insegna biologia strutturale alla Stanford University e trascorre gran parte del suo tempo a Tel Aviv, è diventato inaspettatamente famoso in Cina dopo aver offerto rassicurazione durante l’apice del contagio da coronavirus nel Paese. Levitt non ha scoperto un trattamento o una cura, ha fatto solo quel che sa fare meglio: ha fatto qualche calcolo. Le statistiche lo hanno portato alla conclusione che, contrariamente alle previsioni fosche, la diffusione del virus si arresterà.

I messaggi rassicuranti che Levitt ha inviato ai suoi conoscenti in Cina sono stati tradotti in cinese e trasmessi da persona a persona, rendendoli virali sui media asiatici. Le sue previsioni si sono rivelate corrette: il numero di nuovi casi segnalati ogni giorno ha iniziato a diminuire dal 7 febbraio. Una settimana dopo, anche il tasso di mortalità ha iniziato a scendere.

Levitt non sarà un esperto di epidemiologia, ma ci sa fare con calcoli e statistiche, come ha detto lui stesso a Calcalist in un’intervista all’inizio di questa settimana. Inizialmente era previsto che l’intervista avvenisse nell’avveniristico complesso di Sarona a Tel Aviv, dove attualmente risiede, ma dopo aver preso un raffreddore (“ma non il coronavirus”, osserva scherzosamente) il tutto si è svolto per via telefonica. Anche se il Nobel crede che la pandemia seguirà il suo corso, lo scienziato sottolinea il suo sostegno a tutte le misure di sicurezza attualmente in corso e alla necessità di aderirvi.

Levitt ha ricevuto il premio Nobel per la chimica nel 2013 per “lo sviluppo di modelli multiscala per sistemi chimici complessi”. Non intendeva in alcun modo diventare un profeta che predisse la fine della peste, è successo per caso. Sua moglie Shoshan Brosh è una studiosa di arte cinese, il che significa che la coppia si divide tra Stati Uniti, Israele e Cina.

Dopo che è scoppiata la pandemia, Shoshan ha inviato messaggi di sostegno ai suoi amici in Cina. “Quando ci hanno risposto, descrivendo la la loro situazione, ho deciso di dare un’occhiata più da vicino ai numeri nella speranza di giungere a una conclusione”, dice Levitt. “Il tasso di infezione del virus nella provincia di Hubei è aumentato del 30% ogni giorno. Cifra allarmante: non sono un esperto di influenza, ma posso analizzare i numeri e questa è una crescita esponenziale“.

A questo ritmo, il mondo intero avrebbe dovuto essere infettato entro 90 giorni. Invece poi la tendenza è cambiata. Quando Levitt ha iniziato ad analizzare i dati il ​​1° febbraio, Hubei ha avuto 1.800 nuovi casi ogni giorno e in sei giorni questo numero ha raggiunto i 4.700. “E poi, il 7 febbraio, il numero di nuove infezioni ha iniziato a diminuire. Una settimana dopo, lo stesso è accaduto con il numero delle morti. Questo marcato cambiamento nella curva ha segnato il punto mediano e ha permesso una migliore previsione di quando finirà la pandemia. Sulla base di ciò, ho concluso che la situazione in tutta la Cina migliorerà entro due settimane. E, in effetti, ora ci sono pochissimi nuovi casi di infezione”.

Levitt ha paragonato la situazione agli interessi bancari: se il primo giorno una persona riceve un tasso di interesse del 30% sui propri risparmi, il giorno successivo del 29% e così via, “alla fine è chiaro che non guadagnerà molto”.

Le sue osservazioni tradotte dagli amici hanno fatto scalpore in Cina e Levitt ha iniziato a ricevere decine di messaggi. “Così ho capito che dovevo continuare a fare previsioni”. Dal momento che nuovi dati giungevano ogni giorno da varie istituzioni come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Levitt ha iniziato a mandare rapporti regolari agli amici diventando in poco tempo popolare e ricevendo vari inviti alla tv cinese. A suo parere, sulla base del numero decrescente di casi di infezione e decessi il virus probabilmente scomparirà dalla Cina entro la fine di marzo.

Al principio infatti ogni paziente coronavirus in Cina ha infettato in media 2,2 persone al giorno, con una crescita esponenziale che poteva solo portare a un disastro: “Poi però ha iniziato a calare e il numero di nuove infezioni quotidiane è ora vicino allo zero”. Levin ha suggerito nuovamente il confronto con i tassi di interesse: “Anche se il tasso di interesse continua a scendere, guadagni comunque denaro. La somma che hai investito non diminuisce, cresce solo più lentamente. Quando si discute di malattie, le persone vanno in panico perché continuano a sentir parlare di nuovi casi ogni giorno. Ma il fatto che il tasso di infezione stia rallentando significa che la fine della pandemia è vicina“.

Levitt ha diverse ragioni a sostegno della sua convinzione: “Nei modelli di crescita esponenziale, si suppone che altri possano essere infettate ogni giorno perché si continuano a incontrare nuove persone. Se però si valutano le effettive cerchie sociali, ci si rende conto che ci si imbatte sempre nelle stesse persone ogni giorno. Si possono incontrare nuove persone sui mezzi pubblici, ad esempio; ma anche sull’autobus, dopo un po’ di tempo la maggior parte dei passeggeri sarà infetta o immune“.

Un altro motivo per cui il tasso di infezione è rallentato ha a che fare con le linee guida sul distanziamento fisico. “Adesso non si abbracciano più tutte le persone che si incontrano, e si evita di parlare faccia a faccia con qualcuno che ha il raffreddore. Più si rispettano le direttive, più si tiene sotto controllo l’infezione. Quindi, in queste circostanze, un vettore infetterà solo 1,5 persone ogni tre giorni e il tasso continuerà a scendere”.

La quarantena fa la differenza, secondo Levitt, ma ci sono altri fattori in ballo: “La Cina era quasi completamente in quarantena, la gente usciva di casa solo per fare acquisti indispensabili ed evitando il contatto con gli altri. A Wuhan, che ha avuto il maggior numero di casi di infezione nella provincia di Hubei, tutti hanno avuto la possibilità di contrarre l’infezione, ma solo il 3% l’ha presa“, ha spiegato. “Anche sulla Diamond Princess (la nave da crociera colpita da virus), il tasso di infezione non ha raggiunto il 20%”. Sulla base di queste statistiche, Levitt ha concluso che molte persone sono naturalmente immuni al virus.

L’esplosione di casi in Italia è preoccupante, ha detto Levitt, ma stima che sia il risultato di una percentuale più alta di persone anziane che in Cina, Francia o Spagna. “Inoltre, la cultura italiana è all’insegna della cordialità e gli italiani hanno una vita sociale molto ricca. Per questi motivi, è importante tenere le persone separate e impedire ai malati di entrare in contatto con persone sane”.

La Cina ha fatto un ottimo lavoro ed è riuscita a ottenere il controllo completo del virus, ha affermato Levitt. “Attualmente, sono più preoccupato per gli Stati Uniti. Devono isolare quante più persone per guadagnare tempo per i preparativi. Altrimenti, può trovarsi di fronte allo scenario in cui 20.000 persone infette vanno tutte contemporaneamente all’ospedale più vicino e il sistema sanitario collassa“.

Su Israele al momento non ha abbastanza dati per fare stime, ma per quel che ha potuto osservare finora, secondo Levitt il Ministero della Salute sta affrontando la pandemia in modo giusto: “Più dure sono le misure adottate, più si avrà tempo per prepararsi alle cure necessarie e sviluppare un vaccino”.

Levitt evita di fare previsioni globali. In Cina, ha detto, il numero di nuove infezioni raggiungerà presto lo zero e la Corea del Sud ha superato il punto mediano e può già sperare nella fine della pandemia. Per quanto riguarda il resto del mondo, è ancora difficile da dire: “Finirà quando tutti coloro che sono malati incontreranno solo persone che hanno già infettato. L’obiettivo non è quello di raggiungere la situazione della nave da crociera”.

La Diamond Princess è lo scenario peggiore, secondo Levitt. “Se paragonate la nave a un paese, stiamo parlando di 250.000 persone in un chilometro quadrato, il quadruplo della densità abitativa di Hong Kong. È come se l’intera popolazione di Israele fosse stipata in 30 chilometri quadrati”. Inoltre, ha detto, la nave aveva un sistema centrale di aria condizionata e riscaldamento e una sala da pranzo comune. “Queste sono condizioni estremamente favorevoli alla diffusione del virus eppure solo il 20% è stato infettato. Percentuale alta, ma abbastanza simile al tasso di infezione dell’influenza comune”.

Come con l’influenza, la maggior parte di quelli che muoiono a causa del coronavirus hanno più di 70 anni: “È risaputo che l’influenza uccide soprattutto gli anziani: circa i tre quarti delle mortalità influenzali sono persone con più di 65 anni”. Per mettere le cose in proporzione “ci sono anni in cui l’influenza imperversa, come negli Stati Uniti nel 2017, quando ci fu una mortalità tre volte più alta del solito. Ma in quell’occasione non ci siamo fatti prendere dal panico. Questo è il mio messaggio: pensate al coronavirus come a un’influenza grave. È da quattro a otto volte più forte di un’influenza comune, eppure la maggior parte delle persone rimarrà in salute e l’umanità sopravviverà“.

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