«La Palestina sostiene una Spagna forte e unita, e ritiene che il rispetto per la Costituzione e il dialogo siano il modo migliore per risolvere i problemi interni»: così si espresso il Ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese (Palestina apoya una “España fuerte y unida” y apuesta por el diálogo, “La Vanguardia”, 30 ottobre 2017).
Ma come! Dopo tutte la manifestazioni della CUP contro la lobby sionista a Catalunya (come ha affermato il suo rappresentante Josep Garganté), a sostegno del popolo palestinese e per il boicottaggio dei prodotti israeliani, è così che rispondono i fratelli arabi? Non dimentichiamo che il “partito dei centri sociali” al Parlamento catalano ha anche proposto una mozione per proclamare Barcellona “Spazio libero dall’apartheid israeliano” (Espai Lliure d’Apartheid Israelià).
Certo, la Spagna è uno dei pochi paesi europei a ricordarsi talvolta della “questione palestinese”, tanto è vero che il viceministro della difesa israeliano, il rabbino ortodosso Eli Ben-Dahan (che considera i palestinesi “animali”) in queste settimane ha gongolato per le difficoltà di Madrid, nonostante (aggiungiamo) uno dei “padri” del catalanismo contemporaneo, Artur Mas, abbia spesso indicato come modello per la Catalogna proprio Israele.
Dunque è comprensibile che l’ANP voglia mantenere buone relazioni con uno dei suoi ormai sparuti sostenitori in Occidente. Del resto, è noto che l’appoggio degli “antagonisti” è evanescente e legato probabilmente solo al fatto che quel popolo non ha ancora uno stato: lo stesso discorso vale infatti per curdi, tuareg e zapatisti, considerati dalla CUP tutti “compagni ideali”. Ma se la Palestina vuol diventare uno Stato, è chiaro che dovrà affidarsi ad alleati più sicuri di quelli che utilizzano la sua causa solo per motivi strumentali…