Incels could become the new Vikings
(Mary Harrington, UnHerd, 25 giugno 2020)
Settimana scorsa è quasi scoppiata la terza guerra mondiale nel Ladakh, una regione arida del Kashmir indiano al confine himalayano con la Cina, luogo di crescenti tensioni militari. Il 15 giugno si è verificato il primo scontro ravvicinato tra militari indiani e cinesi degli ultimi 45 anni, nel quale sono morti almeno 20 soldati indiani e 45 cinesi.
Esistono molte ragioni geopolitiche per la crescente tensione tra i due Paesi più popolosi al mondo, ma c’è una questione centrale e annosa che porta entrambi i paesi alla violenza e l’instabilità: le donne. O, per meglio dire, la loro mancanza.
Nella sua Historia Normannorum, scritta intorno al 1015, Dudone di San Quintino sosteneva che il motivo per cui i vichinghi razziavano qua e là è perché non riuscivano a trovare delle mogli, un concetto ripreso dallo storico del periodo tudoriano William Camden in Britannia (1610): i vichinghi sono il risultato di una mancanza di donne, che ha portato a un numero eccessivo di maschi giovani senza alcuna prospettiva di trovare una ragazza carina e sistemarsi (secondo un’etimologia popolare vichingo peraltro significherebbe “quello che si accampa”). Quindi, ogni volta che questi maschi si moltiplicano in una “comunità strabordante” [burdensom community] (*), una parte di loro viene messa su una nave e spedita a piantar grane al di là del mare.
In biologia evolutiva la proporzione tra maschi e femmine in cerca un compagno per riprodursi di una data specie è indicata con l’espressione “rapporto operativo tra sessi” [operational sex ratio]: non appena tale rapporto si allontana da 50:50, il genere “sovrarappresentato” dovrà competere per assicurarsi un compagno tra i potenziali partner meno abbondanti del sesso opposto.
Sebbene non avrebbero mai usato questa espressione, sia Dudo che Camden hanno comunque descritto lo stesso fenomeno: quando le potenziali mogli scarseggiano e la “comunità strabordante” di uomini si moltiplica, aumentano violenza la criminalità. Uno studio del 2019 dimostra che laddove la poliginia, cioè la possibilità di avere più mogli, è la norma per gli appartenenti a un livello superiore nella gerarchia sociale, gli attacchi ai gruppi etnici confinanti aumentano in modo esponenziale. Con pochi uomini che monopolizzano le donne, gli “scartati” sono costretti a conquistarsi status e risorse assaltando altre tribù.
L’India e la Cina soffrono entrambe di un eccesso di maschi “scartati”. Il rapporto normale tra maschi e femmine è infatti di circa 105:100, ma come ha dimostrato la studiosa Mara Hvistendahl, grazie all’ecografia prenatale e all’aborto selettivo, il rapporto in Cina è di circa 118:100 e in India di 108:100. In alcune regioni dell’India, il rapporto sale a 150 maschi ogni 100 femmine. Nonostante in questo Paese l’aborto selettivo sia attualmente vietato, la pratica è ancora diffusa e la sua diretta conseguenza è una “sovrabbondanza” di uomini, circa 37 milioni in più rispetto alle donne. Mentre in Cina la stima degli uomini “in eccesso” sarebbe di 30 milioni.
Una visione ingenua della “concorrenza” per l’accoppiamento potrebbe far credere che ciò rappresenti un vantaggio per le donne. Le femmine delle specie sessualmente dimorfiche (cioè caratterizzate da marcate differenze tra i sessi) non scelgono i compagni a caso ma li selezionano in base alle caratteristiche che garantiranno alla prole un vantaggio evolutivo. Per esempio nel caso degli uccelli la scelta potrebbe cadere sul maschio capace di costruire il nido migliore. Questa cosa naturalmente la fanno anche gli umani: si chiama ipergamia, cioè la scelta di un compagno di qualità superiore. In pratica significa che più un uomo è “dotato”, più donne lo considereranno un partner desiderabile.
Certamente qualche donna può trarne un vantaggio: l’ipergamia in Cina è brutale. I giovani cinesi sono costretti a pagare la famiglia di una donna anche solo per il privilegio di poter uscire con lei (la cifra non è nemmeno rimborsabile se l’appuntamento non va a buon fine). Le donne cinesi snobbano chiunque non abbia una macchina, una casa e i soldi per la dote.
Altre donne però scontano le conseguenze di tutto questo: le organizzazioni per i diritti umani riportano i terrificanti effetti collaterali della carenza di femmine, tra cui l’aumento delle molestie sessuali in India e la “tratta delle mogli” in Cina. Ragazze che vengono indotte a migrare da paesi come Cambogia o Vietnam per essere rinchiuse in una stanza e violentate ripetutamente fino a quando non restano incinte. A volte queste donne possono fuggire, ma a patto che abbandonino il proprio figlio.
In aggiunto agli stupri e al traffico di esseri umani, il caso cinese indica che gli scapoli senza prospettiva di matrimonio tendono a darsi al vandalismo, alla violenza e persino alla… guerra civile. La rivolta dei Nien (i “banditi”) del 1863 fu guidata da “rami spogli”, come vengono chiamati laggiù i maschi senza prospettiva di matrimonio. Per quanto riguarda l’India, il sociologo Prem Choudhry crede che la carenza di donne condurrà alla radicalizzazione delle posizioni politiche, poiché un uomo senza famiglia è considerato inutile e dovrà in qualche modo dimostrare il suo valore: “Chi resta single non sarà mai considerato un vero uomo “.
Storicamente una soluzione comune al problema dei “rami spogli” è quella di dirottarli dalla guerra civile a progetti espansionistici. Le scorribande vichinghe in Gran Bretagna sono lì a dimostrarlo, così come la conquista di Ceuta: Giovanni I del Portogallo, figlio illegittimo di Pietro I, salì al potere con l’aiuto della propria guarnigione di “rami spogli” nel 1385. Quando però si rese conto che essi rappresentavano un rischio per la stabilità del regno, li spedì in Nord Africa dando il via alla piaga del colonialismo europeo in quel continente, le cui ripercussioni si fanno ancora sentire.
Non sto dicendo che tutte le tensioni tra India e Cina possano essere attribuite ai maschi “scartati”. Il Ladakh è vicino alle sorgenti del Gange e l’India non consentirebbe mai che finisse sotto controllo cinese. Ma a differenza della Scandinavia o del Portogallo medievali, le nazioni moderne non possono semplicemente spedire i loro maschi “in sovrabbondanza” a combattere da qualche parte, anche se alcune fonti attestano che la Cina stia facendo con le donne uigure quello che gli uomini vichinghi facevano con le sassoni rapite. E gli uomini che non possono dimostrare il loro valore maschile formando e mantenendo una famiglia, cercheranno altre opportunità per mettersi alla prova. La prospettiva di due superpotenze nucleari che si scontrano in un clima politico influenzato dai maschi scartati e arrabbiati è a dir poco allarmante.
Anche i “nostri” celibi involontari dovrebbero preoccuparci. Per quanto possa essere allettante pensare che in Occidente i valori progressisti abbiano in qualche modo abolito le tendenze verso la competizione intrasessuale e intersessuale, l’evidenza suggerisce il contrario. Nonostante il rapporto tra i sessi in Occidente sia un normale 105:100, esso non porta tuttavia alla formazione di nuove famiglie. Gli studiosi avevano auspicato che, con l’aumento del livello di istruzione e il raggiungimento dell’indipendenza economica da parte delle donne, l’ipergamia sarebbe sparita e esse avrebbero accettato qualche “compromesso” nell’accoppiamento.
Dopotutto, una donna in carriera potrebbe in teoria avere una vita più facile sposando un imbianchino dagli orari flessibili, in grado di occuparsi dei figli. Ma centinaia di migliaia di anni a dare priorità ai compagni con risorse e status hanno lasciato una eredità, e sembra che molte donne preferiscano ancora cercare il “miglior” partner potenziale. Un recente studio americano ha dimostrato che anche laddove le donne sono più istruite dei loro partner, esse mostrano comunque una preferenza per gli uomini che guadagnano più di loro. Insomma, le donne in carriera snobbano l’imbianchino e vanno alla ricerca di un marito con il loro stesso tenore economico o superiore.
Ad aggravare il problema, le norme sociali a protezione della monogamia si sono allentate a partire dagli anni ’60, ma ciò non ha reso le donne meno esigenti nei confronti dei loro partner. Il numero di americani sotto i 30 anni che non hanno mai fatto sesso è triplicato tra il 2008 e il 2018, ma non è aumentato altrettanto rapidamente tra le donne. L’unica spiegazione plausibile è che le donne continuano a fare sesso, ma sono in competizione per un gruppo più ristretto di uomini “desiderabili” e snobbano tutti gli altri.
Per farsene un’idea, basta solo consultare i siti che trattano di “tecniche di seduzione”: “Dimostrale che non sei il solito fanatico dei videogiochi pantofolaio che beve birra scadente”, consiglia un articolo su come diventare un maschio alfa. Quindi, anche dalla prospettiva dei normali rapporti sessuali, la nostra cultura sta creando una discarica di frustrati formata dai maschi non abbastanza “interessanti” da attrarre una donna anche solo per un’avventura – figuriamoci per una relazione a lungo termine.
Le rivendicazioni di questa sottocategoria sessuale si stanno insinuando nella nostra politica, come ha sostenuto Angela Nagle in Kill All Normies: “I modelli sessuali emersi in conseguenza del declino della monogamia hanno comportato un livello maggiore di scelta sessuale per un’élite di uomini e un celibato crescente tra la popolazione maschile. Dall’ansia e dalla rabbia per questo status di basso rango deriva una feroce retorica politica”.
Nel caso qualcuno voglia ridurre il tutto a un branco di sfigati che pubblicano meme misogini, ricordiamo che gli incel stanno iniziando a compiere attentati. E che sussiste una notevole commistione tra la comunità “redpillata” anti-femminista e l’estrema destra in generale. Come nella rivolta Nien, i “rami spogli” sono pronti a una politica “brutta”.
I “rami spogli” possono appunto diventare terroristi: l’Isis, per esempio, ha usato la schiavitù sessuale come propaganda per il reclutamento. Proprio come i vichinghi di una volta, gli uomini odierni che non hanno alcuna prospettiva sono disposti a correre ogni rischio di fronte alla possibilità di accoppiarsi e, sempre come i veri vichinghi, indipendentemente dal consenso delle donne. All’opposto, “sistemarsi” è un modo per de-radicalizzarsi: secondo una ricerca dell’Institute of Family Studies, le persone con bambini hanno meno probabilità di esprimere opinioni razziste e identitarie. Allo stesso modo, il programma di deradicalizzazione dell’Arabia Saudita prevede essenzialmente di far sposare gli estremisti, e la cosa si rivela piuttosto efficace.
È difficile affrontare questo argomento senza ricevere l’accusa di essere “redpillati” o di essere una attivista per i diritti degli uomini. Ma è sicuramente possibile discutere del problema politico e sociale degli “scartati” senza credere che la soluzione sia costringere le donne riluttanti ad avere figli con loro. E affrontare questo problema dovrebbe essere di vitale importanza per una femminista. La prospettiva di una vita di solitudine e frustrazione rende gli uomini più violenti, sessualmente pericolosi e politicamente distruttivi. È quindi primario interesse delle donne fermare questa “deriva vichinga”.
(*) Sappiamo che burdensom (burdensome nell’inglese moderno) significa “opprimente, pesante, gravoso” ma abbiamo preferito tradurre con “strabordante” perché, al di là di una certa assonanza, a nostro parere dà più l’idea di una comunità in cui il numero di uomini supera in maniera eccessiva quello delle donne.