È da tempo che osserviamo con un occhio di riguardo la comunità dei “celibi involontari” americani con la consapevolezza che essa rappresenti l’ultimo rifugio del genius occidentale, l’estremo tentativo di preservare una cultura fondata sulla valorizzazione della solitudine maschile come incessante fonte di ispirazione (per il gusto del paradosso, stiamo citando dal un surreale pezzo del “Guardian” di una femminista che vorrebbe gettare alle ortiche l’intero canone bloomiano perché appunto troppo affollato di maschi bianchi etero e solitari).
In questi mesi abbiamo riportato diffusamente sensazioni e intuizioni di questa collettività virtuale, tuttavia è nell’ultimo periodo, in contemporanea con la stretta censoria sulla loro libertà d’espressione, che gli incel stanno dando il loro meglio: per esempio riscoprendo un misconosciuto scrittore egiziano, Raja Alich (seguiamo la traslitterazione americana per rispetto), avendo solo a disposizione un anonimo tweet in arabo che ne parlava come una “curiosità intellettuale”.
الكاتب المصرى"رجاء عليش"كان قبيح الوجه فقسي عليه المجتمع ورفضته النساء
فكتب"إن مجتمعا بهذه الدرجة من البؤس الحياة حرام عليه "ووضع المسدس على رأسه وانتحر
انتحر الكاتب عام 1979بسبب معاناته مع وجهه القبيح وقسوة الناس لا يوجد له أى صورة فقط روايتان:"لا تولد قبيحا"و"كلهم أعدائي" pic.twitter.com/oAbgKzoKiB— سفيان ᏚᏫᎰᎥᎯ Ꮑ (@sufian19952) June 29, 2018
Nel giro di qualche giorno, è saltato fuori un incel arabofono che ha iniziato a tradurre le uniche due opere pubblicate dallo scrittore, suicidatosi nel 1979 dopo una breve vita miseramente trascorsa a cercare di sublimare artisticamente la propria bruttezza.
«Raja Alich (رجاء عليش) è un oscuro scrittore egiziano che ha interrotto la sua carriera – e la sua vita – nel 1979 con un colpo di pistola. Nonostante fosse benestante e ispirato, non è riuscito a sopportare l’emarginazione sociale dovuta al suo aspetto poco avvenente. Tradusse la sua cupa disperazione in due romanzi e una inedita “lettera d’addio” inviata al procuratore generale, la quale giunse tardi a destinazione a causa delle poste, quasi a dimostrazione che a nessuno importasse di lui o della sua opera.
Raja Alich non è il suo vero nome. È uno pseudonimo denigratorio che l’autore si è imposto per ragioni sconosciute, uno scherzo il cui senso è forse perso per sempre. Raja suona come “speranza”, e Alich evoca l’idea di capelli arruffati come quelli di una pecora: un insulto affettuoso che lo scrittore sfoggiava come una benemerenza? Chissà».
I due volumi lasciati da Alich (a quanto pare pubblicati postumi nel 1979, ma le informazioni al riguardo sono piuttosto vaghe) si intitolano Non nascere brutto e Tutti mi sono nemici.
Riportiamo una citazione dal primo romanzo, che l’anonimo incel sta rapidamente traducendo grazie anche alle generose donazioni in bitcoin dei suoi “fratelli”:
«Mi descrivo solo per te: sono l’essenza di un rifiuto umano… dimenticato, braccato, esiliato agli estremi confini del mondo… Sono la risata beffarda che non svanisce mai sulle loro labbra… Sono quello che è stato masticato e poi sputato da uno sguardo più veloce di una mitraglia… Sono quello che è costretto a scusarsi per i suoi sguardi ogni volta che incrocia un occhio umano…
Io sono l’incombente luna di bellezza che non ha campi su cui stagliarsi… L’unica stella che manda una luce scintillante incapace di raggiungere l’occhio … Un essere congelato sotto zero il cui cuore ancora batte e la sua mente ancora brilla e si illumina…Sono l’agnello perduto che ogni volta che cerca di rientrare nel gregge viene bastonato… Io sono colui che ha perso e colui che fa perdere le persone… Sono la sconfitta incarnata».