1969: l’attentato delle tette a Theodor W. Adorno

Una vicenda che sconvolge gli appassionati di filosofia (in inglese detti “incels”) più dell’uxoricidio di Althusser o della passione di Heidegger per le prodezze di Beckenbauer (altro che Quaderni neri!), è quella riguardante la contestazione subita da Theodor W. Adorno all’Università di Francoforte in un triste pomeriggio di martedì 22 aprile 1969, la quale culminò con il denudamento di tre studentesse al cospetto del professore.

Per Adorno il trauma fu così intenso che pochi mesi dopo ne morì (o almeno così affermano le ricostruzioni più “spinte”). Il terrore del filosofo di fronte alla tutto sommato innocua Busenaktion (così venne battezzata l’impresa dagli studenti stessi) lo si può apprezzare in un raro scatto dell’epoca, che probabilmente precede il lancio di petali di rose e tulipani e i tentativi di baciarlo, affronti che, nonostante la gracilità, lo distrussero più nell’anima che nel fisico.


L’astio verso il professore era nato dal fatto che avesse chiamato la polizia per far sgomberare il suo adorato Istituto di Ricerche Sociali, occupato da manifestanti che lui considerava dei fascisti tout court. Per questo Adorno, diventato il prof Denunziant, sicofante del potere, si era meritato i coretti dei teppistelli rivoluzionari (Nieder mit Adorno!) e slogan tanto provocatori quanto insulsi, tipo Adorno als Institution ist tot (“Adorno come istituzione è morta”) e Wer nur den lieben Adorno läßt walten, der wird den Kapitalismus sein Leben lang behalten (“Chiunque lascerà il caro Adorno comandare, garantirà lunga vita al capitalismo”).

La stampa tedesca dell’epoca parlò subito di “attentato delle tette” (Busenattentat) e la “Frankfurter Neue Presse” intitolò Adorno wollte sich nicht küs­sen lassen (“Adorno non voleva esser baciato”), indugiando sulla reazione scomposta del docente: «Adorno si difende con il viso paonazzo, si dibatte violentemente, agita le braccia e finalmente si libera dalla presa».

Il Frankfurter Rundschau invece cercò di risalire alle ragioni dell’accanimento verso Adorno, iniziato ben prima della sua “soffiata agli sbirri”: Hans-Klaus Jungheinrich a caldo ipotizzò che il filosofo avesse abdicato al suo ruolo di “messia rivoluzionario”, poiché dopo aver fornito ai barricadieri gli strumenti concettuali per combattere il sistema li aveva lasciati soli nel “momento cruciale in cui la teoria doveva essere tradotta in pratica“.

È in effetti doveroso ricordare che, ancora nell’estate del 1968, nel suo corso di sociologia, il Nostro elogiava il movimento studentesco come unico antidoto a derive totalitarie di stampo huxleyano o orwelliano. A contestarlo del resto fu un gruppo organizzato, il Basisgruppe Soziologie, legato alla Sozialistische Deutsche Studentenbund (Lega tedesca degli Studenti Socialisti).

Dal punto di vista personale, va altresì osservato che, finché gli fu possibile, Adorno con gli studenti fece sempre il simpaticone, partecipando ai loro raduni e, secondo la testimonianza della sua segretaria, indulgendo un po’ troppo alla galanteria con le allieve più piacenti (le quali comunque non indossavano mai il reggiseno perché ai tempi era anch’esso considerato uno “strumento reazionario”).

Alla fine la contestazione travolse anche lui, forse in maniera più crudele e oltraggiosa di chi aveva apertamente osteggiato la rivolta universitaria: «Le ragazze vengono avanti mostrando il seno nudoe sghignazzando all’indirizzo del professore, e lui amareggiato che dice di non capire più il mondo in cui vive», ricorda ancora la segretaria.

Il giornalista Guido Knopp, testimone oculare dell’avvenimento, aggiunge che l’effetto comico e ridicolizzante della scena, fu acuito dalla circostanza che il professore fosse molto più basso delle studentesse che gli ballavano attorno in cerchio: un contrasto che suscitò le risate dell’intera aula (in aggiunta al fatto che egli, a quanto pare, fosse persino scoppiato in lacrime).

Nella lettera al Ministro dell’Istruzione dell’Assia con cui annunciava la cancellazione del suo corso, Adorno affermò di esser stato costretto alla scelta dalle “circostanze rivoltanti” [widerwärtigsten Umständen] rappresentate dalle proteste. In verità qualche suo collega aveva subito aggressioni ben più violente, come lo psicologo Fritz Süllwold, del quale una lezione fu interrotta dal lancio di una bottiglia all’acido butirrico, che intossicò i presenti.

Tuttavia, sembra che le conseguenze per Adorno furono peggiori che non quelle di un’abrasione. Ancora due settimane dopo, in un’intervista allo Spiegel, esprimeva il suo sconvolgimento per lo “spogliarello rivoluzionario”:

«Proprio a me sono venute a farlo, che mi sono sempre opposto a qualsiasi tipo di repressione erotica e tabù sessuale! Prendermi in giro mandandomi contro tre ragazze conciate da hippy! L’ho trovato disgustoso. L’effetto di ilarità creato è stata sostanzialmente la reazione del borghese, la risatina [Hihi] che fa quando vede una ragazza a seno nudo».

Tre mesi dopo, morì di crepacuore.

Dal punto di vista filosofico, uno dei pochi ad aver provato a dare un senso a questa storia è stato Peter Sloterdijk nel suo Critica della ragion cinica (cur. A. Ermano, Cortina, Milano, 2013, pp. 51-52), che tuttavia riletto a distanza di anni sembra soltanto un libro di aneddoti spassosi (il che lascia la questione irrisolta, nel senso: qualcuno fa ancora finta di leggere Adorno? E questa, per Sloterdijk, è una battuta da Kyniker o da Zyniker?).

«Per ironia della sorta proprio Theodor W. Adorno – uno tra i massimi teorico dell’estetica moderna – è stato egli stesso una vittima dell’impulso “neokinico”. Un giorno, un gruppo di dimostranti si fece incontro al filosofo, entrato in aula per tenere la sua lezione, e gli sbarrò l’accesso al podio degli oratori. Niente di straordinario, dato che correva allora l’anno 1969. Tuttavia, un dettaglio era destinato, nel nostro caso, a richiamare l’attenzione generale. Tra i contestatori si erano, infatti, distinte le studentesse, alcune delle quali, per protesta, si denudarono il petto di fronte al pensatore. Tale disvelamento non va sussunto da un argomentare erotico-sfrontato per cutem femininam, peraltro usuale. Quelle tette simboleggiavano, quasi in senso antico, corpi usati “kinicamente” ignudi, corpi a mo’ di argomenti, corpi come armi. Averle mostrate – indipendentemente dai motivi privati delle dimostranti – assunse una valenza antiteoretica. In un qualche modo confuso, costoro avevano voluto schierarsi a favore di una “prassi di cambiamento della società” o comunque per qualcosa di più che non lezioni e seminari filosofici. Adorno si ritrovò in una posizione tragica e, nondimeno, comprensibile: quella del Socrate idealista; le donne in quella del selvatico Diogene. Contro la teoria, la più ricca di discernimento, ecco dunque opporsi l’ostinato e (speriamo) intelligente uso dei corpi».

2 thoughts on “1969: l’attentato delle tette a Theodor W. Adorno

  1. tuttavia riletto a distanza di anni sembra soltanto un libro di aneddoti spassosi (il che lascia la questione irrisolta, nel senso: qualcuno fa ancora finta di leggere Adorno?
    ADORNO? Il singolare di Adorni”!

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