Raising Kurdish Armenia:
Kurdish Children’s Books from Soviet Armenia
(Michael Erdman, Asian and African studies blog, British Library, 24 aprile 2017)
Tra i popoli apolidi, i curdi sono forse il più importante al mondo almeno dal punto di vista numerico: sebbene si ritenga abbiano origini persiane, attualmente essi sono perlopiù concentrati in Turchia, Iraq, Siria e Iran. Esistono comunità più piccole altrove, inclusa quella dell’Armenia: qui i curdi costituiscono la più grande minoranza etnica, circa l’1,3% della popolazione totale, e parlano un dialetto settentrionale del kurmanji, la lingua “ufficiale” delle comunità turche, irachene e siriane. Contrariamente alla politica assimilazionista delle altre nazioni, i sovietici hanno riconosciuto l’esistenza di una nazione curda e, almeno teoricamente, sostenuto il suo sviluppo culturale e sociale. Mentre ai curdi in Turchia o Iraq era vietato dare ai figli nomi curdi, celebrare Nawrūz (il “capodanno” zoroastriano) o addirittura usare le lettere X o W, i curdi dell’Armenia sovietica hanno goduto di una istruzione nella loro lingua madre finanziata direttamente dallo Stato.
Tuttavia, i curdi hanno affrontato le stesse difficoltà che hanno colpito le altre minoranze nell’URSS: tra queste, la ricodificazione della lingua curda tra gli anni ’20 e ’40. I caratteri armeni furono utilizzati sin dall’inizio degli anni ’20, per poi essere rimpiazzati dall’alfabeto latino nel 1927. Tra i titoli detenuti dalla British Library, si annoverano Қteba Zmane Kyrmançi (1933), letture per gli studenti madrelingua riprodotte in una scrittura latina modificata simile a quelle impiegate per le lingue turciche all’interno dell’Unione Sovietica. L’idea era quella di dare una rappresentazione uniforme della fonetica di ciascuna delle lingue prese in considerazione. Non vi è quindi alcun tentativo di armonizzare il kurmanji in lingua latina con i dialetti meridionali turchi o siriani. Ciò è comprensibile, considerando che l’obiettivo dei linguisti sovietici non era tanto l’unificazione linguistica, quanto quella socio-economica avente come obiettivo la costruzione di una nazione sovietica unitaria.
Ciò è ancora più evidente se osserviamo i contenuti più che la “forma”: l’antologia mostra già i tratti distintivi del precetto staliniano “nazionalista nella forma, socialista nei contenuti”. Poesie sull’Ottobre rivoluzionario si alternano infatti a racconti popolari illustrati: i bambini sono allettati da immagini di guerrieri, banditi e principi in abiti tradizionali curdi, mentre viene ricordato loro che “Oktjabr – şabuna proletara” (Ottobre è la rinascita del proletariato), e che “Bǝjraqed sor bьlьnd dьkьn zor” (Molti sventoleranno la bandiera rossa). Una dimostrazione che la codificazione e la standardizzazione di una lingua – sebbene all’interno dei confini sovietici – possono essere utilizzate per servire altre cause rispetto al nazionalismo.
L’autore di questo particolare antologia, Eminê Evdal, un sopravvissuto alle grandi purghe e alla Seconda Guerra Mondiale, ha continuato a scrivere in curdo (ma in cirillico) tra gli anni ’50 e ’70. La British Library detiene una serie di sue raccolte di poesie, tra cui Memê û Zinê, il titolo di una delle storie nell’antologia del 1933, e P’êrişan, così come altre antologie per le scuole curde dell’Armenia sovietica. Nell’edizione del 1957 la poesia Oktjabr non è più presente. Al suo posto c’è Lenin, un panegirico per il padre dell’Unione Sovietica, completo di ritratto abbozzato. Il poema di Evdal Şerê Davit è sopravvissuto ai decenni e, grazie alla copia della British Library, possiamo confrontare le versioni del 1933 e del 1957, selezionando le correzioni e aggiunte ortografiche, sintattiche e semantiche, apprezzando anche le differenze tra la resa in alfabeto latino e cirillico del kurmanji. Qui sotto un estratto dell’edizione del 1933 di Şerê Davit dell’antologia di Evdal e la versione cirillica della stessa poesia dell’edizione del 1957:
Durante gli anni ’60, il compito di stilare le antologie scolastiche per una nuova generazione di studenti di lingua curda ricadde su Hajie Jndi, uno degli autori curdi più prolifici dell’Armenia sovietica. La sua Himak Jimaeta K’urdî contiene un florilegio di racconti e poesie popolari rese in cirillico e “ripulite” da qualsiasi ideologia sospetta. Queste raccolte di un intellettuale che si ritiene abbia scritto un centinaio di opere dimostrano il ruolo centrale svolto dalla cultura popolare nei processi di formazione dell’identità curda, anche nell’ordine post-nazionale sovietico.
Contrapposti ai contenuti eccessivamente nazionalistici, il marcato taglio ideologico delle antologia: molti titoli della British Library mostrano fino a che punto le idee marxiste-leniniste vennero inoculate nelle storie per bambini. Per esempio, sulla copertina dell’antologia Gezgezk (“Ortica”) una scimmia e un orso trascinano via un lupo, animale che i bambini sovietici avrebbero presto identificato come imbroglione e subdolo grazie al cartone animato Nu, Pogodi! (trasmesso per la prima volta nel 1969). Gezgezk contiene poesie semplici per dirozzare i pargoli sui fondamenti della lingua curda e indottrinarli al contempo con l’ideologia propagandata dallo Stato. Gli animali erano i mezzi prediletti a tale scopo, come si nota in un’altra antologia poetica per l’infanzia Şêrê Çevqul (“Il leone golosone”). Questa raccolta comprende opere come Ker û Ga (“L’Asino e la Mucca”) e Padşa û Gundi (“Il Re e il Villaggio”), entrambe ispirate all’immaginario rurale delle leggende popolari curde ma rielaborate allo scopo di divulgare i punti cardine della dottrina socialista.
La letteratura per l’infanzia in lingua curda proveniente dall’Armenia sovietica ci fornisce una testimonianza preziosa per capire una cultura divisa lungo linee linguistiche, politiche, sociali ed economiche. Sebbene modesta, la vicenda editoriale dei curdi armeni evidenzia l’importanza dell’educazione come fattore di trasmissione della cultura e della lingua nazionale, ma anche delle ideologie di Stato. Mentre i curdi di Turchia, Siria, Iraq e Iran hanno subito gravi restrizioni riguardo l’utilizzo del loro idioma, quelli dell’Unione Sovietica hanno avuto la possibilità di trasformare la loro lingua madre in uno standard letterario. Ciononostante, il contenuto socialista e antinazionalista di tali pubblicazioni ha scongiurato l’insorgere di una lotta per l’autodeterminazione culturale e politica curda in Amernia, trasformandole in reliquie di una produzione culturale storicamente limitata a una “provincia” non solo geografica.