Degenerazione: il mio sogno è la fine dell’incubo

Da qualche anno a questa parte mi capita sovente di fare lo stesso sogno. Non dovrei raccontarlo per non contravvenire a una regola fondamentale del Galateo del Della Casa, ma dal momento che lo stesso fa eccezione per i sogni considerati “profetici”, allora mi concedo di parlarne, forse proprio allo scopo di farne un presagio

In due parole: in questo sogno io sono un cosiddetto VDM (“vecchio di merda”) e sono seduto a una tavola con i miei figli -o nipoti- immaginari e un altro vdm (talvolta maschio, talvolta femmina), il quale cerca di imbastire la solita tiritera dell’ai miei tempi (la gioventù è corrotta, la società è sempre più decadente ecc.). Invece di dargli corda in quanto coetaneo, lo interrompo difendendo i “giovani d’oggi” e ricordandogli quanto facesse schifo la società ai miei tempi. Ciò che è interessante è che ogni volta che faccio il sogno cito sempre un esempio diverso (tipo le “stragi del sabato sera”, le sfilate gay, gli immigrati, le “droghe leggere” ecc…), poiché, essendo stato adolescente tra la fine degli anni ’90 e l’inizio gli anni 2000, di certo gli spunti non mi mancano.

Dalla prospettiva da cui parte la mia polemica onirica posso dedurre che in Italia si sia verificata qualche “controrivoluzione” tra gli anni ’50 e ’60 del XXI secolo. Non è solo per tale motivo però che, ogni volta che lo faccio, il sogno mi riempie sempre di speranze: oltre a ciò, esso mi garantisce, almeno a livello inconscio, di non possedere una forma mentis da boomer, o per meglio dire di avere meno al cuore il mio presente che non il futuro di eventuali figli e nipoti (se non miei, dei miei connazionali).

Lasciando per un attimo da parte le “visioni”, mi fa piacere comunque di non covare un carattere eccessivamente melanconico e di non provare nostalgia per qualsiasi evento collocabile nel passato, in particolare in quel periodo definibile come “giovinezza”. Credo non dimenticherò mai quanto sia stato traumatico crescere negli anni ’90 e maturare nei ’00. Al contrario, mi rendo conto di quanto la situazione di allora fosse per certi versi più compromessa di quella attuale, non solo perché tutta la degenerazione fosse già presente in fieri, ma soprattutto perché non c’era alcuna possibilità di formulare una critica sensata al di sopra dei borborigmi misoneisti.

Penso al tema della transessualità: oggi mi sembra incredibile che esista un dibattito realmente aperto sul tema, pensando a come fino a pochi anni fa l’unico modo di opporsi all’andazzo fosse quello di indossare gli abiti del troglodita. Oppure, ancora, al puttanesimo dilagante delle d-parola e all’incapacità di porre un limite a esso se non, appunto, facendo la figura dello sfigato. “Ai miei tempi”, ricordo, valeva un atteggiamento generale di “resa”: la femmina smetteva di fare la puttanella solo esteriormente perché doveva sposarsi o farsi suora o cose del genere.

Ora invece, grazie ai meme, molte biolocuste stanno introiettando, in maniera totalmente inedita per la modernità, una qualche forma di patriarcato. Il fatto stesso che venga messo in discussione il femminismo “ai miei tempi” era assolutamente impensabile. Tutto ciò non esisteva, punto e basta. Poi uno può declinarlo nei modi che vuole, parlando di Red Pill, illuminismo rovesciato, controrivoluzione eccetera; però un dato di fatto che attualmente si sia aperto uno spazio critico che quando ero giovane io non era neppure immaginabile.

È anche vero che molti aspetti del sistema imposto ai popoli continuano a espandersi come un cancro, però questa è una dinamica classica di qualsiasi progressismo. Se dovessi osservare la situazione da un punto di vista meramente razionale potrei dire che in effetti “non c’è alcuna speranza”: ma questa frase potrebbe pronunciarla chiunque in qualsiasi momento storico, ed essere smentito in meno di una generazione.

Perciò mi piace interpretare tali sogni come una visione di un futuro che spero sia sempre più prossimo e venturo. Finalmente si potrà parlare di questa epoca disgustosa (dal dopoguerra in avanti) come un incubo, un’era oscura dell’umanità in cui non vigevano più leggi né umane né divine in grado di dare un senso all’esistenza.

In verità non so ben dire quale quali fossero le differenze sostanziali tra la società attuale (o della mia giovinezza), e quella in cui mi trovavo nel sogno. Tuttavia, ripeto, la sensazione era quella di un qualcosa di positivo e liberatorio alleggiante sui nostri pensieri. Può darsi che questa Società Futura che ho intravisto fosse patriarcale, etnocentrica, omotransfobica, oppure che avesse dei difetti. In ogni caso percepivo che i miei figli o nipoti fossero contenti della mia filippica, e accettassero il mio punto di vista rispetto a quello dell’interlocutore che si atteggiava a post-boomer, senza recepirlo come espressione di paternalismo, condiscendenza o giovanilismo.

Penso che anche questo aspetto sia importante, perché avvicinandomi alla quarantina mi rendo sempre più conto che, per quanto concerne la generazione boomer (e in parte a quella millennial, alla cui dovrei appartenere) la mitizzazione della giovinezza, così come l’assolutizzazione di alcune esperienze storiche obiettivamente irrilevanti (dalla Nevicata dell’85 alle “vacanze” fino ai gettoni del telefono e ai nastri delle musicassette riavvolti con la penna bic), non sono solamente espressioni di una “fine della storia” (più immaginaria che reale), ma anche di una fossilizzazione dell’anima che obbliga appunto a non immaginare più un futuro e a considerare la storia come una progressiva discesa verso il nulla. Tale “dottrina” è in effetti propugnata da individui che hanno giurato fedeltà al “divertimento”, al godimento e all’ozio come unici fattori in grado di dare senso alla vita e di conseguenza non riescono ad adottare un metro di giudizio diverso da quello materiale, il quale a un certo punto finisce inevitabilmente a esser dettato solo dal decadimento fisico e mentale.

Mentre ne parlo, mi rendo conto che uno di questi sogni potrebbe addirittura aver avuto come ambientazione l’Italia degli anni ’30 del secolo scorso (forse un involontario precipitato della visione di qualche film d’epoca), anche se a essere sincero non ricordo di aver mai pronunciato frasi del tipo “finalmente i treni arrivano in orario” o “Una volta quando non c’era M. si scioperava tutti i giorni”. Probabilmente, mutatis mutandis, il sogno rappresenta un sentimento eterno, valevole sia per il passato che per il futuro: naturalmente con questo non voglio sostenere che sia necessario una (contro) rivoluzione ispirata a modelli logori e anacronistici, ma che qualcosa dovrà accadere. È la mia profezia e pregherò fino alla fine dei miei giorni che essa si avveri.

10 thoughts on “Degenerazione: il mio sogno è la fine dell’incubo

  1. Ora uno dovrebbe vergognarsi di lodare il tempo atto, anche se effettivamente lo ricorda con piacevole languore, solo per non apparire un malinconico avvizzito. È un cedimento alle moderne istanze coglione. Ma chi se ne fotte. Diciamo: era molto meglio prima. E non perché, come dicono i progressisti della malora, si pensa sotto una luce splendida tutto ciò che fu nel vigore della gioventù e finanche i traumi. Nossignore! Noi ci ricordiamo benissimo. Non per questo oggi disperiamo per le sorti miserabili dell’andazzo universale. Ce l’hanno insegnato da giovinetti che così sarebbe stato. Indi per cui ce ne fottiamo con la serenità di chi non ha perso nulla, avendo già avuto.

  2. Uno dei tuoi migliori articoli, T.

    Peccato che insisti, impaurito: esibisci il senso di abbandono caratteristico dell’intellettuale mal ripagato e poche righe più tardi fai mostra di ironia maligna e irresistibile. Sai perché? Lo sai.

    Comunque lo faccio anch’io, altrimenti
    non avrei commentato…

    https://lemiecronachedaldeserto.blogspot.com

    Ciao

  3. Sono considerazioni che anch’io sto facendo negli ultimi anni: c’è un’accelerazione del declino, è evidente, ma allora ci sarà anche un’accelerazione della Rinascita. Ho scoperto che esiste una locuzione latina che descrive la cosa “motus in fine velocior”: quando arrivi alla fine tutti i fenomeni accelerano. Nella mia vita ho visto un collasso generale paragonabile a quello che l’impero romano visse nell’arco di tre secoli, quando sono molto ottimista penso che vedrò anche l’inizio della rinascita. E anche questa volta i semi saranno gettati da un nuovo monachesimo: piccole comunità che si staccano dal caos urbano, che difendono le vestigia del passato… Vedo i nuovi amanuensi che trascrivono i dialoghi dei film di Totò e i discorsi parlamentari di Bettino Craxi…

  4. Concludo suggerendoti di ascoltare qualche conferenza di Marco Guzzi, figura originale di filosofo cristiano e animatore: anche lui vede imminente una “svolta antropologica” dell’umanità, un’evoluzione in senso spirituale invece che materiale. Grandi cose si preparano, amico mio…

  5. Invidio il suo ottimismo. Sinceramente mi do poche speranze che possa cambiare il flusso nefasto della storia.
    Ormai siamo dei popoli – quelli occidentali – totalmente rincoglioniti, ebeti, sterili, che credono in qualunque idiozia propinata come passo “per un mondo più inclusivo”. Non parliamo poi degli attuali ventenni cresciuti col negrume, frociume ed ecoansia straripanti con cui essi sono convinti di essere dalla parte giusta della storia, cosa che gli farà trasformare dei Pol Pot in sedicesimo.
    “Ai nostri tempi” caro Tota, visto che io e lei siamo coetanei (qualche anno di più), si potevano fare battute sui negri, sui gay, sui trans e sulle donne a cui oggi anche chi le pronuncerebbe gli verrebbe data la morte civile. D’altronde basta guardare film e trasmissioni dell’epoca. Lo dico non per rimpiangere i tempi andati – effettivamente a quel tempo ci si stava avviando verso la degenerazione – ma perché sinceramente ho solo visto le cose scivolare nel peggio.
    Credo che gli sfogatoi dei social siano sopravvalutati, visto che alla fine si tratta di bolle popolate da narcisi, capipopolo mancati, nani da circo e rivoluzionari in ciabatte e altro bailame umano, destinate a sgonfiarsi rapidamente.
    Sinceramente ha visto a livello mediatico-culturale-governativo affermare ciò che scrive nel suo blog? C’è qualcuno che denunci l’estinzione e il genocidio come Europei da parte delle masse afro-asiatiche che ci stanno invadendo, che i negri nella loro storia non hanno mai costruito una civiltà degna di questo nome, qualcuno afferma che l’omosessualità è un’anomalia biologica, che i transessuali e i “fluidi” siano una massa di decerebrati mentali, che il femminismo sia un’ideologia frutto solo di un’invidia malata da parte di arpie, troie, cessi umani, frigide nevrotiche?
    Che in verità, tutto questo vuole puntare al genocidio dell’uomo bianco etero?
    Invece vedo i “destrosi” accettare supinamente i discorsi di questi Pol Pot “umanisti”, a fare la parte degli scemi dei villaggi, tra sparate tracotanti (dopo una bevuta di Mojito) e poi successive rettifiche imbarazzanti come dei bambini dell’asilo.
    Sì è contro l’immigrazione “illegale” ma poi ci si commuove per il negro con la medaglia d’oro esaltato come esempio di vera “italianità”. Sì è contro l’ideologia gender ma poi si dichiara che si ha amici gay e che l’omofobia “è una malattia”
    Sì è contro il femminismo “radicale” ma poi si evocano l’inasprimento delle pene per i fumosi reati di “femminicidio” e “stalking”. E al contempo ci si abbassa allo zerbinaggio per avere un pò di pelo in più… (l’ho messa piano).
    Non so come si possa invertire una degenerazione del genere, nutrire una qualsiasi speranza a meno che non capiti un grand guignol sanguinesco, così come andare a schiattarsi i fascismi nel ‘900.
    Naturalmente mi auguro di sbagliare, caro Tota e spero che qualcosa potrà accadere.

  6. Complimenti. Considerazioni molto centrate e illuminanti. In tutte le fasi storiche bene e male sono mischiati e si contendono il predominio sulle anime; ma oggi più che mai, mi pare, più avanza la desolazione nichilista, più si costituiscono parallelamente gli anticorpi ad essa e la consapevolezza in molti, ancorché minoritari. Bisogna vedere se la dissoluzione è senza ritorno o se si formeranno nuclei di resistenza abbastanza forti per resistere e costituire un’alternativa vivibile all’anti-civiltà attuale.
    Sul discorso generazionale post-guerra ad oggi, il non detto è: “di cosa ti lamenti? Mangiati la tua merda nichilista edonista femminista, e ringrazia, che se fossi nato cent’anni fa saresti probabilmente morto sbudellato in guerra”. Naturalmente occorre vedere se la morte lenta e spirituale che offre questa civiltà sia preferibile alla morte in battaglia per una causa, per quanto discutibile.
    In merito al tuo sogno: e se il futuro che ipotizzi fosse l’al di là? In fondo non bisogna illudersi troppo di aspettare una palingenesi mondana e storica che risolva le miserie che ci attanagliano, anche se occorre apportare il nostro piccolo contributo, come tu fai col blog.

    https://normalitadistopiche.altervista.org/

  7. Ecco, di seguito elencati, i vostri errori.
    – pensare che quest’era di deboscio sia arrivata alla frutta e che poi ne conseguirà un’altra, per reazione, di più sana e sacra morale, di ferrea disciplina dell’anima e del corpo. Fandonie. Si confonde l’apparente declino attuale con la sua fine, si dimentica la vera cifra di quest’epoca: una permanente instabilità rinnovellata ogni dieci anni con nuove, sconvolgenti puttanate. Il capitalismo disinnesca la rivoluzione non ostacolandola ma semplicemente mercificandola, così da renderla innocua senza cancellarla. Allo stesso modo, questa società organizzata nel produrre disastri si perpetuerà imbrigliando la reazione in forme depravate dove i perdenti di prima continueranno a essere i perdenti di poi;
    – credersi vittima degli eventi e non riconoscere la propria insufficienza alla vita. Se anche fosse giunto il momento della buona e giusta palingenesi, se veramente siamo alla disfatta della società dissoluta, se entro breve si instaurerà un nuovo corso di autentica rinascita, perché mai in questa nuova era proprio gli inadatti alla vita dovrebbero prosperare o anche solo vivere più dignitosamente la loro condizione? Si continuerà a essere difettosi anche dopo, si soffrirà forse di più proprio perché, il mondo migliorato, si è rimasti inadeguati;
    – suvvia, si sogna il disastro universale perché anche quelli smettano di divertirsi. Invochereste lo zolfo dal cielo contro di loro, sapendo che anche voi verrete bruciati, anzi bruciati già lo siete da tempo.
    – l’uomo veramente forte non si cura dello spirito del tempo, non si scandalizza che i vincenti di questo mondo siano in realtà degli stolidi, degli ingannati la cui fortuna cesserà a breve. È l’uomo meschino che pensa ciò, perché forte non è e invidia persino la fallace contentezza dei debosciati, dicendosene disgustato. Una banale nevrosi.
    – se credevate veramente in Cristo, non avreste i problemi che avete, neanche se fossimo in una Babilonia peggiore. Quindi o credete o vi rassegnate.

    1. “…e arriva lui, bello-bello!” cantava un giovane poeta contemporaneo.
      UGOH, tu che sei nel giusto, illuminaci! Stai dalla parte dei credenti o dei rassegnati?
      Fai coping con la via del Cristo o aspetti il suo ritorno nella gloria?
      Tu, che dobbiamo dedurre essere Uomo forte, stoico e noncurante, nè remissivo esicasta, nè sfranto nichilista, tu che stai nel Mondo senza essere del Mondo, cosa pratichi, come combatti, cosa opponi agli schiaffoni gelidi di Das Ding, come sopporti il desiderio frustrato, le erezioni senza scopo del tuo corpo maturo?

  8. Ed io non voglio più essere io!
    Non più l’esteta gelido, il sofista,
    ma vivere nel tuo borgo natio,
    ma vivere alla piccola conquista
    mercanteggiando placido, in oblio
    come tuo padre, come il farmacista….

    Ed io non voglio più essere io!

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