Nel 1977 il videoartista cileno Juan Downey (1940–1993) girò tra il Texas e l’Amazzonia una serie di documentari sperimentali, Video Trans Americas, il cui montaggio fu pesantemente influenzato dai modelli televisivi dell’epoca, che l’autore aveva imparato ad apprezzare durante la sua convalescenza dalla malaria. Il risultato è una sorta di détournement etnografico che culmina nelle sequenze dedicata agli indigeni Yanomamö del Venezuela (El shabono abandonado), il “popolo feroce” (così come lo aveva descritto negli anni ’60 l’antropologo Napoleon Chagnon) che nel corso dei decenni si è trasformato in una sorta di feticcio dell’etnologia.
Downey, facendo interagire gli indigeni con gli ultimi ritrovati della tecnica (telecamere, registratori, microfoni) allo scopo di «rimuovere ogni magia da questi apparecchi», scopre che gli Yanomamö definiscono qualsiasi oggetto in grado di riprodurre un immagine (dai televisori agli specchi) con l’espressione Noreshi Towai, ovvero «la presa del doppio di una persona».
Il “noreshi” indica l’ombra, ogni immagine o pensiero della persona che fa parte del suo spirito. Annota Downey nel suo diario: «La sola ragione che pare rimanere a sostegno della loro resistenza alla camera è di non voler rattristare, in un possibile futuro, i discendenti di una persona mostrando loro un’immagine del morto» (infatti gli indigeni chiesero al regista di distruggere due nastri nei quali apparivano persone successivamente scomparse). Questi furono i risultati (nella prima foto, a scanso di equivoci, i due uomini stanno centellinando delle piante allucinogene):
Tale rapporto con l’immagine filmata e trasmessa mi riporta alla mente una bizzarra avvertenza rivolta agli aborigeni che compare all’inizio di molti film e programmi australiani: «Aboriginal and Torres Strait Islanders should use caution viewing the films on this channel because they may contain images or voices of dead persons».
L’avviso si riferisce all’interdetto di mostrare immagini di una persona defunta (noi e gli italo-americani ci accontentiamo di chiamarla buonanima). Al di là di ogni considerazione sulle vette sublimi raggiunge dal politicamente corretto, quel che mi preme sapere è se un animista possa coerentemente possedere una televisione, un computer o anche solo un lettore dvd. Non dovrebbe invece perlomeno rimanere fedele alla vecchia tecnologia e, ad esempio, continuare a utilizzare un Betamax o un Commodore 64 senza pretendere chissacché?