Rosa e Olindo, martiri dell’anarco-tirannia?

L’istanza del magistrato Cuno Tarfusser in favore della revisione del processo sulla strage di Erba è stata infine accolta dalla Corte d’appello di Brescia, che provvederà a esaminare i dubbi e le incertezze su un caso che rappresenta la “Colonna Infame” dell’Italia contemporanea.

In questi anni tanti commentatori si sono espressi in favore dell’innocenza di Rosa e Olindo, ma negli ultimi tempi è stato soprattutto il giornalista Antonino Monteleone, con le sue inchieste per il programma “Le Iene” di Mediaset, a svelare all’opinione pubblica lo scempio compiuto nei confronti e della verità e della giustizia.

È doveroso un plauso a Monteleone, perché forse nemmeno lui si è reso conto dell’idra contro cui sta combattendo: il reporter non sta infatti affrontando solo il problema della malagiustizia, del quale finché c’era al governo Silvio Berlusconi non si poteva nemmeno discutere (nonostante durante la Prima Repubblica il tema fosse particolarmente caro ai progressisti), ma anche dell’immigrazione (le stesse “Iene”, all’epoca, andarono a sbeffeggiare i politici leghisti che avevano immediatamente dato la colpa al “magrebino”), del radicamento delle mafie nel Nord Italia (in particolare in Brianza, terra occupata militarmente da camorristi e ndranghetisti, fenomeno di cui può rendersi davvero conto solo chi ci ha vissuto negli ultimi venti-trent’anni), dell’anarco-tirannia (l’idea che il colpevole debba esser per forza un rappresentante della classe media, preferibilmente di origini settentrionali, di simpatie conservatrici, non laureato e con la fedina penale immacolata).

Sull’affaire in sé c’è poco da dire, allo stato dell’arte il servizio delle Iene sembra quello maggiormente esaustivo in quanto affronta i nodi più perigliosi dell’inchiesta, come le ipotesi sul coinvolgimento dei parenti di alcune delle vittime (una pista che in realtà viene solo affrontata per correttezza intellettuale), le interviste esclusive sia ad Azouz Marzouk che a testimoni trascurati dal pm (tutte cose che appunto avrebbero dovuto fare le procure) e, infine, l’analisi completa delle contraddizioni e dei paradossi che hanno caratterizzato tutta l’indagine sin dal principio.

Probabilmente non accadrà nulla, probabilmente non ci sarà alcuna svolta epocale (anche perché nel frattempo alcuni reperti essenziali sono stati distrutti…), tuttavia è comunque importante che se ne parli, sia perché la magistratura merita di “finire sul banco degli imputati” (absit iniura verbis) affinché abdichi al ruolo che si è imposta di custode kafkiano di una “Legge” inesistente, sia perché è necessario che episodi di questo genere non accadano più (anche se una volta che il sistema ha individuato il “colpevole perfetto” è difficile scamparla persino da perfetti innocenti e con i migliori avvocati), sia perché forse arriverà il giorno in cui gli italiani, specialmente quelli che credono di rappresentare la “parte migliore del Paese”, smetteranno di comportarsi da pecore matte e cominceranno a ragionare come essere umani.

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