Mi piace ricordare come l’ultimo atto politico di Berlusconi sia stato quello di sfanculare il Presidente del Senato per non aver ottenuto i ministeri richiesti (“Sono stato messo sotto da tutti… Vaffanculo… Eh vabbè”). Questa è una tentazione che sento anch’io nei confronti sia di tutto il mainstream, sia verso l’informazione alternativa, sia verso i miei stessi lettori (che almeno dai tempi del Green Pass si rifiutano di far diventare i miei post virali).
Iniziamo con ordine: i comunisti. Scrive “il manifesto” che Berlusconi avrebbe cavalcato “un diffuso anticomunismo sopravvissuto al comunismo”. Detto da quelli che da quasi ottant’anni sono antifascisti in assenza di fascismo fa davvero lollare. La polemica non è tuttavia pedestre, se si ricorda come l’anticomunismo di Silvio non fosse solo un precipitato dei film di Don Camillo e Peppone, ma una manifestazione, per quanto ingenua, rozza e improvvisata, di una reale idiosincrasia verso la cosiddetta “omogeneizzazione globale” (globohomo), che i filosofi definiscono anche “Stato universale e omogeneo”, emergente dalla destrutturazione delle relazioni internazionali seguita al crollo dell’Unione Sovietica.
D’altro canto i liberali non sono sempre stati quei mezzi uomini senza passioni né valori descritti dalla propaganda: alcuni dei propugnatori più convinti di tale dottrina hanno talvolta un cuore così tenebroso da risultare impenetrabile. Ricordiamo l’ultimo vero rappresentante della “scuola austriaca”, Hans-Hermann Hoppe, proclamare il diritto delle comunità pienamente libertarie di escludere zecche, immigrati, mendicanti, gay, drogati ecc:
«Non ci può essere tolleranza verso democratici e comunisti in un ordine sociale libertario. Dovranno essere fisicamente espulsi dalla società. Allo stesso modo, in un patto fondato allo scopo di proteggere la famiglia, non ci può essere tolleranza nei confronti di coloro che promuovono stili di vita incompatibili con questo fine. I sostenitori di stili di vita alternativi come, ad esempio, l’edonismo individuale, il parassitismo, il culto della natura e dell’ambiente, l’omosessualità o il comunismo, dovranno essere rimossi anche fisicamente dalla società, se si vuole mantenere un ordine libertario» (cfr. Democrazia: il dio che ha fallito, 2001).
Berlusconi, è noto, non fu mai così tanto basato. Anzi, fu talmente al di sotto delle aspettative di un liberale “duro e puro” (il quale alla fine è costretto per necessità a plaudere al fascismo), che non si capisce davvero cosa gli addebitino i cosiddetti “poveri comunisti”. Prendiamo “Potere al Pollo” (sic), il partito dei centrosocialari (0-1% a ogni elezione) che ha definito Silvio “uno dei loro [senza specificare cosa si riferisca il pronome], un nemico”. Ma de che cazzo stamo a parla’? È la stessa argomentazione vacua dei compagni de “il manifesto”, che tacciano la politica forzaitaliota di una totale adesione a una “logica di mercato”. Ah sì? E che cosa ha offerto di diverso la “sinistra” negli ultimi trent’anni? Una patetica mercificazione alternativa basata su nicchie di consumatori talmente elitarie da risultare, almeno prima dell’imposizione del Pride Month, “non commerciali”: i baccanali LGBTQRSTUVZ contro Casa Vianello, l’utero in affitto contro le Olgettine, Zerosborrare (o come si chiama) vs il Gabibbo.
Quindi la polemica contro i #povericomunisti è ancora sacrosanta. Non parliamo poi degli “integrati” che hanno succhiato dalla mammella di Berlusconi fino a quando il mostro non è “sceso in campo”: il giornalista Giancarlo Perna racchiude quel mondo in un’immagine icastica nella sua impietosa biografia di Eugenio Scalfari (Una vita per il potere, Mondadori, 1990), descrivendo l’incontro del Grande Inquisitore col Caimano:
«Nel gennaio 1990, in piena lite Mondadori, si sono visti a cena a Roma nella casa di Gianni Letta, collaboratore di Sua Emittenza, per cercare una via d’uscita. Sono finiti Scalfari al piano e Berlusconi a cantare, poi si sono alternati, e così per ore. Il giornalista ha detto entusiasta: “Lei è eccezionale. Me lo avevano detto. Ma non credevo a questo punto”».
Tutti così, i poveri comunisti. A proclamare dai tetti il loro antiberlusconismo solo per ottenere un posto da Ragioner Fantozzi da qualche parte. Me li ricordo sin dai tempi del liceo e dell’università, affamati di visibilità, desiderosi di replicare l’impero berlusconiano in versione sfigata. Se non fosse stato per loro, il “berlusconismo” probabilmente non sarebbe mai esistito.
Veniamo ai campioni della cosiddetta “informazione alternativa”. Un’altra versione sfigata, questa volta di “Limes”. Ma Sant’Iddio, quello scappato di casa di Aleksandr Dugin ha dedicato un trattato ditirambico all’ex Presidente del Kazakistan (La missione eurasiatica di Nursultan Nazarbayev) e voi non riuscite, nemmeno per trollaggio, a celebrare Sua Eccellenza Berlusconi CAVALIERE Silvio come paladino (anche involontario) della tellurocrazia? Siete una causa persa, non finirete mai su Canale5 come Toni Capuozzo (al quale l’emittente ha affidato il necrologio definitivo, segno di una “differenza” che ormai nulla potrebbe farvi comprendere).
Non avete dignità, non sapete cos’è la nobiltà d’animo, la democrazia. Siete ancora, oggi e come sempre, dei poveri geopolitici. Gente che se la fa sotto per l’americanizzazione del Berluska e poi accredita qualsiasi rodomontata di Donald Trump come espressione di una quarta dimensione dove gli Elohim giocano su una scacchiera metafisica. E visto che ne stiamo parlando, vorrei ricordare a chi si improvvisa “espertone” di fingere almeno di inorridire di fronte all’affermazione che Donald Trump abbia “copiato” Berlusconi, precisando semmai (sempre per millantare) che il padrino politico di entrambi fosse un certo Ross Perot (morto anch’egli di leucemia, lol), del quale probabilmente certi “analisti” non hanno mai sentito nominare se non dai Simpson, ma che sarebbe l’unico motivo valido per (stra)parlare di “americanizzazione” nominando Abbelluscone.
Chiudiamo infine con i miei lettori. L’amico Boni Castellane mi scrive in privato ricordandomi giustamente di quanto io sia coglione a non voler ritornare sui social: «Blog va benissimo ma blog senza presenza social è la morte. […] Torna su Twitter con toni nicodemisti e rimanda al blog per gli argomenti veri che sono sempre interessanti».
Ha ragione, ma non ce la faccio. Non posso tornare sui social, non voglio illudermi di contare qualcosa in una realtà dove, al di fuori della camera dell’eco, non sono che un pariah. Fate qualcosa voi, fate un golpe o tipo, qualcosa dai. Io poi sarò sempre disponibile a prestarmi come ideologo o poeta di regime. Lo avrei fatto anche con Silvio (come ho ricordato nel mio libro Se crepi questi qui ti ricoprono coi cartoni e ti lasciano lì) ma siccome non era abbastanza basato ho lasciato perdere. Io chiedo solo questo.
Pezzo interessante. Unica osservazione: non si sta sui social (eterodiretti come tutto il resto) per “contare qualcosa”. Ci si sta per essere controllati nel Panopticon e pisciare nell’oceano di piscio insieme a tutti gli altri. Idealmente fai bene a starne lontano. Se invece vuoi – giustamente o meno – provare a trarne un qualche tipo di vantaggio economico o di mero narcisismo personale, torna.
Ma che glie frega…