Qualche lettore avrà notato che stavo costruendo una sorta di “cronologia” del caso Moro utilizzando gli archivi dei quotidiani, in particolare “abusando” di quello de “La Stampa” (che ha il merito di aver messo TUTTO online dal 1867 a oggi) e centellinando fino all’estremo (quindi praticamente senza nemmeno citarli) quelli del “Corriere” (perché disponibili solo a pagamento) e “Repubblica” (che ha messo online il suo articolo fino al 1984 ma attraverso una app permette di sfogliare, sempre con un abbonamento, contenuti più datati, specialmente sul caso Moro).
Tuttavia a un certo punto ho deciso di interrompere la pubblicazione “giorno per giorno” di questa rassegna stampa sui generis perché mi sono accorto che, a quanto pare, non è più consentito citare l’archivio de “l’Unità”, che era stato reso interamente disponibile a partire dal 2009, ma è poi stato fatto sparire dal web da un giorno all’altro (per giunta prima che la storica testata venisse fatta a pezzi dal PD).
Ora, io avevo salvato un sacco di materiale perché si sa che dei compagni non c’è mai da fidarsi (soprattutto alla luce dei momenti più imbarazzanti di quell’avventura editoriale, come il numero “monografico” sul GRANDE STALIN CAPO DEI LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO), tuttavia sembra che da quando l’intera raccolta è finita sul deep web, anche solo citare un vecchio numero de “l’Unità” potrebbe trasformarsi in un “illecito serio” – se non dal punto di vista giuridico, almeno da quello “morale”…
Il deep web infatti è da sempre associato a cose come droga, armi, tortura, violenza, pedofilia, cannibalismo (che “l’Unità” abbia trovato finalmente il suo habitat naturale? Ah ah, si scherza), dunque anche se tale connessione è più che altro frutto di suggestioni stile creepypasta (perché se fosse reale finireste tutti all’ergastolo), la connotazione negativa del non-luogo fa passare la voglia di citare alcunché. Peraltro, dissuado chiunque da andarci anche solo per curiosità, perché nel migliore dei casi, a meno di non essere un po’ scafati, si rischia di tirarsi dietro una marea di schifezze (è provvidenziale che esista una sorta di “filtro” quasi invalicabile per analfabeti digitali e vecchietti).
Quindi per il momento, prima di ripubblicare la “cronologia Moro” resto in attesa che la questione si risolva: è chiaro che innanzitutto piddini, proto-piddini, para-piddini e post-piddini dovranno giungere alla resa dei conti. Visto che la faccenda sembra andare per le lunghe, penso che la scelta migliore sia rimetterlo online come è stato per anni, anche perché l’idea di renderlo a pagamento contrasta col fatto che sia già disponibile, almeno “potenzialmente”, in versione gratuita.
Anche senza il deep web, d’altro canto, ci sarebbe comunque sempre qualche sistema di archiviazione, magari “automatico”, che renderebbe risibile l’obbligo di “abbonamento” a un qualcosa che in precedenza era liberamente consultabile: è il caso, per esempio, del “Corriere”, che ha tolto dal suo sito tutti gli articoli degli anni ’90 includendoli in nuovo “pacchetto”, dopo averli lasciati per secoli in pasto alla Wayback Machine…